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Gli investimenti green, sociali ed ESG danno realmente maggiori rendimenti? Facciamo chiarezza

Tra miti e dati concreti, gli investimenti green, sociali ed ESG vengono esaminati attraverso rendimenti, rischi, volatilitŕ, limiti e ruolo della regolamentazione per comprendere quanto siano vantaggiosi.

Autore: Marcello Tansini
pubblicato il
Gli investimenti green, sociali ed ESG d

L'attenzione verso i temi ambientali, sociali e di governance ha incentivato investitori istituzionali e privati a cercare alternative agli investimenti tradizionali. Effetti della pressione regolamentare, innovazioni tecnologiche e sensibilizzazione collettiva hanno portato fondi, ETF e strumenti obbligazionari green sotto le luci della ribalta.

Tuttavia, nonostante l'enorme diffusione, non sempre è facile valutare la reale efficacia e la capacità di generare extra rendimenti delle soluzioni sostenibili rispetto a quelle classiche. In un contesto economico mutato, fatto di crisi energetiche e cambiamenti geopolitici, è necessario analizzare i dati concreti per distinguere tra narrazioni di marketing ed effettiva solidità degli investimenti green e SFG. Questo approfondimento si propone di offrire una panoramica dettagliata delle opportunità e delle criticità legate a questa categoria di prodotti finanziari.

Cosa sono investimenti green, sociali ed SFG e criteri ESG/SRI

Il concetto di investimenti sostenibili affonda le proprie radici nell'integrazione di parametri ambientali, sociali e di governance responsabile nella selezione dei titoli o nella costruzione di prodotti finanziari. L'approccio green privilegia l'esclusione di società con impatti negativi sul clima, sulle risorse naturali o sui diritti umani, mentre l'acronimo ESG (Environmental, Social, Governance) sintetizza criteri ormai al centro delle decisioni di asset allocation globale.

Accanto all'ESG si afferma il paradigma SRI (Socially Responsible Investing), in cui gli investimenti sono filtrati anche secondo principi etici e responsabilità sociale, con attenzione alle ricadute su comunità e stakeholder. Inoltre, la normativa europea SFDR (Sustainable Finance Disclosure Regulation) ha fissato parametri più stringenti sulla trasparenza, classificando i fondi in base al reale livello di integrazione dei criteri di sostenibilità (art.6, art.8, art.9):

  • Investimenti green: puntano su aziende e progetti orientati alla decarbonizzazione e alla tutela ambientale, spesso tramite fondi, ETF o green bond.

  • Investimenti sociali: favoriscono realtà impegnate su inclusione sociale, diritti dei lavoratori, parità di genere e impatto positivo sulle comunità.

  • Investimenti SFG (Sostenibili, Responsabili e di Governance): racchiudono una visione integrata di sostenibilità, trasparenza e integrità della gestione.

I principali vantaggi attribuiti a queste soluzioni includono la riduzione del rischio reputazionale, la resilienza ai cambiamenti normativi e la capacità di intercettare trend di crescita secolare legati alla transizione ecologica e sociale.

Analisi dei rendimenti: i dati reali tra miti e realtà

La questione dei rendimenti rappresenta il fulcro di ogni valutazione sugli investimenti orientati alla sostenibilità. Negli ultimi anni, le performance dei prodotti green e ESG sono state spesso presentate come superiori a quelle tradizionali, alimentando aspettative di extra rendimenti. Tuttavia, una lettura attenta dei dati suggerisce un quadro più sfumato.

Diversi studi, inclusi quelli condotti da provider come JustEtf e Morningstar, mostrano come negli ultimi periodi, soprattutto dal 2022 in poi, l'andamento dei fondi ESG sia stato penalizzato dal calo delle energie rinnovabili rispetto alle fonti tradizionali e dalla maggiore esposizione a settori particolarmente volatili. Un confronto tra ETF globali generalisti e corrispettivi SRI evidenzia:

  • Negli ultimi 12 mesi i rendimenti degli indici tradizionali hanno spesso superato quelli ESG (es. +10,8% contro +4,1% su base annua per alcuni benchmark globali).

  • Sull'orizzonte quinquennale, l'ETF generalista ha avuto rendimenti totali superiori (+100%) rispetto al comparto SRI (+75%).

  • L'aggiunta di criteri ESG non garantisce sistematicamente una volatilità inferiore, anzi in taluni casi l'indice ESG mostra maggiori oscillazioni.

Esistono inoltre contesti temporali – come quello del 2021 – nei quali la finanza sostenibile ha sovraperformato, ma la tendenza recente è opposta. Il mito dell'extra rendimento automatico appare dunque ridimensionato. L'analisi multifattoriale suggerisce che il valore aggiunto degli investimenti ESG risiede nella diversificazione e nella protezione dal rischio specifico, più che nella promessa di rendimenti superiori costanti.

La variabilità delle performance dipende anche dalle definizioni, dalla composizione degli indici di riferimento e dalla presenza di titoli «borderline» che, pur in apparenza sostenibili, non evidenziano un reale impatto ambientale positivo.

Gli ETF green e i fondi ESG: performance a confronto

Approfondendo il segmento degli ETF e dei fondi sostenibili, emerge come la competizione sia agguerrita soprattutto tra strumenti passivi replicanti indici tematici e fondi attivi a gestione specializzata. Analizzando i dati forniti da Fida e Morningstar:

  • Nel periodo 2020-2025, solo pochi fondi ESG sono riusciti a battere i rispettivi benchmark globali generalisti: la percentuale di sovraperformance resta minoritaria, di norma riferibile a comparti tematici o a gestione attiva focalizzata su nicchie industriali.

  • L'universo dei fondi etichettati come sostenibili è cresciuto di oltre il 60%, complice la facilità di ottenere classificazioni ESG secondo la regolamentazione SFDR.

  • I prodotti con maggiore purezza tematica (ovvero, con una quota rilevante di partecipazioni realmente green o sociali) hanno evidenziato un livello di active share superiore al 90%, distanza significativa rispetto all'indice tradizionale, ma non sempre accompagnata da extra performance durevoli.

Tipologia Fondo/ETF

Rendimento 5 anni

Costi medi

ETF globali tradizionali

100%

0,2% - 0,5%

ETF e fondi ESG

75% - 114%*

0,3% - 1,5%

La scelta tra gestito e passivo dipende quindi da preferenze personali, profilo di rischio e obiettivi specifici.

Rischi, volatilità e resilienza degli investimenti sostenibili

L'integrazione di criteri ambientali e sociali promette una migliore tenuta dei portafogli negli scenari di crisi, ma questa risultanza non è universale. L'esperienza degli ultimi anni mostra che la volatilità degli investimenti sostenibili può essere superiore a quella delle alternative tradizionali, specie in fasi di shock energetici o instabilità politica.

Tra i rischi da considerare:

  • Volatilità settoriale: molti fondi green sono fortemente concentrati in industrie cicliche (energie rinnovabili, tecnologia, automotive), risultando sensibili a politiche governative e prezzo delle materie prime.

  • Dipendenza da incentivi pubblici: la redditività di numerose aziende green è subordinata ai sussidi o agli incentivi fiscali, la cui revisione può colpire margini e valori di mercato.

  • Influenza delle normative locali e internazionali: cambi normativi rapidi possono alterare la composizione degli indici e la resistenza di singoli comparti.

L'analisi storica delle crisi suggerisce che i comparti ESG hanno registrato perdite leggermente inferiori nei momenti peggiori, beneficiando di una selezione ex ante di società più solide sul fronte governance e gestione rischio. Tuttavia, nel medio periodo le differenze si sono riequilibrate.

  • Diversificazione e selezione attiva rimangono fattori essenziali per ridurre l'esposizione a rischi specifici e sfruttare le occasioni di resilienza offerte dalla transizione green.

Greenwashing ed etichette: i limiti della sostenibilità finanziaria

L'espansione della finanza ESG è stata accompagnata da un fenomeno di eccesso di etichettature e casi di greenwashing, ovvero la presentazione di prodotti come sostenibili senza un reale allineamento ai principi dichiarati. Secondo i dati ESMA, la percentuale di fondi autoqualificatisi ESG è aumentata al 40% dopo la regolamentazione SFDR, senza un uguale incremento di trasparenza sui sottostanti.

Tra le criticità segnalate:

  • Definizioni ampie e poco rigorose: le strategie ESG possono includere titoli «borderline», come società attive in settori oggetto di esclusione.

  • Sovrapposizione tra articoli regolamentari: i fondi articolo 8 e 9 possono riportare etichette simili ma livelli diversi di impegno alla sostenibilità.

  • Difficoltà di certificazione: la tracciabilità reale dei ricavi green o l'impatto sociale richiede reportistica e controlli invasivi, spesso basati su autocertificazioni più che su verifiche oggettive.

Gli ultimi provvedimenti delle autorità europee mirano a limitare l'uso improprio di claim e terminologia legata a ESG, ma la difficoltà a standardizzare criteri e metodologie comporta ancora margini di incertezza per gli investitori e rischi reputazionali non trascurabili.

Fondi tematici, green bond e strategie settoriali: dove puntano i capitali verdi

La crescita della domanda di investimenti sostenibili ha favorito l'emergere di svariate strategie specialistiche. Spiccano i fondi tematici, focalizzati su megatrend come la transizione energetica, l'innovazione tecnologica e la salute globale. Questi comparti selezionano società con elevata “purezza tematica”, ovvero una quota significativa di ricavi derivanti da settori direttamente collegati agli obiettivi SDG (Sustainable Development Goals).

I green bond rappresentano invece la frontiera degli strumenti obbligazionari destinati a finanziare progetti a impatto ambientale documentato. Secondo i Green Bond Principles dell'ICMA, i proventi devono essere tracciati, destinati a obiettivi ambientali specifici e sottoposti a reporting indipendente.

  • Fondi sulle energie rinnovabili: esposizione ad aziende di produzione e distribuzione di energia solare, eolica, idrogeno e infrastrutture smart.

  • Fondi tematici globali: prediligono società small e mid cap innovative, con capacità di crescita superiore alla media, ma rischio più elevato.

  • Obbligazioni green: offrono diversificazione e prospettive di rendimento sicuro simili ai bond tradizionali, con trasparenza sui flussi finanziati.

L'orientamento settoriale e la capacità di intercettare politiche di incentivo possono generare opportunità, ma espongono anche a dinamiche cicliche e rischi normativi da non sottovalutare.

Regolamentazione, certificazione e il ruolo delle policy pubbliche

L'azione normativa ha costituito il principale impulso alla definizione di standard e categorie comuni per i prodotti finanziari sostenibili. L'adozione del regolamento SFDR e della EU Taxonomy ha imposto obblighi di disclosure, classificazione e tracciabilità per i gestori europei.

  • Il regolamento SFDR suddivide i fondi tra articolo 6 (non ESG), articolo 8 (promozione di caratteristiche ESG) e articolo 9 (fondo a obiettivo sostenibile), imponendo criteri stringenti e trasparenza nelle comunicazioni di marketing.

  • L'EU Taxonomy definisce le attività considerate sostenibili dal punto di vista ambientale, introducendo requisiti di misurazione e monitoraggio degli impatti.

  • Le policy pubbliche orientano indirettamente i flussi di capitale e la valutazione degli asset green sui mercati.

Nonostante i progressi, permane una pluralità di interpretazioni e lacune nel sistema di certificazione, che richiedono una costante vigilanza da parte degli investitori.

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