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Tasse locali, quando aziende e partite IVA in difficoltà o crisi possono non pagarle secondo sentenze tribunali

di Marcello Tansini pubblicato il
Nuove sentenze tribunali

Le novità sulle tasse locali per aziende e partite IVA in crisi, le sentenze più recenti, le procedure di riduzione dei tributi, l'impatto delle riforme e le criticità per Comuni e contribuenti.

Negli ultimi anni, la gestione dei tributi locali da parte delle aziende in difficoltà economica ha attirato un crescente interesse. Recenti pronunce giudiziarie hanno aperto nuovi scenari, prevedendo la possibilità di ottenere una riduzione degli oneri dovuti verso Comuni, Province e Regioni mediante strumenti giuridici evoluti. Tradizionalmente, la possibilità di intervenire sulle imposte statali - come IRPEF, IVA o IRES - era già prevista in caso di ristrutturazione dei debiti, mentre rimanevano escluse IMU, TARI e altre imposte locali.

Questa evoluzione normativa si inserisce in una cornice in cui il legislatore, sostenuto da diverse sentenze, mira da un lato a tutelare la continuità delle attività produttive, dall'altro a garantire agli enti locali un recupero, almeno parziale, dei propri crediti, evitando i rischi della mancata riscossione.

L'argomento centrale riguarda la modalità di applicazione di uno sconto sulle tasse locali, che interessa in particolare la platea delle imprese e dei titolari di partita IVA coinvolti in procedure di ristrutturazione dei debiti. Le divergenze interpretative tra vari Tribunali e sezioni della Corte dei Conti sottolineano una situazione ancora fluida, in cui l'assenza di riferimenti normativi chiari ha reso necessario l'intervento della giurisprudenza. In attesa dei decreti attuativi previsti dal nuovo quadro di riforma fiscale, le aspettative degli operatori economici restano legate ai criteri che saranno adottati per garantire uniformità e sicurezza ai procedimenti di riduzione o rateizzazione dei tributi.

Il quadro normativo attuale e le sentenze più recenti: quando si possono ridurre i tributi locali?

Il tema della riduzione dei tributi locali per aziende in stato di crisi viene affrontato da pronunce che pongono in discussione il rigido principio dell'indisponibilità del credito tributario.

Una svolta arriva dalla sentenza del Tribunale di Forlì del 14 agosto 2025. Secondo il giudice romagnolo, entro l'ambito degli Accordi di Ristrutturazione dei Debiti (Adr) - procedimenti previsti dal Codice della Crisi d'Impresa -, le riduzioni delle passività non solo sono possibili, ma diventano strategiche anche per la Pubblica Amministrazione. Ciò, però, ad una condizione: l'accordo deve risultare più vantaggioso per l'ente rispetto all'esito che avrebbe in caso di fallimento dell'azienda.

Interpretazioni simili sono state fatte proprie, con alcune varianti, da sezioni regionali della Corte dei Conti, come quella toscana, la quale ha sottolineato il valore pragmatico di una politica di conciliazione, opponendosi alla linea più restrittiva seguita dalla sezione lombarda. In particolare, quest'ultima, in una delibera del 24 dicembre 2024, ha escluso la possibilità di accordi sulle tasse locali in sede di Composizione Negoziata della Crisi, generando così un forte disallineamento interpretativo.

Questa incertezza normativa alimenta il rischio di trattamenti differenti a seconda delle procedure attivate e della giurisdizione locale, con ripercussioni per Comuni e contribuenti. Da una parte si cerca di evitare il paradosso di una protezione dei crediti locali superiore rispetto agli erariali, dall'altra si richiede l'introduzione di linee guida omogenee e certe. Tale variabilità implica che la possibilità di godere di sconti sui tributi locali non è ancora garantita in tutte le situazioni, e dipende da una serie di parametri non sempre facilmente prevedibili.

Accordi di Ristrutturazione dei Debiti (Adr) e convenienza per gli enti locali

L'inserimento dei tributi locali tra le passività oggetto di Adr si fonda su un principio di efficienza economica. La regola chiave, recepita dal Tribunale di Forlì, stabilisce che il Comune possa accordare sconti se tale scelta assicura un recupero migliore rispetto a quanto incasserebbe nel caso di procedura concorsuale liquidatoria.

Gli Enti Pubblici si trovano così a valutare accordi sulla base della cosiddetta "convenienza finanziaria", che va calcolata considerando le prospettive di incasso effettivo in assenza di un'intesa. Se la collaborazione con l'imprenditore in crisi permette di preservare attività produttive e posti di lavoro, ciò comporta vantaggi sociali e fiscali che superano il mero interesse contabile. Emerge allora che:

  • La verifica della convenienza resta tuttavia soggetta a valutazione caso per caso, in relazione alle prospettive della procedura.
  • L'ente pubblico mantiene margini di negoziazione, ma è vincolato a perseguire il miglior risultato nell'interesse della collettività.
  • Il nuovo approccio offre quindi strumenti operativi a Comuni e aziende, ma lascia aperta la questione della coerenza tra le scelte locali e i limiti imposti a livello nazionale.

Differenze tra procedure: transazione fiscale, composizione negoziata e incertezze giurisprudenziali

Nel panorama delle soluzioni per crisi d'impresa, le procedure disponibili presentano sostanziali differenze. La "transazione fiscale" è disciplinata in modo esplicito dal D.lgs 446/1997 e da successive riforme, e consente di intervenire sui debiti fiscali statali attraverso una trattativa che può portare a un accordo, talvolta omologato dal giudice, per la riduzione dell'esposizione debitoria.

I tributi locali, per molto tempo, sono stati considerati "non transigibili", in assenza di una normativa specifica. L'orientamento più rigido si è però incrinato a seguito di diverse sentenze, che hanno affermato il principio secondo cui anche i Comuni possono trovare soluzioni conciliative, purché nel rispetto di condizioni precise e della parità di trattamento tra creditori pubblici.

La Composizione Negoziata rimane invece una procedura meno codificata, nella quale la giurisprudenza attuale tende a non prevedere sconti sui tributi locali. Le incertezze giurisprudenziali generano situazioni fortemente disomogenee, soprattutto in attesa della piena operatività delle novità previste dalla riforma fiscale.

L'esistenza di diversi percorsi processuali e criteri applicativi mette in rilievo la necessità di un intervento normativo uniforme che possa garantire la certezza del diritto sia per i soggetti in crisi che per gli enti impositori.

Come cambierà la gestione dei debiti locali: impatti della riforma fiscale e decreti attuativi in arrivo

L'approvazione del DDL delega per la Riforma Fiscale e i successivi passaggi normativi rappresentano il tentativo di superare definitivamente le ambiguità che hanno caratterizzato il sistema fino ad oggi. Le disposizioni contenute nel cosiddetto “decreto sul federalismo fiscale”—articolo 5—prevedono l'applicazione della disciplina già vigente per i tributi erariali anche a IMU, TARI e ad altre imposte di competenza locale.

L'aspetto rivoluzionario sarà l'introduzione del meccanismo del “cram down”: tale strumento potrà, in determinati casi, costringere il Comune ad accettare una ristrutturazione forzata del debito se il giudice lo ritiene preferibile rispetto alla soluzione liquidatoria.

Dal punto di vista delle aziende, queste misure consentiranno di pianificare percorsi di rientro personalizzati, anche attraverso riduzioni dell'importo dovuto, ricevendo pari trattamento rispetto ai debiti erariali. Le amministrazioni locali potranno beneficiare di flussi finanziari certi e regolari, evitando gli effetti negativi della riscossione coattiva intempestiva e spesso infruttuosa.

Gli operatori attendono ora i decreti attuativi, che definiranno in dettaglio criteri, modalità e tempistiche di accesso alle nuove misure. Il Governo ha fissato il termine del 29 agosto 2026 per la piena implementazione delle novità introdotte.

Permane l'esigenza di assicurare un coordinamento efficace tra i nuovi regolamenti statali e le normative locali già vigenti, per evitare sovrapposizioni e conflitti normativi che potrebbero ostacolare l'effettivo utilizzo delle nuove possibilità.

La rateizzazione e la riduzione di IMU, TARI e altri tributi locali: requisiti e condizioni per le imprese in crisi

La riforma fiscale offre alle imprese in crisi strumenti per la gestione dei debiti locali, prevendendo la possibilità di chiedere rateizzazioni e riduzioni, ma solo qualora sia accertato lo stato di difficoltà tramite le procedure previste dal Codice della Crisi. In pratica:

Tributo Locale

Possibilità di Sconto/Rateizzazione

Condizione

IMU

Avvio procedura crisi e presentazione documentazione

TARI

Stato di difficoltà e attivazione Codice crisi

Altri Tributi (TOSAP, ICP, etc.)

Valutazione caso per caso

Richiesta motivata

Il principio adottato è quello della parità tra crediti statali e locali, con la finalità sia di sostenere l'economia sia di assicurare entrate minime agli enti pubblici. L'implementazione pratica delle misure resta sospesa fino all'emanazione dei decreti di dettaglio, che dovranno specificare importi minimi, numero massimo di rate e possibilità di riduzione delle sanzioni e degli interessi.

Le definizioni agevolate, premi per adempimento spontaneo e sconti con addebito diretto

Le definizioni agevolate rappresentano una delle novità più attese della nuova stagione fiscale regionale e locale. Gli enti potranno promuovere autonomamente modalità di "regolarizzazione" dei versamenti, offrendo sgravi su sanzioni e interessi nei casi di pagamento tempestivo in seguito a comunicazione bonaria da parte dell'ufficio tributi.

  • Sono inoltre previsti "premi" per coloro che optano per l'addebito diretto degli importi dovuti sul proprio conto corrente, con una possibile riduzione fino al 5% secondo le prime bozze.
  • Il ravvedimento operoso e la compliance verranno favoriti tramite procedure semplificate di accordo rivolte a chi intende regolarizzare spontaneamente la posizione.
L'obiettivo dichiarato è quello di ridurre il carico amministrativo e migliorare la compliance fiscale, incentivando comportamenti virtuosi grazie a strumenti più flessibili e premianti.

Le criticità e i rischi di disparità: dubbi applicativi e futuro per Comuni e contribuenti

Nonostante le riforme annunciate, permangono alcune criticità sostanziali. La principale riguarda la coesistenza di regolamenti differenti tra i vari enti locali, che rischia di amplificare la disparità di trattamento tra contribuenti sulle stesse tipologie di tributo.

La complessità del quadro normativo può inoltre generare dubbi nell'applicazione concreta delle agevolazioni, specie nella fase transitoria tra approvazione della legge e piena attuazione delle disposizioni attuative. I Comuni, da parte loro, esprimono preoccupazione per l'erosione del gettito e per la necessità di strumenti di controllo efficaci in presenza di maggiore autonomia concessa alle imprese in difficoltà.

  • La gestione delle richieste di agevolazione richiederà formazione e aggiornamento normativo costante agli uffici tributi.
  • Il rischio di contenzioso resta elevato se non verranno adottati criteri interpretativi condivisi da tutte le giurisdizioni territoriali.
Sarà quindi compito del legislatore e delle istituzioni di coordinamento nazionale assicurare regole chiare, trasparenti e tali da favorire la fiducia sia delle imprese sia delle amministrazioni pubbliche, garantendo un equilibrio tra tutela dei diritti dei contribuenti e sostenibilità delle finanze degli enti locali.