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Quando si verifica l'unico caso di perdita del diritto alle ferie? Lo spiega la Cassazione con sentenza n.21780/2022

di Marcello Tansini pubblicato il
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La corte di Cassazione ha stabilito un unico caso in cui si perde il diritto alle ferie ma anche alla loro monetizzazione: qual nel dettaglio

La disciplina delle ferie annuali retribuite rappresenta uno dei temi più delicati e discussi nell’ambito del diritto del lavoro moderno. La recente giurisprudenza della Corte di Cassazione, oltre al quadro normativo nazionale ed europeo, ha chiarito le condizioni in cui il diritto alle ferie potrebbe essere perso, focalizzandosi sul ruolo del datore di lavoro e sulle cause reali che impediscono la fruizione delle ferie stesse. 

Il diritto alle ferie: fondamento normativo e principi generali

La normativa sulle ferie annuali retribuite stabilisce che ogni lavoratore ha diritto a un periodo di riposo annuale retribuito, irrinunciabile ed essenziale per il ristoro psico-fisico. I criteri generali per l’esercizio di tale diritto sono i seguenti:

  • godimento di regola continuativo per assicurare un reale recupero;
  • retribuzione dovuta anche durante il periodo di ferie;
  • individuazione dei periodi feriali a cura del datore di lavoro nel rispetto delle esigenze aziendali e degli interessi del lavoratore;
  • durata minima determinata dalla legge (quattro settimane l’anno), contrattazione collettiva o prassi aziendale.
Ulteriori disposizioni sono introdotte dall’articolo 10 del D.Lgs. n. 66/2003, volto a recepire i principi comunitari in materia di organizzazione dell’orario di lavoro, il quale stabilisce modalità e tempi di fruizione:
  • almeno due settimane consecutive da godere nell’anno di maturazione;
  • residuo entro i 18 mesi successivi.
La Corte di Cassazione ha più volte ribadito che il diritto alle ferie a lavoro non può essere sacrificato o monetizzato se non in casi tassativi, riconoscendo la funzione primaria di tutela della salute e della dignità lavorativa della persona.

Monetizzazione delle ferie: regole e limiti

Il principio generale vieta la liquidazione monetaria delle ferie maturate e non godute durante il rapporto lavorativo, proprio per evitare che venga meno la finalità di recupero psicofisico. Tuttavia, l’ordinamento riconosce alcune eccezioni.

Eventi che comportano la cessazione del rapporto di lavoro, tanto per dimissioni, quanto per licenziamento, incluso quello per responsabilità del lavoratore, legittimano la corresponsione di un’indennità sostitutiva, salvo che non sia dimostrato che la mancata fruizione sia imputabile al lavoratore stesso.

La Cassazione ha chiarito che la perdita del diritto all’indennità sostitutiva delle ferie è possibile solo a fronte di specifiche condizioni: il datore di lavoro deve aver posto il dipendente nella reale possibilità di usufruire delle ferie e averlo avvisato, formalmente e con tempestività, dell’eventuale perdita del diritto in caso di mancata fruizione (Cassazione, n.21780/2022). Il divieto di monetizzare si applica al periodo minimo legale, mentre il trattamento può variare sulle settimane aggiuntive previste dai contratti collettivi.

Infine, tra i limiti che la giurisprudenza identifica vi sono il rispetto della funzione sociale delle ferie e la non imputabilità al lavoratore di impedimenti oggettivi, quali la malattia, infortuni o cause di forza maggiore.

Onere della prova e ruolo del datore di lavoro nella fruizione delle ferie

Secondo gli ultimi orientamenti, la responsabilità di garantire il godimento effettivo delle ferie ricade principalmente sul datore di lavoro. La Corte di Cassazione, nelle più recenti pronunce, ha stabilito che non è sufficiente la mera possibilità astratta per il lavoratore di usufruire delle ferie: il datore deve agire concretamente, informando e sollecitando il dipendente a programmare i giorni di assenza, avvisandolo puntualmente dei rischi legati al mancato sfruttamento di tale diritto.

La giurisprudenza europea e nazionale (Corte di Giustizia UE e Cassazione) pone l’onere della prova a carico della parte datoriale, che dovrà documentare con precisione di aver:

  • invitato formalmente, con chiarezza e preavviso adeguato il lavoratore a usufruire delle ferie;
  • indicato effettivamente il rischio di scadenza del diritto e della sua possibile perdita;
  • dimostrato di aver fatto tutto il possibile affinché il periodo di riposo fosse usufruito;
La capacità organizzativa e la posizione gerarchica del dipendente non attenuano l’obbligo datoriale: anche nel caso di figure apicali o dirigenti, la prova dell’avvenuto invito e dell’informazione fornita ricade sull’azienda. Solo in presenza di un’autonomia gestionale senza lacune organizzative tangibili può ipotizzarsi una diversa valutazione, ma il principio resta fermo.

Se il datore di lavoro si limita a una posizione di inerzia o non dimostra quanto sopra, il lavoratore conserva il diritto non solo alle ferie, ma anche all’indennità sostitutiva in caso di cessazione del rapporto.

L’unico caso di perdita del diritto alle ferie e all’indennità sostitutiva secondo la Cassazione

Con particolare riferimento alla perdita effettiva del diritto alle ferie e anche alla loro monetizzazione, secondo la Corte di Cassazione (sentenza n. 21780/2022), la decadenza può avvenire esclusivamente nel caso in cui il datore di lavoro:

  • ha formalmente, inequivocabilmente e preventivamente invitato il lavoratore a godere delle ferie maturate;
  • ha chiaramente avvisato il lavoratore che in mancanza di fruizione, quelle ferie sarebbero andate perse, sia come periodo di riposo, sia come valore economico (indennità sostitutiva);
  • può dimostrare di aver compiuto tutta la diligenza necessaria perché tale diritto fosse concretamente esercitato.
Soltanto in presenza di questi elementi, l’eventuale mancata fruizione, non giustificata da malattia, maternità, carenze d’organico non imputabili al lavoratore o altre situazioni oggettive, determina la piena perdita del diritto sia alle ferie sia a una loro monetizzazione.

Di conseguenza, l’inerzia non qualificata del dipendente, cioè il rifiuto ingiustificato, non supportato da valide ragioni o dalla mancata risposta agli inviti e ai richiami formali del datore, rappresenta l’unica situazione individuata dalla Corte nella quale il diritto alle ferie e all’indennità si estingue. In tutti gli altri casi, l’obbligo risarcitorio o indennitario permane, e ogni altra valutazione di tipo organizzativo rimane irrilevante se non si può attribuire alla condotta del lavoratore la responsabilità della mancata fruizione.