Il Trattamento di Fine Rapporto (TFR) viene considerato una forma di retribuzione differita che riconosce al lavoratore una somma di denaro da ricevere quando termina il rapporto di lavoro, quale che sia la sua durata o la motivazione della cessazione, salvo destinazione integrale alla previdenza complementare. Questo diritto è sancito dall’articolo 2120 del Codice Civile e tutelato da diverse normative e dalla consolidata giurisprudenza, risultando generalmente garantito a chi matura tale credito.
In casi specifici, tuttavia, il pagamento effettivo può essere messo a rischio. Esaminiamo in modo approfondito quando e come il TFR può dirsi davvero al sicuro o quando la sua riscossione potrebbe subire impedimenti.
Quando il TFR è certo, disciplina normativa e giurisprudenziale
Il diritto al TFR sorge in favore di chiunque presti lavoro alle dipendenze di un datore di lavoro privato o pubblico, con qualsiasi contratto individuale (incluso periodo di prova, apprendistato, lavoro a termine, part-time e rapporti a tempo determinato). Oltre ai riferimenti normativi, numerose sentenze della Corte di Cassazione e della Corte Costituzionale hanno stabilito che il datore di lavoro non può sottrarsi a tale obbligo, tranne in alcune fattispecie eccezionali.
- Il TFR deve essere liquidato alla cessazione del rapporto, sia esso per dimissioni, licenziamento, pensionamento o altre cause.
- Viene calcolato come una quota annuale della retribuzione complessiva (inclusi elementi continuativi come indennità, superminimi, mensilità aggiuntive, premi, provvigioni, indennità di turni ecc.) rivalutata periodicamente.
- La liquidazione può essere immediata oppure rateizzata, secondo quanto previsto dal contratto collettivo nazionale.
L’unico caso in cui il TFR non viene pagato riguarda l’ipotesi di prescrizione: se il lavoratore non richiede il pagamento entro cinque anni dalla cessazione del rapporto, il diritto a riscuotere il TFR si estingue. Durante questo periodo il lavoratore può agire anche legalmente per recuperare il credito.
Come avviene il pagamento e come si calcola il TFR
Il TFR matura ogni anno ed è definito da una formula chiara: per ogni anno di servizio, si accantona una quota pari all’importo della retribuzione annua divisa per 13,5. La somma viene rivalutata annualmente con l’applicazione di una percentuale fissa e una parte variabile in base all’inflazione ISTAT.
- Retribuzione utile annuale: sono inclusi tutti i compensi, a titolo non occasionale, liquidati in relazione al rapporto di lavoro (stipendio, indennità, mensilità aggiuntive, superminimi, provvigioni, premi ecc.).
- Rivalutazione: l’importo maturato viene rivalutato applicando un tasso fisso più una quota calcolata sul’andamento dei prezzi al consumo.
Gli elementi della retribuzione presi come base possono essere precisati e integrati dai singoli CCNL, che possono includere o escludere alcuni emolumenti secondo accordi specifici.
Di norma, il TFR è liquidato entro un termine previsto nei CCNL o, in mancanza, il lavoratore può esigerlo subito alla cessazione. La prescrizione quinquennale decorre dalla data di usura del rapporto lavorativo.
TFR in azienda o nel fondo pensione, sicurezza e rischi
Dal 2007 il lavoratore può scegliere se lasciare il TFR all’azienda o destinarlo alla previdenza complementare (fondo pensione).
- Per aziende con meno di 50 dipendenti, il TFR resta tra le passività aziendali e viene liquidato dal datore a fine rapporto.
- Nelle imprese più grandi, il TFR viene versato al Fondo Tesoreria INPS, che sarà l’ente erogatore finale.
- Se il TFR viene destinato alla previdenza complementare, viene accantonato in un fondo pensione separato sia dall’azienda sia dal patrimonio del fondo stesso (a garanzia dell’aderente), in regime di gestione specializzata sorvegliato dalla COVIP e disciplinato dal D.Lgs. 252/2005.
In caso di fallimento o insolvenza/recesso aziendale:
- Se il TFR è gestito dall’INPS (via Fondo Tesoreria), non c’è rischio: le somme sono garantite e saranno comunque liquidate.
- Quando il TFR è accumulato in azienda e questa diventa insolvente, interviene il Fondo di Garanzia INPS.
- Per richiedere il pagamento dal Fondo di Garanzia, il lavoratore deve dimostrare la cessazione del rapporto e l’impossibilità di ottenere la liquidazione dal datore.
- Vi sono requisiti dettagliati per attivare la tutela in caso di aziende non fallibili (es. imprese individuali o società di persone piccole): tipicamente deve essere tentato almeno un pignoramento infruttuoso.
- Per il TFR conferito a forme di previdenza complementare, il rischio è quasi nullo: i fondi pensione non possono “fallire” ma, al massimo, subire una liquidazione coatta amministrativa che preserva comunque le posizioni individuali maturate, trasferibili altrove senza penalizzazioni.
Quando il pagamento può essere a rischio
- Prescrizione del credito: decorso quinquennale dalla fine del rapporto senza richiesta.
- Insolvenza grave del datore non tutelata dagli strumenti di recupero: quando il datore non è soggetto/assoggettabile a procedure concorsuali e il patrimonio risulta incapiente anche dopo tentativi legali di recupero.
- Inadempienza nei versamenti al fondo pensione: se l’azienda non versa tempestivamente il TFR nel fondo scelto dal lavoratore (verificabile tramite le comunicazioni periodiche del fondo), si può agire per il recupero; in caso di inadempienza definitiva e insolvenza, è tutelato anche un Fondo di Garanzia dedicato alla previdenza complementare gestito dall’INPS.
In generale il TFR in Italia è una delle forme di risparmio più tutelate per il lavoratore. Tuttavia, i rischi reali possono aumentare se il datore di lavoro non rispetta gli obblighi di versamento, soprattutto nelle aziende più piccole dove manca la sorveglianza pubblica e la liquidità può diventare problematica.
Anticipo del TFR e tutela in casi particolari
La legge consente di richiedere un’anticipazione del TFR maturato in presenza di determinati requisiti:
- Almeno 8 anni di servizio presso lo stesso datore;
- Finalità specifiche: acquisto o ristrutturazione della prima casa per sé o figli, spese sanitarie di particolare rilievo per sé o familiare, spese durante specifici congedi (parentali/formazione).
- L’anticipazione può toccare un massimo del 70% della posizione maturata e spetta nei limiti quantitativi annui fissati per l’azienda (10% degli aventi diritto e 4% totale dipendenti).
- Condizioni e dettagli possono essere integrati dai CCNL e la documentazione richiesta varia in base alla motivazione della richiesta.
Il lavoratore può ottenere informazioni precise anche tramite il proprio fondo pensione, il datore di lavoro o il sindacato.
Esempi pratici e particolarità
- Nel caso di fallimento aziendale, dopo l'insinuazione al passivo e la verifica che il credito TFR non può essere soddisfatto, si attiva la tutela del Fondo di Garanzia (anche per ultime tre mensilità impagate).
- Se il datore di lavoro è illiquido senza fallire, occorre tentare il recupero giudiziale; se infruttuoso, il Fondo può intervenire secondo modalità specifiche per datori “non soggetti a fallimento”.
Come agire in caso di inadempienze, ritardi o dubbi sul TFR
Se non viene corrisposta la somma dovuta, occorre prima di tutto inviare una richiesta scritta (anche via raccomandata o PEC) al datore di lavoro. È utile conservare tutte le comunicazioni e le buste paga che attestano il credito di TFR. In caso di ulteriore inerzia da parte aziendale, si potrà avviare una procedura giudiziale per decreto ingiuntivo oppure, nei casi di insolvenza documentata, attivare il Fondo di Garanzia INPS (modello di lettera di sollecito TFR non pagato).
Quando il lavoratore cambia datore dopo dimissioni o licenziamento, il TFR maturato deve essere liquidato secondo le modalità e i tempi previsti (come funziona il TFR quando si cambia azienda dopo licenziamento o dimissioni).
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