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Shein multata dall'Antitrust: 1 milione di euro per greenwashing e messaggi ingannevoli sull'ambiente

di Marcello Tansini pubblicato il
Greenwashing e pratiche commerciali scor

Shein si trova al centro di un caso emblematico dopo la multa da 1 milione di euro inflitta dall'Antitrust per greenwashing. Tra pratiche commerciali contestate, comunicazione ambientale e impatti sul fast fashion, emergono domande sulla trasparenza e le scelte future del brand.

L'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha imposto una sanzione di 1 milione di euro alla società che gestisce i canali europei del noto marchio cinese di moda rapida. Al centro del provvedimento vi sono messaggi pubblicitari e dichiarazioni ritenuti ingannevoli sull'impegno ambientale collegati alla vendita dei prodotti, fatti circolare principalmente attraverso specifiche sezioni del sito italiano. La vicenda ha richiamato l'attenzione su uno dei più rilevanti operatori nel settore fast fashion, già storico bersaglio di critiche legate all'impatto sociale e ambientale del suo modello produttivo.

L'AGCM ha registrato, nelle recenti pratiche della piattaforma, una serie di affermazioni che – attraverso comunicati, campagne e descrizioni – promettevano sostenibilità senza adeguati riscontri oggettivi. Attraverso questa sanzione, le autorità italiane hanno inteso rafforzare la tutela dei consumatori, puntando al principio della trasparenza nelle comunicazioni commerciali su pratiche ambientali. Il caso evidenzia come l'attenzione di regolatori e pubblico verso la sostenibilità delle iniziative d'impresa sia ormai imprescindibile, anche alla luce dei nuovi scenari normativi europei.

Le motivazioni della multa: greenwashing e pratiche commerciali scorrette

L'AGCM ha evidenziato nel suo provvedimento una serie di green claim fuorvianti e omissivi diffusi dalla piattaforma nella promozione e vendita di abbigliamento. In particolare, le comunicazioni analizzate facevano leva su termini quali “progettazione di un sistema circolare”, “riduzione dell'impatto ambientale”, e il ricorso a materiali definiti ecosostenibili, senza fornire informazioni chiare e verificabili sui vantaggi concreti lungo tutto il ciclo di vita dei prodotti. Tra i principali rilievi emersi:

  • Assenza di dati, certificazioni o prove concrete a sostegno delle dichiarazioni ambientali
  • Uso di messaggi generici e eccessivamente enfatici su sostenibilità e impatto dei tessuti
  • Comunicazioni suggerivano un livello di circolarità e riciclabilità non corrispondente alla realtà dei prodotti e delle tecnologie attuali
  • Presentazione fuorviante delle linee e iniziative “green”, che risultano invece marginali rispetto al volume complessivo della produzione
  • Obiettivi di abbattimento delle emissioni di gas serra indicati in termini vaghi e smentiti dai dati più recenti, che segnalano un aumento per il 2023 e il 2024
Questi elementi configurano una condotta classificata dall'AGCM come pratica commerciale scorretta, nel senso del Codice del Consumo, perché idonea a influenzare indebitamente le scelte dei consumatori e alterare il gioco della concorrenza. È stato inoltre sottolineato che, per su un operatore inserito in un comparto ad alto impatto come il fast fashion, si applica un più elevato standard di diligenza comunicativa, dato l'effetto moltiplicatore delle informazioni diffuse sul pubblico.

I claim ambientali di Shein: tra comunicazione e realtà

La strategia di comunicazione aziendale di Shein ha messo ampiamente in risalto la tematica della sostenibilità, facendo ricorso a slogan e diciture dal tono ambientale. Le sezioni principali oggetto di analisi sono state “#SHEINTHEKNOW”, “evoluSHEIN” e quella intitolata “Responsabilità sociale”. L'Antitrust ha rilevato che le affermazioni in esse contenute risultavano spesso vaghe, generiche e non supportate da elementi tecnici o scientifici; ciò ha determinato un rischio concreto che il pubblico traesse conclusioni ingannevoli circa l'effettivo impegno della piattaforma nella riduzione dell'impatto ambientale.

Le iniziative presentate bene esemplificano come, in assenza di trasparenza e di informazioni puntuali circa le percentuali di fibre riciclate utilizzate, il ciclo di recupero dei materiali o il reale abbattimento delle emissioni, la comunicazione rischi di presentare una “facciata green” scollegata dai dati reali. Il ricorso a claim ambientali non dettagliati, in particolare se associati a un'azienda con produzione su vasta scala e tempi accelerati, è stato pertanto sanzionato come idoneo a sviare le scelte dei consumatori, in un contesto dove la domanda di prodotti realmente sostenibili è in continuo incremento.

#SHEINTHEKNOW e la presunta circolarità

All'interno della sezione “#SHEINTHEKNOW”, sono stati diffusi slogan sulla progettazione circolare e la riciclabilità dei capi, messi in rilievo come elemento differenziante. L'analisi dell'AGCM ha dimostrato che simili affermazioni mancavano di basi oggettive – sia rispetto all'effettivo livello di circolarità implementato, sia rispetto all'accessibilità, ad oggi, di tecnologie di riciclo tali da garantire una piena compatibilità con le dichiarazioni.

Tale difformità tra comunicazione e possibilità concrete ha generato una situazione potenzialmente ingannevole, alimentando aspettative non supportate presso l'opinione pubblica e i clienti, che non dispongono di elementi per verificare autonomamente la veridicità delle promesse ambientali dell'azienda.

La linea evoluSHEIN by Design: promesse e limiti

Un ulteriore elemento al centro delle verifiche riguarda l'iniziativa “evoluSHEIN by Design”, presentata come collezione pilota orientata all'uso di materiali riciclati e alla riduzione del danno ambientale. L'AGCM contesta la mancanza di informazioni precise sulle tipologie di fibre utilizzate, sulla provenienza dei materiali, e sull'impatto misurato lungo il ciclo di vita dei capi.

Inoltre, il volume effettivo di prodotti afferenti a questa linea rispetto alla produzione globale risulta esiguo. Ne deriva un effetto di amplificazione indebita di buone pratiche minoritarie, che nella comunicazione pubblica diventano protagoniste, mentre rimangono marginali nella realtà produttiva.

Responsabilità sociale e riduzione delle emissioni: dati e controversie

Nella sezione “Responsabilità sociale”, la piattaforma ha pubblicato obiettivi climatici, come il taglio del 25% delle emissioni entro il 2030 e la neutralità prevista entro il 2050. Queste dichiarazioni sono state considerate insufficientemente circostanziate: né i metodi di calcolo, né l'andamento effettivo degli indicatori ambientali nel biennio più recente risultano coerenti con le affermazioni promozionali.

Il dato più rilevante emerso dagli atti istruttori riguarda, infatti, l'aumento delle emissioni totali nel 2023 e 2024, in contrapposizione con le promesse di riduzione. Tale situazione evidenzia una disconnessione tra la narrazione proposta al pubblico e le performance documentate, alimentando controversie tra azienda e istituzioni di controllo.

L'impatto sul mercato del fast fashion e la centralità della trasparenza

L'iniziativa sanzionatoria adottata in Italia si inserisce in una più ampia discussione europea e globale sui modelli di business del fast fashion. La crescita del comparto ha avuto ricadute considerevoli sia in termini di impatto ambientale che di cambiate abitudini di consumo, con un'accelerazione nella rotazione dei capi e nell'obsolescenza programmata. L'episodio ha reso ancora più pressante il tema della trasparenza informativa e della corretta comunicazione circa la sostenibilità reale delle filiere e dei prodotti. A tal fine, nell'Unione Europea si discute da anni di una regolamentazione più stringente sulle green claims, con l'obiettivo di:

  • Garantire informazioni verificabili e comparabili ai consumatori
  • Promuovere filiere produttive che adottino pratiche e materiali sostenibili, realmente tracciati e certificati
  • Contrastare ogni forma di ecologismo di facciata
Secondo molti osservatori, il caso Shein rappresenta un precedente che potrebbe innescare ulteriori verifiche a tappeto e rafforzare la posizione dei regolatori. Anche le strategie comunicative dei giganti dell'abbigliamento dovranno adattarsi a nuovi standard di rendicontazione e chiarezza, in linea con le aspettative del mercato e dei regolamenti che entreranno in vigore nei prossimi anni.

Le reazioni delle associazioni dei consumatori e il precedente per il settore

La decisione dell'AGCM è stata accolta con soddisfazione da parte delle principali associazioni dei consumatori, tra cui Codacons e Altroconsumo. Tali organizzazioni hanno sottolineato come i green claims non verificati possano deviare significativamente le scelte di acquisto, sottraendo consapevolezza ai processi decisionali e alterando in modo diretto il mercato. I

l provvedimento è stato indicato come esemplare per il settore ed è richiesta una linea ugualmente severa verso tutte le realtà che adottano comunicazioni ambientali non trasparenti. Altroconsumo ha richiamato l'attenzione sulle tecniche commerciali – spesso definite “dark pattern” – applicate nel mondo fast fashion, auspicando un controllo sistematico delle strategie digitali, informative e promozionali.

Secondo queste associazioni, l'applicazione della normativa UE sulle pratiche ingannevoli potrà fungere da deterrente per ulteriori abusi nel mercato dell'abbigliamento e proteggere realmente le scelte dei cittadini.

La posizione di Shein e le prospettive future

La società destinataria della sanzione ha dichiarato di aver collaborato con l'AGCM durante l'istruttoria e di aver prontamente adottato misure di correzione sui propri canali comunicativi, aggiornando le dichiarazioni e revisionando i processi interni di controllo delle informazioni ambientali. Secondo esponenti aziendali, il proprio modello di business sarebbe concepito per allineare le produzioni alla domanda reale, minimizzando gli sprechi legati agli invenduti rispetto all'industria tradizionale.

Sono state inoltre ribadite intenzioni di rafforzare ulteriormente le comunicazioni in materia di impatto ambientale, puntando su certificazioni di terze parti e iniziative filantropiche a livello internazionale. Tuttavia, il futuro dell'azienda nel panorama europeo appare sempre più connesso alla capacità di adattarsi a criteri di trasparenza, rendicontazione e coerenza rispetto alle normative emergenti.