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Periodo di comporto per disabili, i giorni di assenza dopo cui si è licenziati sarà deciso caso per caso grazie all'UE

di Marcello Tansini pubblicato il
Periodo di assenza licenziamento

Il nuovo orientamento UE rivoluziona il periodo di comporto per lavoratori disabili: regole flessibili, valutazione individuale e bilanciamento tra tutela e esigenze aziendali ridefiniscono la disciplina lavorativa in Italia.

L'evoluzione giuridica sul tema delle assenze per malattia delle persone con disabilità segna oggi un passaggio determinante grazie a recenti interventi della Corte di Giustizia dell'Unione Europea e della Corte di Cassazione. Le nuove direttive europee hanno infatti rafforzato la tutela dei lavoratori disabili nel contesto lavorativo, riformulando i criteri per il cosiddetto comporto disabili e ampliando la sfera dei diritti riconosciuti.

Al centro di questo mutamento vi è l'obbligo per i datori di lavoro di operare una valutazione individualizzata delle assenze, superando la logica del periodo di comporto uniforme per tutti i dipendenti. Il principio cardine di questa riforma risiede nella necessità di considerare la maggiore frequenza di assenze per malattia legata a condizioni di fragilità, evitando discriminazioni indirette. In tale prospettiva, la disposizione fissa viene sostituita da un approccio più flessibile, in cui il giudice è chiamato a valutare caso per caso, valorizzando il concetto di "accomodamenti ragionevoli" e promuovendo l'effettiva parità di trattamento tra i lavoratori.

Cos'è il periodo di comporto e quali sono le sue regole tradizionali in Italia

Il periodo di comporto rappresenta il termine massimo entro cui un lavoratore può assentarsi dal servizio per motivi di salute senza conseguenze dirette sulla conservazione del posto. La disciplina origina dall'art. 2110 del Codice Civile italiano, che sancisce il diritto alla conservazione del rapporto di lavoro per assenza dovuta a malattia, affidando per la quantificazione del periodo ai contratti collettivi nazionali l'indicazione dei limiti temporali applicabili. Nella pratica, le soglie variano in base al settore e al contratto di riferimento e solitamente si attestano intorno ai 180 giorni annui, con alcune eccezioni per particolare gravità o durata della patologia.

Il superamento del termine consente al datore di lavoro di procedere, previa eventuale notifica, al legittimo licenziamento per giustificato motivo oggettivo. Tuttavia, fino alla recente riformulazione europea, le stesse regole erano indistintamente applicate anche ai dipendenti con disabilità, senza differenziazione per le condizioni di salute preesistenti, esponendo questi ultimi a un rischio maggiore di perdita del posto in caso di prolungate assenze riconducibili a situazioni invalidanti. L'esperienza giurisprudenziale e normativa ha messo in discussione l'idoneità di una regola uniforme, ponendo al centro la necessità di un approccio più attento alle specificità individuali.

Le pronunce della Cassazione e il ruolo della direttiva UE nella tutela dei lavoratori disabili

Il quadro giurisprudenziale italiano si è arricchito recentemente grazie a decisioni di rilievo della Suprema Corte. Con l'ordinanza n. 170/2025, la Corte di Cassazione ha stabilito che l'applicazione senza distinzioni del periodo di comporto ai lavoratori disabili può tradursi in una discriminazione indiretta, contravvenendo ai principi sanciti dalla Direttiva Europea 2000/78/CE volta a garantire la parità in ambito lavorativo. L'UE, tramite detta direttiva, impone agli Stati membri di adottare misure e prassi volte a rendere equo il trattamento lavorativo di persone con disabilità, anche attraverso l'implementazione degli "accomodamenti ragionevoli" indicati all'articolo 5.

La Cassazione enfatizza come il rischio aggiuntivo di morbilità debba essere incluso nella valutazione del periodo di comporto, pena la nullità del licenziamento per eccesso di assenze. Il datore di lavoro, prima di procedere al licenziamento, è pertanto obbligato a verificare il nesso tra le assenze e la disabilità del lavoratore e dimostrare di aver esaminato tutte le possibili soluzioni alternative. Questa prospettiva rappresenta un significativo passo avanti nell'affermazione dei diritti, richiedendo ai giudici un esame "caso per caso" teso a equilibrare le esigenze aziendali e la tutela della persona.

Discriminazione indiretta: quando il periodo di comporto è iniquo

La nozione di discriminazione indiretta trova fondamento sia nella normativa europea sia in quella nazionale. L'articolo 2 della Direttiva 2000/78/CE la definisce come una situazione in cui una disposizione neutrale, quale l'applicazione indistinta del periodo di comporto, produce effetti svantaggiosi per determinate categorie di lavoratori, in questo caso chi vive con una disabilità.

La maggiore esposizione a patologie legata alle condizioni di salute personali, infatti, rende spesso inadeguato il parametro standard dei giorni consentiti di assenza. Le sentenze più recenti evidenziano che una regola unica non tiene conto delle effettive necessità e dei rischi addizionali subiti dai disabili, esponendoli a un rischio concreto di licenziamento ingiustificato.

Di conseguenza, la Corte di Cassazione e i tribunali di merito hanno ulteriormente ribadito che la parità di trattamento deve essere perseguita non soltanto in senso formale, ma anche sostanziale, richiedendo ai datori di lavoro un'analisi approfondita delle cause delle assenze e la predisposizione di adeguati strumenti compensativi.

Accomodamenti ragionevoli e obblighi del datore di lavoro

La normativa europea, recepita in Italia dall'art. 3, comma 3-bis del D.Lgs. n. 216/2003, introduce il concetto di “accomodamenti ragionevoli” come soluzione equilibrata tra le esigenze di impresa e il diritto al mantenimento lavorativo delle persone con disabilità. Tali accomodamenti consistono in una gamma di misure, quali:

  • Prolungamento del periodo di comporto rispetto allo standard contrattuale per lavoratori disabili
  • Espunzione dal computo delle assenze direttamente connesse allo stato di invalidità
  • Adattamento delle mansioni o degli orari di lavoro, inclusa la flessibilità organizzativa
  • Attivazione del lavoro agile o telelavoro, laddove possibile
Il datore di lavoro è tenuto a valutare, prima di ogni risoluzione unilaterale del rapporto, la possibilità concreta di inserire tali adattamenti all'interno della propria organizzazione, salvo che ciò imponga un onere economico sproporzionato rispetto alle dimensioni e alle risorse dell'azienda. Il mancato adempimento a tale obbligo, unitamente alla omissione di un confronto con il lavoratore, può esporre l'azienda a seri rischi risarcitori e all'annullamento del licenziamento. È richiesto altresì uno scambio informativo trasparente tra le parti, nel rispetto della normativa sulla privacy, volto a verificare in piena correttezza e buona fede la correlazione tra le assenze e lo stato di disabilità.

Il ruolo del giudice: valutazione caso per caso e nuovi equilibri fra tutela e esigenze datoriali

L'introduzione di una valutazione personalizzata da parte dell'autorità giudiziaria costituisce uno dei maggiori tratti distintivi del nuovo indirizzo giurisprudenziale sul comporto disabili. Il giudice, chiamato ad accertare la presenza di una correlazione tra le assenze e la disabilità, deve svolgere una istruttoria approfondita sulle peculiarità della situazione, tenendo conto delle condizioni di salute, delle attività svolte e delle risorse disponibili per il datore di lavoro.

Questa attività valutativa è finalizzata a individuare il giusto bilanciamento tra l'esigenza di tutela del lavoratore e il diritto dell'azienda a una prestazione continuativa. In mancanza di accomodamenti ragionevoli o di un'adeguata motivazione, il licenziamento per superamento del periodo di comporto può essere dichiarato nullo, dando luogo alla reintegrazione del lavoratore e a risarcimenti economici. Così la giurisprudenza italiana e sovranazionale si indirizzano verso un sistema maggiormente improntato all'equità sostanziale, ridimensionando la rigidità normativa e rilanciando una prassi di costante dialogo tra le parti in caso di difficoltà legate alla salute.

Contrattazione collettiva e possibili sviluppi futuri nella disciplina del comporto

L'adeguamento della disciplina relativa al periodo di comporto alle nuove esigenze interpretative passa necessariamente anche per la revisione dei contratti collettivi nazionali. La Corte di Cassazione stessa ha indicato la necessità che la contrattazione collettiva disciplini le regole specifiche per i lavoratori disabili, distinguendo le assenze ordinarie da quelle correlate alla disabilità e fissando prassi di accomodamento ragionevole. In questa prospettiva si aprono diversi possibili scenari futuri:

  • Prolungamento dei limiti massimi di comporto per i lavoratori disabili
  • Esclusione dal computo delle assenze direttamente riconducibili a condizioni invalidanti certificate
  • Ridefinizione dei criteri di prova e oneri informativi a carico del datore di lavoro e del dipendente
  • Implicazioni di carattere economico, quali la ripartizione degli oneri fra datore di lavoro e istituti assicurativi o previdenziali
Le parti sociali sono chiamate a rimodulare gli strumenti contrattuali, favorendo una cultura organizzativa rispettosa delle diversità e allineata con i più avanzati standard europei. Il dialogo in sede di rinnovo contrattuale e la giurisprudenza di merito continueranno a svolgere un ruolo determinante nel delineare prassi e soluzioni operative che valorizzino realmente il diritto al lavoro e la dignità della persona, promuovendo un modello sostenibile per tutti gli attori coinvolti.
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