Quando nel contratto di vendita o nelle vendita stessa viene proposto un prezzo palesemente fuori mercato, il sistema normativo offre alcune tutele sia per chi vende che per chi acquista. Il punto centrale è rappresentato dal principio dell’errore riconoscibile: la possibilità di annullare un accordo nasce se uno dei contraenti si trova in errore su un aspetto essenziale, ad esempio il prezzo, e l’altro avrebbe dovuto accorgersene usando l’ordinaria diligenza.
Nel caso delle piattaforme di vendita elettronica e delle grandi catene, capita a volte che un prodotto venga pubblicato a un importo irrealistico, magari per un disguido tecnologico. In questi scenari:
- Il venditore può invocare l’errore solo se riesce a provare che il cliente medio, osservando la discrepanza e considerando il prezzo di mercato, avrebbe dovuto accorgersi dell’anomalia.
- Non esiste una soglia oggettiva (es. sconto oltre il 70%) per classificare automaticamente l’errore come evidente: tutto dipende dal contesto, dalle dinamiche del mercato e dai comportamenti delle parti.
- Se l’ordine viene confermato, il pagamento incassato e il bene consegnato senza riserve, la questione si complica perché subentra il principio di tutela della buona fede contrattuale.
Gli sconti estremi e le offerte-lampo sono ormai comuni, soprattutto in periodi come il Black Friday, rendendo talvolta difficile distinguere una
strategia promozionale aggressiva da un errore materiale. Per questa ragione, le valutazioni devono essere effettuate caso per caso, tenendo presenti elementi quali:
- L’identità dell’acquirente (privato o potenziale rivenditore seriale);
- La quantità di prodotti acquistati (uno solo o multipli);
- La natura e la forma della comunicazione tra le parti.
Soltanto una piena contestualizzazione consente di determinare se la richiesta di restituzione sia giuridicamente fondata oppure debba essere respinta in virtù della tutela del consumatore.
Cosa prevede il Codice Civile italiano sull’annullamento per errore essenziale nel contratto di vendita
Il Codice Civile fornisce il quadro normativo per stabilire se un contratto può essere annullato a causa di un errore essenziale e riconoscibile. Secondo l’articolo 1428 e seguenti:
- L’errore deve riguardare un elemento essenziale del contratto, come il prezzo o le caratteristiche del bene oggetto della vendita.
- Per giustificare l’annullamento, è necessario che la controparte, usando l’ordinaria diligenza, avrebbe dovuto riconoscere la sussistenza dell’errore.
La dottrina sottolinea che la prova della riconoscibilità grava sul soggetto che invoca l’annullamento del contratto. In casi recenti, la giurisprudenza ha riconosciuto la legittimità dell’annullamento solo se la sproporzione rispetto al valore effettivo del bene è tale da risultare incontestabile.
Inoltre:
- Non è sufficiente invocare un errore materiale (come il prezzo sbagliato online) se il consumatore poteva, in buona fede, ritenere plausibile la promozione, soprattutto in periodi di grandi campagne sconto come il Black Friday.
- Il contratto, una volta concluso con pagamento e consegna del bene, non può essere sciolto automaticamente unilateralmente tramite semplice comunicazione informale.
Resta quindi centrale la valutazione del comportamento effettivo di chi compra: la consapevolezza di approfittare di uno sbaglio resta elemento decisivo.
La posizione del consumatore: buona fede, riconoscibilità dell’errore e comportamenti concreti
Le azioni del cliente, nel caso di un prezzo fuori scala, devono essere inquadrate nel contesto della buona fede e dell’ordinaria diligenza. La normativa identifica il compratore medio come una persona ragionevole, che valuta promozioni e sconti in relazione al periodo e alle offerte frequenti.
Gli esperti di diritto dei consumatori evidenziano che:
- Se un utente acquista un singolo dispositivo in un periodo di sconti e riceve conferma dell’ordine senza incongruenze, la sua buona fede è tutelabile.
- Al contrario, chi effettua acquisti multipli, magari per successiva rivendita, o chi utilizza profili professionali, può vedersi contestare con maggior facilità la consapevolezza dell’anomalia.
- Un’offerta rivolta esclusivamente agli iscritti al programma fedeltà può legittimamente indurre nell’acquirente la convinzione di trovarsi di fronte a una promozione reale e non a un errore grossolano.
La concreta riconoscibilità dell’errore dipende anche dal livello di informazione e esperienza del consumatore. Nel mercato attuale, dove i ribassi vertiginosi non sono rari, l’aspettativa che ogni cliente individui l’errore non può essere automatica: serve valutazione concreta del contesto e delle circostanze.
Ruolo della comunicazione tra venditore e cliente: valore di email, raccomandata e azioni giudiziarie
Una parte decisiva del contenzioso in tema di prezzi errati riguarda la forma e il valore delle comunicazioni intercorse tra chi vende e chi acquista. Dal punto di vista giuridico:
- Una email semplice non costituisce una diffida formale né una messa in mora, quindi non vincola il destinatario, ma rappresenta una proposta di accordo amichevole.
- Per far valere un diritto di restituzione coattiva o annullamento unilaterale del contratto, il venditore dovrebbe inoltrare una raccomandata o PEC.
- Solo in caso di mancato riscontro, e volendo procedere sul piano legale, si può avviare una vera e propria azione giudiziaria per ottenere l’annullamento del contratto.
Ne consegue che, se l’acquirente conserva prova della comunicazione informale e delle condizioni di vendita accettate, potrà resistere legittimamente alle eventuali richieste sino a nuova formale notifica. In questa fase, la
documentazione dei passaggi dell'acquisto diventa decisiva per garantire i propri diritti.
Restituzione, integrazione del prezzo o tesi del consumatore: scenari possibili e consigli pratici
In presenza di una segnalazione di errore così macroscopica, il venditore può proporre una delle seguenti opzioni:
- La restituzione del bene, con rimborso del prezzo pagato e talvolta con un omaggio in buoni spesa, come avvenuto con MediaWorld.
- L’integrazione della differenza tra il prezzo pagato e quello “corretto”, magari con uno sconto aggiuntivo per compensare il disagio generato.
Gli utenti possono valutare liberamente quale delle due strade percorrere, almeno fino a una diffida formale. I consigli pratici degli esperti sono i seguenti:
- Non affrettarsi a restituire il prodotto in risposta a una semplice email, ma valutare sempre la solidità della propria posizione contrattuale.
- Mantenere documenti come ordine, conferma, ricevute, comunicazioni e scontrini, elementi che attestano la regolare esecuzione dell’acquisto.
- In caso di contestazione aggressiva o ricezione di raccomandate o PEC, considerare la consulenza di associazioni di consumatori o un legale.
- Evita condotte speculative (acquisti multipli per rivendita) che possano essere interpretate come segno di malafede.
- Conservare ogni prova dell’offerta come compariva al momento dell'acquisto: screenshot, email promozionali, condizioni di vendita.
In assenza di accordo bonario, il venditore può sfidare il compratore solo in giudizio, assumendosi l’onere di dimostrare la riconoscibilità dell’errore e la mancanza di buona fede nell’acquisto. Si tratta di una strada spesso onerosa, che le aziende percorrono solo in casi specifici.