La decisione relativa alla gestione del Trattamento di Fine Rapporto rappresenta uno dei nodi più rilevanti nella pianificazione finanziaria dei lavoratori dipendenti in Italia.
L’opzione tra mantenerlo nell’azienda o conferirlo a una forma di previdenza complementare incide non solo sul capitale accumulato alla fine della carriera lavorativa, ma anche sulle prospettive pensionistiche future. La scelta condiziona tassazione, rendimento e flessibilità nell’accesso alle risorse.
Come funziona la destinazione del TFR tra azienda e fondo pensione
Alla prima assunzione nel settore privato, il lavoratore deve esprimere una preferenza sulla destinazione del TFR mediante compilazione del modulo TFR2, che va consegnato al datore di lavoro entro sei mesi. La normativa prevede due alternative principali:
- mantenere il TFR presso l’azienda (o, per aziende con almeno 50 dipendenti, nel Fondo di Tesoreria INPS);
- destinarlo a un fondo pensione (negoziale, aperto, o piano individuale pensionistico).
In assenza di esplicita manifestazione di volontà, opera il meccanismo del silenzio-assenso, che comporta il conferimento automatico del TFR a una forma collettiva di previdenza complementare individuata dal CCNL applicato o, in subordine, al fondo residuale previsto dalla legge.
Se si opta per la previdenza complementare, bisogna specificare il fondo prescelto e fornire i documenti di adesione. Una volta effettuata la scelta, il versamento del TFR maturando segue la destinazione designata, incidendo sulle modalità di rivalutazione e impatto fiscale.
Tempi, vincoli e modalità per il cambio di destinazione del TFR
I tempi e le possibilità di modificare la destinazione del TFR sono disciplinati in modo preciso dal legislatore:
- per chi inizialmente lascia il TFR in azienda, è possibile in ogni momento successivo decidere di aderire a una forma di previdenza complementare per il TFR futuro, comunicando la scelta al datore di lavoro tramite il modulo TFR2;
- una volta optato per il fondo pensione (esplicita adesione), la scelta diventa sostanzialmente irrevocabile per quanto riguarda il rapporto di lavoro in essere: non è quindi consentito riportare il TFR dalla previdenza complementare all’azienda;
- in caso di passaggio ad un nuovo rapporto di lavoro, si riapre una nuova finestra di sei mesi per determinare la nuova destinazione, indipendentemente dalla scelta fatta nel precedente impiego;
- il lavoratore può trasferire la posizione maturata in un fondo pensione verso un altro fondo nel rispetto delle condizioni regolamentari del fondo stesso.
Il cambio di destinazione è possibile ma presenta tempistiche fissate dagli ingressi in nuovi rapporti di lavoro o dalla volontà di aderire alla previdenza complementare per chi ha inizialmente scelto di lasciare il TFR in azienda. Il cambio implica sempre una scelta per le quote future: il TFR già accantonato segue la regolamentazione propria del periodo in cui è stato maturato.
Pro e contro: lasciare il TFR in azienda
Mantenere il TFR in azienda implica una serie di vantaggi e svantaggi legati principalmente a costo, liquidabilità e sicurezza del capitale. Di seguito una sintesi delle principali caratteristiche:
- Vantaggi:
- Assenza di costi di gestione: non ci sono commissioni o spese amministrative, a differenza dei fondi pensione.
- Prevedibilità del rendimento: la rivalutazione segue formule stabilite dalla legge (1,5% annuo fisso più il 75% dell’inflazione ISTAT).
- Accessibilità parziale: dopo otto anni di servizio è possibile richiedere anticipazioni per specifiche necessità (acquisto prima casa, spese sanitarie rilevanti).
- Liquidazione diretta: il TFR è disponibile, salvo imprevisti, al termine del rapporto di lavoro.
- Svantaggi:
- Basso rendimento reale: l’indicizzazione spesso offre una crescita inferiore rispetto alle performance dei mercati finanziari, riducendo il potenziale accumulo nel lungo periodo.
- Maggiore pressione fiscale: il TFR liquidato in azienda è soggetto a tassazione separata, spesso superiore a quella dei fondi pensione.
- Rischio di insolvenza: nelle aziende di piccola dimensione, in situazioni di crisi, il lavoratore può subire ritardi nel pagamento della liquidazione.
- Limitata flessibilità in caso di cambio scelta: la reversibilità della decisione è solo in una direzione.
Pro e contro: destinare il TFR a un fondo pensione
Destinare il Tfr alla previdenza complementare presenta una serie di vantaggi legati soprattutto a fiscalità agevolata, possibilità di scelta di differenti profili di investimento e prospettiva di rendimenti superiori. Di seguito i dettagli:
- Vantaggi:
- Rendimento potenzialmente più elevato: il capitale è investito sui mercati finanziari secondo il profilo di rischio selezionato, consentendo performance spesso superiori alla rivalutazione aziendale.
- Tassazione favorevole: aliquota massima del 15% sui capitali al momento della liquidazione, riducibile annualmente fino a un minimo del 9% dopo 35 anni di permanenza.
- Deducibilità dei versamenti: possibilità di dedurre dal reddito IRPEF fino a 5.164,57 € all’anno di contributi al fondo, compresa la quota TFR.
- Flessibilità di investimento: ampia scelta tra fondi negoziali, aperti o piani individuali pensionistici.
- Accesso ad anticipazioni: in casi specifici (spese sanitarie, acquisto/ristrutturazione prima casa, ulteriori esigenze dopo otto anni), è possibile richiedere anticipazioni fino al 75% del capitale maturato.
- Svantaggi:
- Rischio finanziario: i rendimenti non sono garantiti, potendo registrare oscillazioni negative nei periodi di volatilità del mercato.
- Costi di gestione: le commissioni, seppur regolamentate, erodono il rendimento netto rispetto al TFR lasciato in azienda.
- Vincolo di irrevocabilità: una volta conferita la quota TFR a un fondo pensione, non è possibile modificarne la destinazione per il rapporto di lavoro in corso.
- Liquidabilità differita: il capitale è generalmente vincolato fino al raggiungimento dei requisiti per la pensione.
Come cambiare la scelta: casi, procedure e limitazioni pratiche
Le procedure per cambiare la destinazione del Tfr sono stabilite da norme specifiche:
- Cambio dalla permanenza in azienda a fondo pensione: il lavoratore può comunicare in qualunque momento la volontà di conferire il TFR maturando a una previdenza complementare, utilizzando il modello TFR2 da consegnare al datore di lavoro, con effetto sulle quote future.
- Irrevocabilità della destinazione al fondo pensione: una volta aderito alla previdenza complementare con il TFR dei nuovi accantonamenti, la scelta è vincolante per tutta la durata di quel rapporto di lavoro. È invece sempre possibile trasferire il capitale accumulato tra diversi fondi pensione.
- Nuova finestra alla nuova assunzione: nel caso di cambio di datore di lavoro, ogni nuovo rapporto comporta la riapertura della finestra decisionale di sei mesi su come destinare il TFR futuro.
- Gestione delle posizioni accumulate in precedenza: il TFR già maturato mantiene le regole che gli erano proprie, ma la posizione nel fondo può essere riscattata, trasferita o lasciata in gestione secondo le previsioni della legge e dei regolamenti di ciascun fondo.
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