Il quadro retributivo dei lavoratori della Pubblica Amministrazione italiana riflette una serie di disparità significative che interessano milioni di dipendenti. L’analisi delle differenze salariali all'interno dello Stato, tra comparti e qualifiche, consente di comprendere meglio quali dipendenti statali guadagnano di più e quali mantengono retribuzioni inferiori rispetto alla media nazionale e comunitaria. Ciò che emerge è che alcune categorie percepiscono trattamenti più vantaggiosi rispetto ad altre.
Fattori che influenzano le retribuzioni dei dipendenti pubblici
La determinazione degli stipendi nelle amministrazioni pubbliche è influenzata da una varietà di elementi. Tra i principali si individuano:
- Qualifica e livello di inquadramento: ciascun dipendente viene inserito in una categoria contrattuale (B, C, D per personale amministrativo) sulla base del titolo di studio, con differenziazioni sensibili tra diplomati e laureati.
- Anzianità di servizio: progressioni di carriera e scatti biennali di stipendio accrescono il trattamento economico con il passare degli anni, incidendo fino a un massimo del 50% rispetto all’importo d’ingresso.
- Settore di impiego: comparti quali scuola, sanità, sicurezza e università mostrano notevoli differenze retributive per lo stesso livello di anzianità.
- Fondi accessori e benefit: indennità di produttività, bonus di risultato, indennità di rischio, coperture assicurative e opportunità di formazione continua variano a seconda del comparto e della sede di servizio.
- Allocazione territoriale e tipologia di ente: esistono divergenze tra enti centrali, locali e sanitari, accentuate dalla rigidezza dei bilanci degli enti locali rispetto alle amministrazioni centrali.
- Normativa contrattuale: i contratti collettivi nazionali regolano progressioni economiche, incentivi e limiti, modificati periodicamente attraverso la contrattazione fra Stato e sindacati.
- Interventi normativi e politici: provvedimenti come il taglio del cuneo fiscale e il recente adeguamento dei fondi accessori contribuiscono, in modo non uniforme, al miglioramento generale delle condizioni stipendiali, generando però ulteriori divari tra comparti.
Chi guadagna meno nella Pubblica Amministrazione
Volendo porre attenzione alle retribuzioni più basse,
quelli che guadagnano meno sono i lavoratori del comparto istruzione, in particolare docenti delle scuole pubbliche e personale ATA.
Secondo l’INPS, nel 2023 questa categoria registra un valore giornaliero medio sotto i 100 euro lordi, posizionandosi ben al di sotto della media della pubblica amministrazione e spesso anche delle attività manifatturiere. Il compenso medio annuo si aggira sui 29.000 euro, con scarsi margini di crescita anche dopo decenni di servizio, considerando che gli incrementi stipendiali automatici portano a un aumento massimo del 50% a fine carriera.
- Docenti scuola primaria/secondaria: tra 1.400 e 2.000 euro netti mensili, con adattamenti minimi secondo l’anzianità.
- Personale ATA: spesso sotto i 1.400 euro netti mensili, con progressioni lente.
Nonostante l’alto valore sociale riconosciuto al settore, le remunerazioni dei lavoratori scolastici risultano inferiori sia rispetto alla media nazionale che a quella europea, senza significative differenze di genere ma con progressioni di carriera poco gratificanti rispetto ad altri comparti.
Un altro comparto caratterizzato da livelli retributivi contenuti è quello degli enti locali, dove le differenze rispetto alle amministrazioni centrali sono particolarmente accentuate a causa della minore disponibilità finanziaria delle amministrazioni comunali e provinciali e gli stipendi si attestano per:
- Impiegati comunali (categoria B, in ingresso) sui circa 1.000 euro netti mensili, spesso con part-time nelle realtà più piccole.
- Impiegati categorie C-D sui da 1.600 fino a 2.000 euro netti mensili per profili laureati con anni di esperienza.
I dipendenti pubblici con le retribuzioni più alte: dirigenti e università
I dipendenti statali che guadagnano di più sono, invece, i dirigenti e gli alti funzionari degli organi centrali e delle università. In media, i dirigenti percepiscono tra 4.000 e oltre 7.000 euro netti mensili, una cifra che può aumentare ulteriormente grazie a indennità specifiche e bonus di risultato.
Posizione |
Retribuzione media netta mensile |
Dirigente PA centrale (medio livello) |
4.000 - 5.000 € |
Dirigente PA (alto livello) |
6.000 - 7.000 € |
Professori universitari |
2.500 - 3.200 € |
I compensi più elevati sono associati a responsabilità decisionali e gestionali. Il settore universitario primeggia tra i comparti pubblici per le retribuzioni, anche rispetto alle amministrazioni centrali, grazie alla presenza di risorse aggiuntive per progetti di ricerca e programmi di internazionalizzazione.
Anche i lavoratori dei comparti sicurezza, sanità e dei ministeri percepiscono stipendi medio-alti. Gli agenti della Polizia Locale e Statale e le Forze Armate percepiscono, all’ingresso, stipendi medi fra i 1.300 e 2.000 euro netti mensili, incrementabili con gli scatti di anzianità e con l’assunzione di ruoli di coordinamento o comando (fino a 5.000 euro per generali e ufficiali superiori).
- Polizia e forze armate: tra 1.500 e 2.000 euro netti per agenti; 2.500-3.400 euro per ufficiali medi; 4.000-5.000 euro per dirigenti militari.
- Infermieri e OSS: circa 1.500-2.000 euro netti, con indennità da lavoro su turni e scatti biennali.
- Personale ministeriale: 2.000-2.500 euro netti per impiegati intermedi; oltre 3.500 euro per ruoli dirigenziali.
I benefit di settore includono indennità di rischio, specifici bonus per turni notturni o festivi, assicurazione sanitaria privata, possibilità di pensionamento facilitato e percorsi di formazione specialistica. Nella sanità pubblica, i dirigenti medici si collocano tra le figure statali più retribuite, con oltre 4.000 euro netti al mese e ulteriori incrementi grazie agli incarichi di primariato e direzione.
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