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Quanto si paga mediamente di Tari? I dati aggiornati 2025 e perchè la tassa sui rifiuti è aumentata

di Marianna Quatraro pubblicato il
tari quanto si paga in media

La TARI 2025 registra un nuovo aumento, con forti differenze tra le città e le diverse regioni italiane. L'articolo analizza dati, motivazioni alla base dei rincari, modalità di calcolo, aree virtuose, agevolazioni e prospettive future.

Negli ultimi anni gli importi collegati alla tassa sui rifiuti sono diventati un elemento di particolare attenzione da parte di famiglie e imprese. Le ultime rilevazioni segnalano una crescita degli importi medi nazionali, nonostante il quadro normativo e gestionale sia notevolmente diversificato tra comuni e regioni.

Cos'è la TARI: definizione, funzionamento e soggetti obbligati

La TARI identifica la tassa sul servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti urbani, introdotta dalla legge di Stabilità 2014, con cui ha sostituito diversi preesistenti tributi locali. Il prelievo non si basa sulla quantità effettivamente prodotta, ma sulla potenziale produzione di rifiuti legata all’utilizzo o alla disponibilità di locali e aree. Devono corrispondere l’imposta i possessori e detentori di immobili – a qualsivoglia titolo, compresi gli affittuari con contratti superiori a sei mesi – suscettibili di produrre rifiuti. Le abitazioni vuote, prive di arredi e utenze non allacciate, sono generalmente escluse, così come i locali inagibili o le parti comuni non utilizzate esclusivamente. 
Il calcolo della tassa spetta all’ente locale, che invia avvisi di pagamento in base a criteri stabiliti dal regolamento comunale; influenzano l’importo:

  • dimensione e destinazione dell’immobile;
  • numero dei componenti della famiglia o attività svolta;
  • costi di gestione dei rifiuti sostenuti dal Comune.
La TARI rappresenta quindi uno strumento diretto che finanzia la qualità e l’efficienza dei servizi ambientali comunali, sottoposto a continue revisioni normative e gestionali per rispondere alle esigenze ambientali e sociali.

Aumento della TARI nel 2025: dati aggiornati e ragioni principali

Nel 2025 la spesa media annuale per la gestione dei rifiuti urbani raggiunge i 340 euro per famiglia, segnando un incremento di circa il 3,3% rispetto all’anno precedente. Secondo i rapporti dell’Osservatorio Prezzi e Tariffe di Cittadinanzattiva, questa crescita interessa prevalentemente tutte le regioni, ad esclusione di Molise, Valle d’Aosta e Sardegna, che registrano una lieve flessione o una sostanziale stabilità dei costi. 
Le cause all’origine dell’incremento sono numerose e spesso intrecciate tra loro:

  • Crescita dei costi operativi per la gestione e smaltimento, a causa dei maggiori oneri energetici, dell’inflazione e di nuovi requisiti infrastrutturali;
  • Disomogeneità nei livelli e modalità della raccolta differenziata, che impatta direttamente sulle tariffe comunali;
  • Fabbisogno di investimenti nelle infrastrutture e negli impianti, soprattutto nelle aree meno efficienti;
  • Persistente frammentazione tra territori, dovuta a sistemi tariffari differenti e all’assenza di una governance integrata nazionale;
  • Incremento di oneri legati alla perequazione ambientale e alle componenti aggiuntive destinate al miglioramento del servizio e alla gestione di eventi straordinari.
Il risultato è una mappa di aumenti generalizzati, con ricadute più importanti nelle realtà meno efficienti sul piano impiantistico e nella raccolta differenziata.

Differenze territoriali: le regioni e le città più care e più economiche

L’andamento dei costi della tassa sui rifiuti mostra una marcata disomogeneità sul territorio italiano, con una spaccatura netta tra Nord, Centro e Sud. Nel Settentrione, la media delle tariffe si attesta intorno ai 290 euro annui, grazie a una raccolta differenziata prossima al 73% e a una diffusa presenza di impianti di trattamento. In Centro Italia, la media sale a 364 euro, mentre il Sud raggiunge i 385 euro l’anno, con una differenziata che si ferma al 59%. 
Le regioni più economiche risultano:

  • Trentino-Alto Adige (224 euro),
  • Lombardia (262 euro),
  • Veneto (290 euro).
Le regioni che segnano le tariffe più elevate sono:
  • Puglia (445 euro),
  • Campania (418 euro),
  • Sicilia (402 euro).
Il motivo principale di queste differenze risiede nel grado di efficienza nei sistemi locali e nella capacità di contenere i costi gestionali, con un impatto diretto sulle finanze delle famiglie e delle imprese.

Classifica dei capoluoghi: dove si paga di più e dove di meno

Analizzando i dati dei capoluoghi di provincia, emergono scostamenti considerevoli tra le diverse città italiane. I centri urbani con le tariffe più elevate sono principalmente localizzati nel Meridione o in aree con difficoltà nella gestione:

Capoluogo Importo medio
Catania 602 euro
Pisa 557 euro
Genova 509 euro
Napoli 496 euro
Andria 491 euro
Reggio Calabria 484 euro

Sul versante opposto, capoluoghi come Cremona (196 euro), Udine e Trento (199 euro), Fermo (211 euro), Pordenone (216 euro) e Brescia (217 euro) presentano importi tra i più bassi a livello nazionale. La differenza tra le città più economiche e quelle più costose può superare i 400 euro annui.

Focus su alcune aree virtuose: perché in alcune città e regioni la TARI cala o resta bassa

L’eccellenza nella gestione dei rifiuti e nei sistemi di raccolta differenziata rappresenta il fattore chiave nelle città e nelle regioni che hanno visto diminuire o mantenere stabile la tassa nel 2025. È il caso di territori come Trentino-Alto Adige, Sardegna e Valle d’Aosta, dove scelte amministrative lungimiranti hanno portato:

  • a sistemi di raccolta integrata evoluti;
  • a un’ampia copertura impiantistica;
  • alla diffusione della tariffazione puntuale;
  • alla trasparenza nella rendicontazione dei costi;
  • alla partecipazione dei cittadini alle scelte locali.
Questi elementi, uniti a un’efficace governance, hanno consentito, ad esempio, ai cittadini sardi di beneficiare di una riduzione dello 0,6% e a quelli del Trentino-Alto Adige di stabilizzare le spese su livelli fra i più bassi d’Italia.

Raccolta differenziata ed efficienza gestionale: quanto incidono sui costi?

I livelli raggiunti nella raccolta differenziata sono inscindibilmente collegati all’importo finale della tassa sui rifiuti. Dove i sistemi sono organizzati in modo efficace e i consorzi o le aziende locali hanno investito in tecnologie e servizi, i costi annuali risultano contenuti e i dati ambientali migliori. 
Nel 2025, la raccolta differenziata media italiana ha raggiunto il 66,6% e si attesta sopra il 70% nelle regioni del Nord e in alcune realtà del Centro. Questo comporta una diminuzione dei rifiuti indifferenziati, costi inferiori per smaltimento in discarica e una maggiore efficienza nella filiera del riciclo.

Le aree con scarsi risultati nella differenziata, invece, presentano inevitabilmente:

  • elevata incidenza dei costi di trasporto;
  • difficoltà di recupero delle frazioni riciclabili;
  • maggiore utilizzo di discariche e inceneritori;
  • sistemi gestionali datati e meno trasparenti.
Il miglioramento gestionale – così come sottolineato dagli studi settoriali – rappresenta una leva determinante nella riduzione delle disparità e delle spese a carico dei cittadini.

L’esempio della Sardegna e del Trentino-Alto Adige

Sardegna e Trentino-Alto Adige sono modelli di gestione efficiente e costi contenuti. Nel 2025, la Sardegna registra una delle differenziate più alte d’Italia, oltre il 76%, mentre il Trentino-Alto Adige abbina la minore spesa media a un’altissima percentuale di recupero e di smaltimento intelligente. Le scelte amministrative orientate alla trasparenza, al coinvolgimento dell’utenza e all’adozione delle tecnologie, dimostrano come la strada verso una tariffa equa sia legata proprio alla qualità e alla responsabilità gestionale.

Tendenze, criticità e prospettive future per una potenziale e auspicabile riduzione

Il trend del 2025 mostra una generalizzata crescita degli importi delle tariffe, con il mantenimento delle forti differenze tra aree geografiche nazionali. Città e regioni con migliori risultati nella raccolta differenziata e sistemi integrati riescono a offrire servizi più efficienti e costi più equi. Le criticità principali permangono nelle realtà dove il servizio è meno moderno, gli impianti scarseggiano e la governance è meno trasparente.

Le prospettive di riduzione dei costi e di maggiore equità si collegano:

  • alla diffusione della tariffazione puntuale,
  • al rafforzamento degli impianti,
  • all’innovazione gestionale e partecipazione civica,
  • alla trasparenza e alla rendicontazione pubblica dei costi.
Il progressivo miglioramento delle modalità di raccolta e conferimento, insieme a scelte amministrative improntate all’efficienza e alla sostenibilità, si conferma come condizione necessaria per contenere le tariffe e garantire un servizio equo su tutto il territorio nazionale.


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