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Se apro o faccio una attività e ho l'assegno di inclusione, lo perdo? Spiegazioni e chiarimenti INPS

di Marianna Quatraro pubblicato il
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Quali sono i casi in cui si perde l'assegno di inclusione e chiarire se tra questi figura quello di avvio o inizio di una attività: i chiarimenti

L’Assegno di Inclusione rappresenta uno dei pilastri delle recenti politiche sociali in Italia, sostituendo il precedente Reddito di Cittadinanza per offrire un supporto economico strutturato e correlato alla fragilità di specifiche categorie di cittadini.

Numerosi beneficiari si interrogano oggi su quali siano le implicazioni dell’avvio di una nuova attività o dell’accesso a un lavoro mentre si riceve l’assegno, timorosi di perdere il diritto al sussidio. Le recenti circolari e chiarimenti INPS hanno fornito elementi cruciali per comprendere regole, limiti e nuove opportunità.

Cos’è l’Assegno di Inclusione: finalità, requisiti e destinatari

L’Assegno di Inclusione (ADI) è una misura di contrasto alla povertà, fragilità ed esclusione sociale, destinata a sostenere nuclei familiari dove siano presenti componenti considerati "fragili": minori, persone con disabilità, anziani oltre i 60 anni o soggetti in condizioni di svantaggio documentato dai servizi pubblici. L’ADI ha l’obiettivo non solo di garantire un aiuto economico ma anche di favorire un percorso mirato di integrazione sociale e lavorativa per i beneficiari, responsabilizzando e coinvolgendo attivamente i componenti del nucleo familiare. In particolare:

  • La misura prevede l’obbligo di sottoscrivere il Patto di Attivazione Digitale (PAD) e, successivamente, un progetto di inclusione personalizzato coordinato dai servizi sociali del Comune.
  • I percettori in età attivabile (18-59 anni con responsabilità genitoriali) devono aderire ai programmi dei Centri per l’impiego.
  • Le famiglie beneficiarie devono rispettare una serie di impegni, dalla frequenza scolastica all’aggiornamento delle posizioni anagrafiche e reddituali.
I destinatari della misura sono i nuclei familiari che possiedono almeno uno dei seguenti requisiti:
  • Presenza di un membro con disabilità;
  • Almeno un soggetto con età pari o superiore a 60 anni;
  • Situazione di svantaggio certificata dalla pubblica amministrazione e inserimento in un programma di cura e assistenza.

Requisiti economici, patrimoniali e familiari per ottenere il beneficio

L’accesso all’ADI è possibile solo a favore di chi soddisfa una serie di requisiti di residenza, cittadinanza, situazione economica, patrimoniale e familiare. Ecco una sintesi, organizzata per maggiore chiarezza:
  • Residenza e cittadinanza: richiesta la residenza in Italia per almeno cinque anni (gli ultimi due in modo continuativo) e possesso di cittadinanza italiana, europea o permesso di soggiorno di lungo periodo.
  • Requisiti soggettivi: assenza di condanne penali o misure di prevenzione recenti e stato di non sottoposizione a misura cautelare.
  • Requisiti economici:
    • ISEE in corso di validità non superiore a 10.140 euro.
    • Reddito familiare non superiore a 6.500 euro annui, determinato secondo parametri della scala di equivalenza e incrementato a 8.190 euro per nuclei composti solo da over 67 o soggetti con disabilità grave o non autosufficienza.
    • Per chi vive in locazione, specifici aumenti della soglia reddituale secondo quanto previsto dalla DSU ISEE.
  • Requisiti patrimoniali:
    • Patrimonio immobiliare (escluse la prima casa fino a 150.000 euro di valore) non superiore a 30.000 euro ai fini IMU.
    • Patrimonio mobiliare non superiore a 6.000 euro, aumentato di 2.000 euro per ogni componente dopo il primo (fino a 10.000 euro massimi), con ulteriori incrementi per minori/disabili.
    • Assenza di intestazione di veicoli/motoveicoli di cilindrata elevata o di imbarcazioni/aeromobili, salvo agevolazioni per disabili.
  • Altre condizioni escludenti: dimissioni volontarie senza giusta causa nei 12 mesi precedenti (salvo eccezioni), soggiorno prolungato all’estero o in strutture a carico pubblico.
Tutti i requisiti devono essere mantenuti anche dopo l’accesso, pena la sospensione o la decadenza dal beneficio.

Svolgimento di attività lavorativa e apertura di nuova attività durante l’Assegno di Inclusione: compatibilità, limiti e comunicazioni all’INPS

Molti percettori si chiedono se sia permesso iniziare un’attività lavorativa o imprenditoriale senza perdere il diritto all’Assegno. Il quadro regolatorio è chiaramente delineato dagli ultimi aggiornamenti INPS:

  • L’ADI è compatibile con lo svolgimento di attività lavorativa sia subordinata che autonoma, entro determinate soglie reddituali e obblighi di comunicazione.
  • Per redditi da lavoro dipendente successivi all’erogazione: l’importo del nuovo rapporto non incide sul beneficio ADI finché il reddito complessivo prodotto dall’attività, cumulato per tutto il nucleo, non supera i 3.000 euro lordi annui.
  • Superato questo limite, il valore eccedente viene computato ai fini della determinazione del reddito familiare dal mese successivo alla variazione e, in via definitiva, dalla prima DSU successiva.
  • L’obbligo più stringente è la comunicazione al sistema INPS tramite il modulo Adi.Com Esteso, da rilasciare entro 30 giorni dall’inizio dell’attività lavorativa subordinata o entro il giorno precedente all’avvio in caso di attività autonoma o d’impresa. Il mancato rispetto delle scadenze comporta la sospensione o la revoca dopo 3 mesi di inadempienza.
Chi avvia un’attività autonoma nei primi 12 mesi di percezione dell’ADI può accedere a un incentivo aggiuntivo pari a 6 mensilità da 500 euro al massimo, una tantum.

In sintesi, iniziare o continuare un lavoro non determina automaticamente la perdita del beneficio, ma il rispetto dei limiti e delle comunicazioni è essenziale.

Nuove attività imprenditoriali, lavoro autonomo e lavoro dipendente: regole e rischi di decadenza

Per il lavoro dipendente avviato durante la fruizione dell'assegno di inclusione, occorre:

  • Comunicare il reddito presunto entro 30 giorni all’INPS tramite modulo Adi.Com Esteso.
  • Verificare che i redditi complessivi (di tutti i componenti) non superino il tetto di 3.000 euro lordi annui; oltre tale soglia, il beneficio si riduce.
  • Rispettare la ripetizione annuale della dichiarazione fino a inclusione completa dei redditi nell’ISEE.
Per il lavoro autonomo e imprenditoriale:
  • La comunicazione deve avvenire prima della data di inizio attività, pena la decadenza dall’ADI.
  • L’aggiornamento sui redditi deve essere fornito ogni trimestre, entro 15 giorni dalla chiusura.
  • Il superamento di 3.000 euro lordi annui comporta l’adeguamento dell’importo erogato.
  • Per chi apre partita IVA nei primi 12 mesi di ADI, previsto un incentivo una tantum in sei mensilità, per favorire l’autoimpiego.
Mancanza o ritardo delle comunicazioni comporta la sospensione, la revoca o la restituzione delle somme non dovute. La decadenza scatta anche per omessa dichiarazione di avvio attività, svolgimento di attività in nero o superamento delle soglie ISEE/patrimoniali.

Quando e perché si può perdere l’Assegno di Inclusione: decadenza, sanzioni e obblighi di comunicazione

La perdita del diritto al sussidio avviene in presenza di situazioni specifiche dettagliate dalla disciplina:

  • Superamento delle soglie patrimoniali o reddituali accertate tramite ISEE (aggiornato obbligatoriamente ogni anno).
  • Mancata o tardiva comunicazione di inizio attività lavorativa o variazioni rilevanti nei dati reddituali e patrimoniali.
  • Non ottemperanza a obblighi del Patto di Attivazione Digitale o dei percorsi di inclusione sociale/lavorativa (ad es. mancata partecipazione alle convocazioni senza giustificato motivo).
  • Omessa iscrizione e frequenza scolastica obbligatoria o mancato rispetto delle condizioni di convivenza/residenza.
  • Comunicazioni mendaci o false dichiarazioni, che possono comportare sanzioni penali (reclusione fino a 6 anni) e obbligo di restituzione delle somme indebitamente percepite.
Nello specifico, lo svolgimento di attività lavorativa senza la prescritta comunicazione implica la decadenza immediata dal beneficio e l’interruzione delle erogazioni. Soltanto il rispetto delle tempistiche e delle modalità di comunicazione evita la sanzione più severa.

Sono inoltre previste altre cause di decadenza: dimissioni volontarie non giustificate, non accettazione di offerte di lavoro congrue, mancata presentazione della DSU aggiornata in caso di variazione del nucleo familiare e la frequenza irregolare o assenteismo nei confronti dei servizi sociali.

Le novità INPS e i recenti chiarimenti su apertura di attività, comunicazioni e aggiornamento dell’ISEE

Gli ultimi aggiornamenti INPS e la normativa aggiornata hanno raffinato la gestione delle comunicazioni obbligatorie e semplificato i meccanismi di rinnovo:

  • Dal 2026, rimossa la durata massima e il periodo di sospensione dell’ADI: il beneficio avrà operatività illimitata, salvo cessazione dei requisiti (ma la prima mensilità del rinnovo 2026 sarà dimezzata per molti beneficiari).
  • Obbligo di rinnovo dell’ISEE ogni anno, normalmente entro gennaio/febbraio, pena sospensione del contributo.
  • Il mancato aggiornamento patrimoniale o omissione nella comunicazione dei nuovi redditi può portare alla sospensione della misura: l’aggiornamento dei dati patrimoniali, es. per un nuovo conto corrente, viene “recuperato” soltanto nella DSU relativa a due anni dopo l’effettiva apertura; nessun obbligo di comunicazione immediata esiste per queste variazioni, purché le soglie patrimoniali non vengano superate.
  • Nel caso di apertura di attività autonomo/professionale, il rispetto della comunicazione all’INPS resta tassativo: pena la decadenza immediata dal diritto.


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