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Rider, condizioni agghiaccianti di lavoro e di guadagno nella realtà nonostante CCNL firmato

di Marianna Quatraro pubblicato il
Food delivery

Le condizioni di lavoro dei rider in Italia restano critiche nonostante il CCNL. Un'inchiesta CGIL svela precarietà, mancanza di tutele e battaglie sindacali in un settore in continua evoluzione

Il fenomeno dei rider in Italia è sempre più al centro del dibattito pubblico e sindacale. Nonostante l’esistenza di un Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro, le condizioni lavorative rimangono al limite del sostenibile. Le denunce di sfruttamento, la mancanza di tutele e i problemi legati alla sicurezza sul lavoro continuano a essere segnalati dai sindacati.

Le principali piattaforme di food delivery in Italia e l'evoluzione del settore

Il mercato del food delivery in Italia è dominato da diverse piattaforme internazionali e nazionali che negli anni hanno trasformato il settore della ristorazione e della logistica urbana.

Just Eat è una delle poche società a operare con contratti da dipendente per i propri rider, garantendo una minima stabilità lavorativa rispetto ai competitor. Contrariamente, aziende come Glovo e Deliveroo basano il loro modello su collaboratori autonomi, pagando i rider in base alle consegne effettuate, un sistema che spesso li espone a condizioni di precarietà.

Negli ultimi anni, la crescita del settore ha portato anche all'espansione delle cosidette dark kitchen, cucine senza ristorante fisico destinate esclusivamente alle consegne a domicilio. Questo modello ha ridotto i costi operativi per i ristoratori, ma ha anche intensificato la dipendenza dai servizi delle piattaforme, aumentando il carico di lavoro per i rider.

Le piattaforme utilizzano algoritmi avanzati per assegnare le consegne, determinando le tratte e i compensi dei lavoratori. Tuttavia, questa gestione algoritmica ha sollevato critiche per la mancanza di trasparenza e l'impossibilità dei rider di contestare decisioni automatizzate, elemento centrale nelle battaglie sindacali.

Le condizioni di lavoro dei rider, precarietà e mancanza di tutele

Le condizioni lavorative dei rider sono caratterizzate da un’elevata precarietà e dalla quasi totale assenza di tutele. La maggior parte di loro opera come autonomi, ma nella pratica è soggetta a vincoli lavorativi rigidi imposti dalle piattaforme di food delivery.

L’inchiesta della CGIL sulla condizione dei rider in Italia evidenzia un quadro di sfruttamento e precarietà. I ciclofattorini lavorano fino a 10 ore al giorno, sette giorni su sette, con paghe molto basse (in media 2-4 euro lordi a consegna) e senza tutele adeguate. Oltre il 90% è inquadrato con contratti che non garantiscono diritti fondamentali.

Uno degli aspetti più contestati è il pagamento a cottimo, che spinge i lavoratori a effettuare il maggior numero possibile di consegne per ottenere un compenso dignitoso. Questo sistema li costringe spesso a ignorare condizioni meteo avverse e ad affrontare rischi elevati legati alla sicurezza stradale. La manutenzione dei mezzi, così come l’assicurazione, sono a carico del lavoratore, aggravando ulteriormente il costo del lavoro.

Un altro problema riguarda la gestione degli account: le piattaforme possono sospendere o revocare unilateralmente l’accesso al sistema, privando il rider della possibilità di lavorare. Spesso, queste misure vengono applicate senza preavviso e senza possibilità di ricorso, ponendo i lavoratori in una condizione di vulnerabilità estrema.

Sul piano delle tutele, il CCNL introdotto per regolamentare il settore è rimasto in gran parte inefficace per la maggioranza dei rider. Solo una piccola parte ha accesso a contratti regolari, mentre il resto continua a essere inquadrato in forme contrattuali ambigue che non garantiscono diritti fondamentali come ferie, malattie retribuite e copertura previdenziale.

Le testimonianze raccolte evidenziano anche l’assenza di norme di sicurezza adeguate. Incidenti e infortuni sono frequenti, ma senza una protezione efficace da parte delle aziende, i rider si trovano a dover affrontare da soli le conseguenze economiche e sanitarie.

Le battaglie legali e sindacali

La Nidil CGIL, insieme alla Filcams CGIL, ha più volte denunciato lo sfruttamento nel settore, riuscendo a ottenere alcune vittorie significative nei tribunali.

Uno dei casi più noti è stato quello che ha coinvolto Uber Italy, con l’ex manager Gloria Bresciani condannata per caporalato. L’indagine della procura di Milano ha rivelato un sistema in cui i rider venivano reclutati tramite cooperative compiacenti, lavorando per pochi euro all’ora senza alcuna tutela. 

Le mobilitazioni sindacali hanno portato anche all’adozione della direttiva rider in Europa, che mira a regolamentare l’uso degli algoritmi nella gestione del lavoro e a contrastare il falso lavoro autonomo. Tuttavia, l’applicazione in Italia è ancora in una fase di transizione e incontra resistenze da parte delle piattaforme.

Nel frattempo, le aziende come Glovo e Deliveroo continuano a difendere il modello del lavoro autonomo, mentre la pressione sindacale punta a ottenere contratti più equi e la fine del pagamento a cottimo, considerato una forma di sfruttamento incompatibile con i diritti dei lavoratori.

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