Il calcolo della plusvalenza immobiliare si basa sulla differenza tra il ricavo della vendita e il costo di acquisto o di costruzione dell'immobile.
La stretta sul Superbonus 110% introduce cambiamenti che impattano i beneficiari del 2024, con la riduzione della detrazione per i lavori effettuati, ora al 70%. Questo aggiustamento si accompagna a una marcata restrizione nella possibilità di cedere il credito e nell'applicazione dello sconto in fattura.
Un'altra novità - come precisato dalla Circolare 13/E del 13 giugno 2024 dell'Agenzia delle entrate - è l'introduzione di una tassazione sui capital gain derivanti dalla vendita di immobili che hanno beneficiato della detrazione massima del 110%, se la cessione avviene entro dieci anni dalla conclusione degli interventi.
Questa misura fiscale mira a regolamentare i vantaggi derivanti dall'efficienza energetica, ponendo un baluardo contro le speculazioni immobiliari. Di conseguenza, chi decide di vendere un immobile entro il decennio successivo alla fine dei lavori incentivati dal Superbonus, dovrà fare i conti con un'imposta sui plusvalori realizzati.
Questo scenario segna una fase post-Superbonus in cui le condizioni per mantenere i benefici fiscali diventano più stringenti e mirate alla sostenibilità a lungo termine dei progetti di ristrutturazione. Vediamo meglio:
Per coloro che hanno beneficiato di cessioni del credito o sconti in fattura, e quindi non hanno sostenuto direttamente le spese, il quadro fiscale si complica. Se la vendita avviene entro cinque anni dalla conclusione dei lavori, le spese legate al Superbonus non vengono considerate nel calcolo dei costi. Dopo questo intervallo e fino a dieci anni, tali spese vengono conteggiate ma solo per metà del loro valore.
Diversamente, per i contribuenti che hanno optato per la detrazione fiscale diretta sui lavori nella propria dichiarazione dei redditi, tutte le spese legate agli interventi possono essere incluse nel calcolo del costo, migliorando così la posizione fiscale nel momento della vendita.
Per gli immobili detenuti da oltre cinque anni, si prevede inoltre una rivalutazione del costo di acquisto o costruzione in base all’indice Istat, garantendo un adeguamento alla inflazione.
Infine, in termini di tassazione, i contribuenti possono scegliere tra l’applicazione di un’imposta sostitutiva del 26% sulla plusvalenza realizzata o l'assoggettamento alle aliquote progressive Irpef, che generalmente risultano meno vantaggiose. Questo dà una certa flessibilità nella gestione fiscale delle plusvalenze immobiliari, permettendo di ottimizzare la strategia fiscale a seconda della situazione individuale del venditore.
Le plusvalenze derivanti dalla vendita di immobili normalmente sono soggette a tassazione, ma esistono due casi in cui non sono previste. La normativa fiscale prevede che non siano tassate le plusvalenze ottenute dalla cessione di immobili che rientrano nelle seguenti categorie: