Il verbale di un'assemblea condominiale è sempre obbligatorio anche quando in prima convocazione va deserta, altrimenti le delibere successive sono annullabili: cosa ha stabilito di recente il Tribunale di Salerno.
L’organizzazione delle assemblee condominiali si basa su un sistema articolato di convocazioni, disciplinato dettagliatamente dal Codice Civile, che stabilisce precisi passaggi formali mirati a regolare il processo decisionale collettivo nei condomini e a prevenire contenziosi tra i partecipanti.
L’assemblea rappresenta il principale organo deliberativo della comunità condominiale, chiamata a deliberare su questioni che spaziano dalla gestione ordinaria alla modifica delle parti comuni. La normativa impone trasparenza e rispetto delle regole procedurali, elementi che tutelano l’effettivo coinvolgimento di tutti i partecipanti.
Il Codice Civile distingue nettamente tra prima e seconda convocazione dell’assemblea condominiale, individuando specifici requisiti per la loro valida costituzione e per l’adozione delle delibere.
L’avviso di convocazione deve indicare con precisione luogo e ora di entrambe le sedute, rendendo così noto in anticipo ai condomini l’intero iter assembleare. Nella prima convocazione, la partecipazione richiesta è particolarmente elevata: occorre la presenza di condomini che rappresentino i due terzi del valore millesimale dell’edificio e la maggioranza dei partecipanti.
Le deliberazioni in tale sede sono valide con il voto della maggioranza degli intervenuti che possiedano almeno la metà del valore dell’edificio. Data la difficoltà pratica di raggiungere tali soglie, specialmente nelle realtà di medie e grandi dimensioni, la seconda convocazione riveste un ruolo determinante.
La seconda convocazione può tenersi in un giorno successivo, e non oltre dieci giorni dalla prima, e richiede la presenza di almeno un terzo del valore millesimale e un terzo dei partecipanti. Il quorum deliberativo è notevolmente più basso, consentendo una maggiore agilità decisionale.
Tuttavia, la possibilità di deliberare con soglie ridotte in seconda convocazione non è libera, ma subordinata all’assenza dei quorum richiesti nella prima. Proprio questa subordinazione impone la necessità di una chiara prova documentale della diserzione della prima seduta.
Il verbale dell’assemblea condominiale rappresenta il documento ufficiale che fotografa le dinamiche e gli esiti della riunione. Secondo la normativa vigente, l’amministratore è tenuto non solo a redigere tempestivamente il verbale, ma anche a garantirne la conservazione nell’apposito registro. Il documento deve riportare dettagliatamente i dati relativi a data, ora e luogo dell’adunanza, ordine del giorno, presenze, deleghe, verifica dei quorum, resoconto essenziale delle discussioni, votazioni e deliberazioni.
Il verbale dell'assemblea ha una funzione probatoria fino a querela di falso, consentendo a ogni condomino, compresi assenti, astenuti e dissenzienti, di conoscere le decisioni adottate e i presupposti delle stesse. L’accesso a un verbale completo e aggiornato garantisce la possibilità di impugnare eventuali delibere nulle o annullabili entro i termini di legge.
Il verbale della mancata costituzione dell’assemblea in prima convocazione, anche in forma sintetica, è una condizione necessaria per l’efficacia delle delibere adottate successivamente.
Le sentenze recenti evidenziano che la verbalizzazione della prima convocazione anche andata deserta rappresenta la sola prova opponibile che legittima il ricorso alle maggioranze ridotte previste dalla seconda convocazione. La mancata trascrizione di tale circostanza priva i condomini della possibilità di verificare la regolarità del procedimento e pregiudica la trasparenza della gestione.
Una svolta significativa proviene dalla sentenza 3374/2025 del Tribunale di Salerno, che ha dato risalto alle conseguenze della mancata attestazione della diserzione della prima convocazione. Nella fattispecie esaminata, il Giudice ha sottolineato che l’assenza della documentazione relativa alla prima seduta comporta l’impossibilità di applicare i quorum ridotti propri della seconda, con rilevanti conseguenze per la validità delle delibere adottate.
La sentenza ha affermato che, senza la prova documentale del mancato raggiungimento dei quorum in prima convocazione dell'assemblea, l’intera catena procedurale si interrompe. Ne consegue che ogni decisione assunta in base a presunte maggioranze semplificate viene privata di legittimità, dovendosi invece applicare i rigorosi parametri richiesti per la prima convocazione.
I tribunali, in tale contesto, pongono l’accento sull’importanza di evitare “scorciatoie” formali che rischiano di eludere la corretta partecipazione dei condomini aventi diritto.
Numerosi tribunali, tra cui Terni, Salerno e Siracusa, si sono espressi coerentemente su questa linea, valorizzando l’esigenza di garantire la trasparenza e la piena tracciabilità delle procedure. Si tratta di un approccio che vede nella valorizzazione delle formalità un baluardo contro tentativi di elusione delle regole sulle maggioranze e un sostegno concreto alla possibilità di tutela dei diritti dei condomini dissenzienti o assenti.
In assenza della prova della diserzione dell’assemblea in prima convocazione, tutte le delibere adottate nella seduta successiva risultano annullabili. L’effetto giuridico dell’omissione non determina la nullità automatica della delibera, ma consente a ciascun condomino, sia esso assente, dissenziente o astenuto, di impugnare la decisione entro trenta giorni dalla comunicazione del verbale.
Il procedimento di impugnazione mira alla dichiarazione giudiziale dell’annullabilità. Oltre all’annullamento delle delibere, l’irregolarità può generare contenziosi che coinvolgono l’amministrazione e possono avere ricadute economiche sulle spese già deliberate o eseguite.