Facile intuire le ragioni di questa decisione: i veicoli silenziosi rappresentano un potenziale pericolo per pedoni, ciclisti e altri automobilisti.
Una panoramia sulle auto elettriche ed ibride del momento attuali e future e di alcune nuove regole,a d esempio, perchè saranno obbligate a fare rumore dal 2019
Può succedere che le cose vadano esattamente al contrario di quanto immaginato? Sì nel caso delle auto elettriche e di quelle ibride perché, stando a quanto deciso dalla Motorizzazione degli Stati Uniti, devono essere rumorose. Almeno un po'. Il mito così tanto ricercato del silenzio a bordo dell'auto non è evidentemente ben visto dalla NHTSA (National Highway Traffic Safety Administration), secondo cui tutte le vetture alternativamente alimentate devono emettere un qualche tipo di suono tra uno e trenta chilometri orari. Non possono insomma viaggiare nel totale silenzio, anche se questa è una ragione per cui gli acquirenti decidono di fare propria un'auto elettrica.
Facile intuire le ragioni di questa decisione. I veicoli silenziosi rappresentano un potenziale pericolo per pedoni, ciclisti e altri automobilisti. Oltre alla vista, anche l'udito gioca un ruolo fondamentale nelle decisioni da assumere in merito su strada. Ecco dunque che secondo la Motorizzazione a stelle e strisce, un provvedimento d questo tipo può concretamente aiutare a diminuire gli incidenti. Tanto per inquadrare il problema, quelli con pedoni o ciclisti ammonta a circa 2.800 casi l'anno. Una cifra decisamente elevata che coinvolge anche i non vedenti, forse le principali potenziali vittime. E infatti sono almeno cinque anni che il Ministero aveva preso in considerazione questa ipotesi.
Si parla allora di rumore bianco e second Kevin Clinton, componente dell'associazione britannica Royal Society for the Prevention of Accidents, i più grandi rischi associati ai veicoli elettrici ci sono quando viaggiano a basse velocità, come nelle aree urbane con limiti più bassi, dato che il rumore delle gomme e la superficie della strada, nonché quelli aerodinamici, sono minimi a quelle velocità. Inevitabile allora una soluzione di questo tipo.
La presa di posizione è allora molto chiara e soprattutto è utile per comprendere le ragioni per cui è richiesto un rumore ben udibile solo fino a 30 chilometri orari. Con il nuovo regolamento della National Highway Traffic Safety Administration tutti i veicoli ibridi o elettrici con quattro ruote e un peso lordo di 4,5 tonnellate o meno dovranno necessariamente emettere un rumore udibile quando si viaggia a una velocità fino a 30 chilometri all'ora. A velocità più elevate il suono di avviso non è necessario perché altri fattori, come il rumore dovuto al rotolamento degli pneumatici e all’attrito dell'aria sulla carrozzeria, forniscono un adeguato avviso acustico per i pedoni?
Il fascino dei motori diesel riesce a sedurre sempre meno gli acquirenti di auto. Che si orientano in misura ormai decisa sui modelli ibridi. Quelli con la doppia alimentazione per intenderci. Questa inversione di tendenza viene confermata dalle cifre di mercato che parlano di un calo di quasi quattro punti percentuali nei primi 4 mesi dell’anno per le auto motorizzate diesel e un contestuale aumento vertiginoso delle vendite dei modelli ibridi: +53% ad aprile e +37,8 % in totale. Il boom delle ibride nelle intenzioni dei potenziali acquirenti si può spiegare anche grazie a un’offerta che oggi è certamente più ricca rispetto al recente passato ed è in costante aumento. A monopolizzare le vendite di ibride è, però, sempre Toyota, il primo costruttore ad avere industrializzato la doppia alimentazione, ma che oggi ha anche tolto dai listini italiani tutte le versioni diesel.
Nella speciale classifica dei modelli ibridi più gettonati ci sono importanti conferme e qualche sorprese. I più gettonati restano i modelli delle case automobilistiche che hanno investito sui modelli ibridi da più tempo. Toyota, in particolare il brand di lusso Lexus, recita di certo la parte del leone nel comparto ibrido e ibrido plug-in. I modelli già disponibili sul mercato, infatti, sono ben quindici di cui sette con il marchio Toyota. Tutta la gamma Lexus è, invece, ibrida. LaYaris che ha conquistato i giovani degli ultimi venti anni continua a riscuotere grandi apprezzamenti probabilmente perché consente di circolare liberamente anche centri chiusi al traffico. Per quanto riguarda, invece, Lexus, il suv compatto NX è il più gettonato. Per il comparto delle auto elettriche non si può non parlare del successo, restando nel campo delle prestazioni, che sta riscuotendo il nuovo modello della Nissan, ovvero la Leaf che però deve ancora esplodere per quel che riguarda le vendite. I trecento esemplari venduti nel mese di aprile, i poco più di mille invece dall’inizio dell’anno, infatti, non possono soddisfare la casa giapponese che punta in alto.
Tra le altre case automobilistiche alle prese con la sfida dell’ibrido Porsche ha rinunciato a consistenti quote di vendita soprattutto dei modelli Macan e Cayenne. La scelta anche per Porsche è di puntare sull’ibrido ed è così che dopo la Panamera ora anche Cayenne ha una nuova versione E- Hybrid cioè la ibrida plug-in. A provare a tener testa allo “squadrone” Toyota sono soprattutto i due marchi coreani di Hyundai e Kia coi loro modelli ibridi: rispettivamente la Ioniq e la Niro. Nella top ten delle vendite in Italia di ibride sono ben quattro i modelli Toyota e fra l’altro ai primi quattro posti, Yaris, C-HR, Rav4 e Auris, mentre la Lexus NX è l’unica auto premium in classifica, ma ci sono anche due Suzuki, la Ignis e la Swift che offrono l’elettrificazione “mild hybrid”, quella da 48 Volt che altri costruttori stanno adottando compresi molti case d’auto di target premium come Audi.
Si parla con sempre più insistenze del maggiore spazio che le auto elettriche stanno trovando nel mercato europeo e in quello italiano. Ma quali sono i modelli più venduti, prescindendo dalle differenze di vendite rispetto ai veicoli alimentati tradizionalmente? I dati di febbraio 2018 sono piuttosto interessanti perché mettono in discussioni alcune certezze e nella classifiche delle più apprezzate dai consumatori trovano spazio anche modelli di nicchia, come la Tesla Model S, molto apprezzata al di là dell'oceano. In ogni caso, dando uno sguardo alla graduatoria, viene fuori come i consumatori europei stiano dando sempre più fiducia alle auto elettriche, anche se i numeri non sono ancora da capogiro.
In ogni caso vale la pena notare come siano le ibride plug-in ad attrarre maggiormente i consumatori sul fronte delle elettrificate e soprattutto che il trend sia costantemente in crescita. Davanti a tutti si piazza adesso la Renault Zoe, l'auto elettrica più venduta nei 28 giorni di febbraio. Si tratta di un avvicendamento al vertice, considerando che un mese fa la graduatoria era dominata da Volkswagen e-Golf, adesso al terzo posto, preceduta anche da BMW i3. Entrando più nel dettaglio delle unità vendute, viene fuori che in 2.439 hanno dato fiducia alla Renault Zoe con le seguenti quote di mercato nel Vecchio Continente 1.155 in Francia, 475 in Germania e 250 tra Spagna e Portogallo.
Più in generale, questa è la classifica aggiornata delle auto elettriche più vendute a febbraio:
Il futuro è nel segno dell'auto elettrica? Sì e lo è anche il presente se i ricercatori Frost & Sullivan stimano che da qui alla fine dell'anno saranno 1,6 milioni i veicoli alimentati elettricamente. Una cifra destinata a schizzare verso l'altro nell'arco di sette anni saranno 25 milioni. Secondo gli studiosi, che hanno messo tutto nero su bianco nel "Global Electric Vehicle Market Outlook, 2018" i timori dei potenziali guidatori di auto elettriche sono destinati a essere spazzati via perché sono in programma investimenti in infrastrutture di ricarica per 57 miliardi di dollari entro 8 anni, e gli stessi progressi nel comparto delle batterie dovrebbero assicurare una maggiore durata. I macro mercati trainanti? Quello cinese su tutti, destinato ad assorbire con la sua quota al 48% quasi la metà delle auto elettriche. Alle sue spalle si colloca l'Europa nel suo complesso con il 26% e quindi il Nord America con il 17,7%. Stupisce, ma solo fino a un certo punto, la quota residuale del Giappone.
L'auto elettrica ha diversi problemi per poter essere lanciata con successo in Italia, alcuni dei quali come le colonnine di ricarica, sono tipiche a tutto il mondo. Ma quello che manca di più sono gli incentivi a livello nazionale come in altre nazioni dove si paga meno il bollo, l'assicurazione o non si paga proprio. E poi ci sono anche incentivi. Ma in Italia qualcosa si sta iniziando a muovere con incentivi e sconti dati dalle aziende private o dalle regioni. E poi aumentando i costi per il diesel e le auto più inquinanti, ma questo chiaramente non è un incentivo, anzi...potrebbe metetre solo in difficoltà almeno 19-20 milioni di italiani
C'è poi un interessante sondaggio che svela come le auto elettriche piacciono agli italiani. A tal punto che, a fronte di incentivi mirati, 1 su 3 sarebbe disposto ad abbandonare l'auto in proprio possesso, a diesel o a benzina, per salire a bordo su un'elettrica. Ci ha pensato Lorien Consulting per Legambiente a sondare le intenzioni degli italiani per poi renderle pubbliche insieme al rapporto dell'associazione ambientalista sulla Green Mobility. Ebbene, stando ai dati raccolti
E se questo fosse l'anno degli incentivi per l'acquisto di auto elettriche in Italia? Il sospetto nasce dalle aperture e dalle previsioni ottimistiche sullo sviluppo del comparto avanzato da un big del settore come Sergio Marchionne, numero uno dei Fca. In realtà, a livello regionale qualcosa si è già mosso, con gli sconti sulle imposte o le facilitazioni per chi punta su un mezzo alimentato elettricamente o comunque ibrido, ma di sblocco non è ancora lecito parlarne. E alle stime si aggiungono anche gli investimenti milionari nell'auto elettrica da parte dei principali produttori. Ford, ad esempio, ha deciso di mettere sul piatto 11 miliardi di dollari da spendere da qui al 2022. Fino a che punto il prossimo governo farà finta di nulla? Già, si avvicina l'appuntamento con le urne e quello rappresenterà un passaggio fondamentale.
Se gli incentivi assumeranno una forma tradizionale o meno resta tutto da scoprire. Il punto di partenza è rappresentato dai dati dell'Unione nazionale rappresentanti autoveicoli esteri, secondo cui le immatricolazioni delle auto elettriche nel mese di dicembre 2017 hanno rappresentato solo un modesto 0,1% dell'intero mercato italiano. Troppo poco e non serve mostrare le cifre degli altri Paesi per un ingeneroso confronto. Quanto fatto finora per rilanciare il settore si è rivelato insufficiente, come dimostrato dai 120 milioni di euro messi a disposizione per l'acquisto di veicoli verdi a basse emissioni complessive (veicoli elettrici, ibridi, a metano, a biometano, a GPL, a biocombustibili e a idrogeno prevalentemente a uso aziendale e pubblico) terminati troppo presto, anche a dimostrazione dell'esistenza di una domanda viva.
Si parla tanto di mobilità sostenibile e di tutela dell'ambiente, ma risulta che a oggi, in questo mese di settembre 2017, la sola provincia italiana a proporre incentivi per l'acquisto di auto elettriche è quella di Bolzano. Gli acquirenti hanno due possibilità di scelta: 4.000 euro per un veicolo elettrico oppure 2.000 euro per un'auto ibrida plug-in. Siamo dunque ancora lontani dal passare dalle parole ai fatti sul fronte dei cambiamenti nell'utilizzo dell'auto privata. Anche se inquinamento, congestione urbana, problemi di parcheggio, di rumore o aumento del prezzo dei carburanti sono tutti elementi a favore di modelli alternativi, la realtà racconta come l'Italia procede a ritmo lento.
L'auto personale sembra essere usata più come uno dei tanti mezzi di trasporto, anziché come mezzo unico ed esclusivo. Lo sanno bene nella provincia di Bolzano, in cui l'incentivo per scegliere una soluzione elettrica passa dalla disponibilità dell'amministrazione provinciale e delle concessionarie che divideranno l'onere dell'incentivo. Stando alle regole approvate, possono accedere ai contributi i residenti in Alto Adige e il veicolo deve essere immatricolato nella Provincia di Bolzano. Il possesso dell'auto sembra una condizione irrinunciabile per la maggioranza degli automobilisti ma le offerte di alcuni costruttori, che propongono la batteria a noleggio, sono indice che i comportamenti stanno cambiando. A poco e poco si sta preferendo l'utilizzo al possesso.
La sfida del veicolo elettrico consiste nel far dialogare settori che non sono abituati a intrattenere rapporti su questo terreno, come le infrastrutture, il mondo delle automobili e quello delle telecomunicazioni. Mettendosi d'accordo, gli operatori possono trasformare il veicolo elettrico nel veicolo del futuro e farlo emergere nell'ambito delle flotte aziendali e delle stazioni di veicoli condivisi, dove il modello economico dell'auto elettrica sembra più adatto. A livello individuale, il valore residuo di un veicolo elettrico, ovvero l'importo che il proprietario può sperare di ottenere dalla futura rivendita, rappresenta il grande punto interrogativo nell'analisi del costo totale di proprietà.
Una possibilità concreta che l'auto elettrica diventi davvero più vicina e accessibile a tutti in Italia, anche da noi, è la Nissan Leaf di seconda generazione un auto che si potrà provare tra pochissimo nei concessionari, ad un costo che dovrebbe essere realmenrte abbastanza accessibike s pinta nell'uso e nell'acquisto da diversi accordi e alleanze come con Enel. E non è un caso che ci sono già 10mila ordini in Europa.
Nissan sembra più avanti sotto diversi aspetti per l'auto elettrica, in modo particolare per la Nissan Leaf, ma non solo
Due colpi in uno: da una parte quello di favorire la diffusione delle sue auto elettrica Nissan Leaf e Nissan Note e-POWER, dall'altra quella di promuovere la mobilità condivisa. Arriva dal Giappone (lo farà dalla metà del prossimo mese di gennaio) la proposta e-share mobi che si basa su un principio molto semplice e differente da quelli fin qui conosciuti. L'automobilista paga solo l'utilizzo effettivo della vettura ovvero il consumo. Nessuna tariffa mensile fissa per intenderci.
L'Italia per ora deve "accontentarsi" della nuova generazione della Leaf di Nissan che, ricordiamo, è l'auto 100% elettrica più venduta al mondo. Il produttore giapponese ha raggiunto una intesa con Enel, grazie a cui chi acquisterà la nuova Leaf riceverà due anni di ricarica gratis nelle colonnine pubbliche e il kit per la ricarica nella propria abitazione. Si tratta senza ombra di dubbio di una interessante forma di incentivo all'utilizzo delle auto elettriche che va al di là dei tradizionali sconti per l'acquisto.
Ed è un grande successo proprio per la Nissan Leaf con 10mila ordini, dopo la presentazione ad Ottobre, in tutta Europa e che arriverà a Febbraio nelle concessionarie italiane da provare e poter così verificare e toccare con mano l'auto elettrica che al momento, come scritto, è la più venduto in assoluta.
E gli ordini vanno così bene che la società giappine ha dato il via all'aumentod ella produzione, in modo particolare nello stabilimento inglese, il principale che servirà le nazioni Ue.
Una singola ricarica della Nissan Leaf sarà di 378 Km e come caratteristiche tecniche ha alcune innovazioni interessanti come e-Pedal che permette attraverso il solo pedale dell'acceleratore di gestire il veicolo interamente ed è presenta nel modello base senza ulteriori costi. E poi altre due tecnologie che aiutano nella guida come il ProPILOT Park per il parcheggio automatico completo e il ProPILOT che mantiene l'auto in mezzo alla corsia e controlla la distanza dl'auto rispetto all'altro veicolo davanti per evitare tamponamenti.
Enel ha deciso di accelerare sul mercato delle auto elettriche e lo fa intervenendo con decisione su uno degli aspetti più delicati ovvero quello della ricarica dei mezzi, strettamente legato alla durata della batteria. Se nel medio periodo l'obiettivo è installare 7.000 colonnine di ricarica entro il 2020, da raddoppiare nei due anni successivi, la stretta attualità passa da un gesto che è anche simbolico: cominciare questo percorso da un autodromo, quello di Vallelunga, che si trova a 40 chilometri da Roma. Proprio qui intende dare una scossa e un segnale al comparto con la creazione del polo tecnologico per la ricerca e lo sviluppo di soluzioni per la mobilità elettrica. Si tratta della prima esperienza di questo tipo in Italia e si pone come aggregatore di istituti di ricerca e start up che operano nel settore.
L'appuntamento di Vallelunga è stato duque strategico per fare luce sulle strategie di Enel ovvero sulle caratteristiche tecniche delle 7.000 colonnine di ricarica per mezzi elettrici che faranno sentire un po' più al sicuro gli automobilisti italiani. La maggior parte di loro sarà installata nelle aree cittadine, e solo il 20% su autostrade e grandi arterie per i lunghi viaggi. Una scelta non proprio casuale perché una ricerca sulle abitudini degli italiani ha svelato che l'87% degli spostamenti quotidiano ha una percorrenza inferiore ai 60 chilometri. A ogni modo, saranno impiegate
Nel mirino sono adesso finite le auto con alimentazione diesel. Sia l'Italia e sia l'Unione europea stanno studiano misure ad hoc per limitare l'utilizzo perché considerate più inquinanti e dunque dannose per l'ambiente. Dalle nostre parti l'idea di base è legare l'importo del bollo auto all'inquinamento prodotto. Si ricorda che l'imposta si paga per il possesso di una vettura e non per il suo utilizzo: di conseguenza sarebbero coinvolte tutte le auto a prescindere dai chilometri percorsi. A livello europeo, segnala tra l'altro l'entrata in vigore dello standard Wltp (Worldwide harmonized light-duty vehicle test procedure ovvero il ciclo di calcolo armonizzato mondiale) per l'omologazione delle emissioni inquinanti delle automobili. Ma non si tratta dell'unico provvedimento,
Non sarà comunque semplice riuscire a far passare questa misura ovvero l'introduzione del bollo auto progressivo in funzione della quantità di inquinanti emessi nell'ambiente. C'è infatti un fronte contrario secondo cui a rimetterci sarebbero i possessori di vetture più datate, i pensionati ad esempio, ma anche chi non ha la disponibilità economica per sostituire l'auto vecchia con una nuova. Di conseguenza si tratterebbe di un provvedimento iniquo. Attualmente il parametro di riferimento per determinare la somma da pagare è la potenza del veicolo, così come indicata nella carta di circolazione. Per le auto di potenza superiore ai 100 KW o 136 CV il calcolo va effettuato aggiungendo all'importo base moltiplicato per 100 KW o 136 CV i singoli KW eccedenti i 100 o i CV eccedenti i 136 moltiplicati per l'importo unitario. Non tutti sono però chiamati a pagare il bollo auto. Tra le esenzioni totali o parziali si segnalano quelle relative a
Tra le altre novità ci sono la stretta sugli NOx, misurati su strada e non in laboratorio, e che non potranno superare di 2,1 volte quanto certificato per l'omologazione Euro 6 in vigore attualmente con una ulteriore riduzione a 1,5 volte entro il gennaio 2020. Assieme alle norme Rde, come premesso, sono entrati i vigore anche gli standard Wltp che avvicinano i controlli eseguiti in laboratorio a quelli su strada. Come ribadisce Aecc questa novità servirà a rendere i test più vicini alla realtà dell'uso dell0auto, con maggiori velocità sui banchi prova e durate incrementate.
Una recente ricerca della Morgan Stanley indica proprio l'assenza di colonnine per la ricarica una delle ragioni della scarsa diffusione di auto elettriche. Sul piatto delle bilancia, un peso minore sembra avere l'evidenza che le auto elettriche non hanno bisogno di cambi d'olio o di altre manutenzioni tipiche dei motori meccanici come la sostituzione di filtri dell'aria, dell'olio e del combustibile, quindi i costi di manutenzione sono inferiori. Eppure, stando alle norme attuali, la ricarica delle auto elettriche si potrà fare entro il 2020 non solo attraverso le colonnine pubbliche installate dai Comuni, ma anche presso le stazioni di servizio tradizionali.
Secondo la nuove regole, nel caso di autorizzazione alla realizzazione di nuovi impianti di distribuzione carburanti e di ristrutturazione totale degli impianti di distribuzione carburanti esistenti, le Regioni prevedono l'obbligo di dotarsi di infrastrutture di ricarica elettrica di potenza elevata. Di più: la ricarica all'auto elettrica si potrà fare anche in autostrada. Il decreto prevede infatti che i concessionari presentino entro il 31 dicembre 2018 un piano di diffusione dei servizi di ricarica elettrica. Le stazioni di ricarica veloci autostradali dovranno essere posizionate a non più di 50 chilometri sullo stesso asse viario, mentre per strade urbane ed extraurbane la distanza massima sarà di 20 chilometri. Infine, altre disposizioni riguardano il pagamento, che dovrà essere possibile con carta di credito, e il prezzo dell'energia erogata, che dovrà essere ragionevole, facilmente e chiaramente comparabili, trasparente e non discriminatorio.
Il motore elettrico presente nelle autovetture di questo tipo ha delle rese superiori rispetto al motore termico. Nel caso in cui l'energia elettrica da immettere nel sistema di accumulo è generata da fonti rinnovabili il risultato finale sotto l'aspetto energetico è a vantaggio dei sistemi ad autotrazione elettrica. Nel caso in cui la generazione elettrica è da fonte rinnovabile si può parlare di assenza di emissioni in atmosfera per quanto riguarda la combustione, mentre possono comunque esistere polveri sottili generate dall'usura delle gomme e dell'asfalto e in parte dal sistema di frenata. Lo scarso livello di rumore dei veicoli elettrici migliora le condizioni di inquinamento acustico ed evita la realizzazione di barriere fonoassorbenti.
In italia al momento vi è il progetto di Enel di Evo+ che prevede di inserire nei prossimi 3 anni colonnine extraurbane in tutta Italia, circa 180, mentre 20 in Austria. E le prossime due sono state annunciate anche a Siracusa in piazza D'adda, menre le precedenti trenta sono state inserite nei distributori tra Milano e Roma per permettere di fare questo tragitto e viceversa con l'auto elettrica.
A livello Europeo, è stato, invece, siglato un accordo per delle colonnine di ricarica super veloci tra Volkswagen, Daimler, Bmw, Ford chiamato progetto Ionity che in 20 zone principali del continente per permettere tragitti lunghi collocherà 400 colonnine probabilmente tra i 120-150 Km di distanza. Si incomincierà dalla Germania, e saranno previsti pagamenti con bancomat, carta di credito e cellari per fare tutto in totale autonomia
E' complicato dire quale sarà il futuro delle auto. Ad intuzione molti risponderanno auto elettriche o ad idrogeno, ma gli sperti sono piuttosto divisi, e per le auto elettriche rimane il problema sempre dell'inquinamento, seppur minore. E allora, ecco chi ha pensato ad una ulteriore via di sviluppo ed ecco il biometano. E non lo ha fatto una marca qualasiasi ma la Volkswagen.
Occorre precisare da subito che gli unici che al momento possono utilizzare le Volkswagen a biometano sono i dipendenti della S.e.s.a, una impresa di Este, in provincia di Padova, dove abbiamo potuto fare questa prova sui modelli Polo e Golf Tgi che al momento vanno a metano e che in equesta realtà che produce biometano, funzionano anche con questo combustibile che deriva dal riciclod ei rifiuti umidi provenienti della cucina.
Dunque, il biometano non si può trovare ancora al distributore, in quanto non è permesso dalla legge, ma ci sta muovendo per poterlo fare arrivare anche perchè i vantaggi sono davvero tanti.
In primo luogo queste auto diventerebbe i veicoli meno inquinanti in assoluto, più ancora delle auto elettriche e non ci sarabbe nessun problema degli scarti.
Il costo dei rifornimento sarebbe assolutamente basso con un costo dimezzato all'incirca come rapporto benzina o diesel e chilometri percorsi. E ancora, da sottolineare, per il funzionamento delle auto a metano con il biometano non si dovrebbe fare nessuno cambiamento tecnico.
Il biometano viene relizzto grazie alla rccolta differenziata, con 70 Kg di scarti di cucina si possono produrre 4 Kg di metano con i quali si fanno circa 100 Km.
Il costo, se ci fosse una rete di distribuzone capillare dovrebbe essere di menod i 1 euro.
Tutto vero: Panda Natural Power è in grado di percorrere migliaia di chilometri in totale tranquillità e senza effetti collaterali sul motore. La prima prova è stato il controllo delle emissioni allo scarico sul banco a rulli. La seconda la verifica delle prestazioni del motore. E in entrambi i casi i tecnici Fca hanno acceso il semaforo verde. A rivelare il nuovo record raggiunto dall'auto ecologica alimentata con biometano dal ciclo idrico ricavato è la sperimentazione in corso. Il tempo gioca tutto dalla parte della speciale Fiat Panda perché ormai trascorso un anno dall'avvio dei test e le prospettive - nel caso di conferma delle premesse - non possono che essere brillanti. Stiamo infatti parlando di un'auto che fa del biocombustibile che si ottiene dall'acqua di scarto, dagli scarti di biomasse di origine agricola o dalla frazione organica dei rifiuti solidi urbani della raccolta differenziata la sua linfa vitale.
Di conseguenza l'impatto per l'ambiente sarebbe straordinariamente basso. Fiat Panda viaggia allora alimentata solo con biometano prodotto dall'impianto per la depurazione delle acque reflue del Gruppo CAP a Bresso-Niguarda, Milano. I suo tour prosegue senza soste, considerando che esattamente un anno fa, è partita dal Mirafiori Motor Village di Torino per il lancio del progetto a cui prende parte anche LifeGate, il network italiano per lo sviluppo sostenibile. Interessante notare come il rifornimento avvenga grazie al gas prodotto dal depuratore di Bresso-Niguarda che raccoglie le acque reflue dei Comuni di Paderno Dugnano, Cormano, Cusano Milanino e Cinisello Balsamo, per il coinvolgimento di quasi 300.000 persone.
Sono i tecnici di Fca a voler far sapere come i vantaggi del metano ricavato da fonti rinnovabili siano numerosi e reali, anche oltre Panda Natural Power. In prima battuta stiamo parlando di una fonte pressoché inesauribile e capace di garantire livelli di emissioni inquinanti e di gas serra allo scarico contenuti e di certo non paragonabili a quelli delle auto che vediamo tutti i giorni transitare sulle strade. In seconda battuta, alla luce del ciclo di produzione e dell'utilizzo del carburante, il suo impatto sull'ambiente è paragonabile a quello delle auto elettriche alimentate con energia rinnovabile. Il ricorso al biometano non richiede cambiamenti e alle auto alimentate a metano o alla rete di distribuzione. Facile allora intuire come possa migliorare le prestazioni ambientali di tutto il parco circolante e non solo dei nuovi veicoli.
Infine, ma non da ultimo, il successo del progetto Panda Natural Power permette di ridurre la dipendenza dal petrolio, crea occupazione nella filiera nazionale, contribuisce alla sostenibilità economica di aziende agricole e allevamenti, facilita il riutilizzo efficiente dei rifiuti e, se ottenuto da reflui fognari - fanno ancora notare dalle parti di Fca - consente una riduzione della tassa rifiuti locale.