La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell'infermiere, stabilendo il diritto alla retribuzione per le ore straordinarie svolte, anche in assenza di autorizzazioni formali.
La Corte di Cassazione ha emesso una sentenza che potrebbe avere ampie ripercussioni per i lavoratori del settore pubblico. Con la decisione del 28 giugno 2024, la Suprema Corte ha accolto il ricorso presentato da un infermiere dell'Ospedale di Reggio Calabria, sancendo il diritto alla retribuzione per le ore straordinarie svolte, anche in assenza di autorizzazioni formali.
Questa sentenza, che si basa sull'articolo 36 della Costituzione, stabilisce un precedente importante. L'infermiere, che aveva lavorato oltre il normale orario senza le necessarie autorizzazioni regionali, ha ora diritto al pagamento delle ore aggiuntive. La decisione si estende a tutto il personale del pubblico impiego, non limitandosi solo ai dipendenti del comparto Sanità.
Con questa pronuncia, la Corte di Cassazione ha chiarito che i lavoratori hanno il diritto di essere remunerati per il lavoro effettivamente svolto, al di là della presenza di autorizzazioni preventive. Questo verdetto potrebbe influenzare numerosi casi simili, rafforzando la tutela dei diritti dei dipendenti pubblici in Italia. Vediamo i dettagli:
Inizialmente la Corte d’Appello di Reggio Calabria, ribaltando la decisione del Tribunale di Locri, aveva revocato il decreto ingiuntivo. La Corte sosteneva che il caso non rientrava nella contrattazione collettiva nazionale del comparto sanitario, ma nel decreto legge 402 del 2001. Questa normativa richiede l’autorizzazione regionale, particolari condizioni soggettive e una contrattazione tariffaria specifica, condizioni che non erano state dimostrate dall’infermiere. La Corte d’Appello aveva quindi rigettato la domanda, citando anche i vincoli di bilancio che avevano ridotto gli impegni di spesa.
L’infermiere ha poi presentato ricorso per Cassazione, argomentando che le prestazioni erano svolte su incarico dell’ASP. Nel ricorso denunciava la violazione di vari articoli del Codice di procedura civile e del Codice civile, nonché della Costituzione, sottolineando che le prestazioni erano state eseguite su richiesta dell’Azienda.
La sentenza della Corte di Cassazione sul lavoro straordinario si basa su principi giuridici chiari e consolidati. La Corte ha richiamato l'articolo 2126 del Codice civile, secondo il quale il lavoro prestato con il consenso del datore di lavoro deve essere retribuito. Questo principio vale anche quando il consenso non è formalmente espresso, ma implicito nel comportamento del datore di lavoro. Nel caso specifico, l'ASP di Reggio Calabria aveva implicitamente accettato le prestazioni aggiuntive dell'infermiere, incaricandolo di svolgere il servizio di dialisi estiva.
La Cassazione ha poi chiarito che il diritto alla retribuzione per il lavoro straordinario non può essere negato a causa di irregolarità amministrative o violazioni dei limiti di spesa pubblica. La contrattazione collettiva, che stabilisce le condizioni e le modalità di retribuzione per il lavoro straordinario, deve essere rispettata. Di conseguenza, l'infermiere ha diritto alla remunerazione per le ore aggiuntive lavorate, in linea con le tariffe e le condizioni previste dal contratto collettivo nazionale del comparto sanitario.
Infine, la Corte ha sottolineato che le conseguenze della mancata conformità alle regole di spesa non devono ricadere sui lavoratori, ma sui funzionari responsabili delle irregolarità amministrative. In altre parole, eventuali errori o omissioni nell'ottenimento delle necessarie autorizzazioni o nel rispetto dei vincoli di bilancio devono essere imputati ai dirigenti o ai funzionari competenti, e non ai lavoratori che hanno svolto il loro dovere su richiesta dell'azienda.