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A rischio importi assegni pensione, se si blocca l'età per uscire dal lavoro nel 2027

di Marianna Quatraro pubblicato il
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Quali sono i motivi per cui gli importi delle pensioni rischiano di essere più bassi con il blocco dell'aumento dell'età pensionabile: il nuovo rapporto della Ragioneria di Stato

L’attuale quadro normativo del sistema previdenziale italiano si fonda su un equilibrio complesso tra requisiti di accesso alla pensione e sostenibilità degli importi erogati. Il dibattito politico attuale si concentra su una questione centrale: l'eventuale blocco dell’aumento dell’età pensionabile e le conseguenze.

Il meccanismo che collega la maturazione del diritto alla pensione all’aumento della speranza di vita è stato più volte oggetto di interventi da parte dei governi, con profondi effetti sugli assegni previsti per chi lascia il lavoro. In particolare, l’intervento sul requisito anagrafico può produrre una riduzione dell’importo delle pensioni.

Come funziona l’adeguamento dell’età pensionabile e il meccanismo automatico della speranza di vita

Il sistema pensionistico pubblico in Italia prevede dal 2009 un adeguamento automatico dei requisiti di accesso, sia anagrafici che contributivi, all’aspettativa di vita rilevata dall’Istat. Questo principio, introdotto con la riforma Fornero e successivamente confermato da vari governi, stabilisce che l’età necessaria per accedere al trattamento pensionistico cresce proporzionalmente all’aumento della longevità media della popolazione.

Nel dettaglio, ogni due anni viene effettuata una verifica: se l’aspettativa di vita cresce, anche l’età pensionabile aumenta. Per esempio, con l’ultima rilevazione, la speranza di vita a 65 anni è salita a 21,2 anni nel 2024, comportando la previsione, a partire dal 1° gennaio 2027, di tre mesi in più per il pensionamento di vecchiaia (da 67 a 67 anni e 3 mesi). Questo meccanismo si applica non solo alla pensione di vecchiaia, ma anche all’accesso alle diverse forme di pensionamento anticipato e agli assegni sociali.

L’obiettivo dichiarato è duplice: allineare la durata del periodo di erogazione delle prestazioni alla maggiore attesa di vita; preservare le finanze pubbliche distribuendo su un arco temporale più ampio il montante contributivo accumulato dal lavoratore.

Il blocco dell’aumento dell’età pensionabile: conseguenze sui coefficienti di trasformazione e importo delle pensioni

Se si blocca aumento età per la pensione nel 2027, come il governo vorrebbe fare, gli assegni saranno bassi per l’aggiornamento dei coefficienti di trasformazione. Questi ultimi sono parametri con cui il montante contributivo individuale viene convertito ogni anno in una rendita vitalizia, tenendo conto della maggiore o minore aspettativa di vita al momento del pensionamento.

Dal 2027, i coefficienti risultano meno favorevoli proprio per effetto dell’incremento della speranza di vita rilevato dall’Istat. Di conseguenza, anche a parità di anzianità contributiva e di età anagrafica, l’importo dell’assegno mensile percepito sarà inferiore rispetto agli anni precedenti. Il blocco dell’aumento dell’età pensionabile produce infatti questi effetti:

  • Chi accede alla pensione senza l’incremento del requisito anagrafico si vede applicare i nuovi coefficienti relativi a una vita media più lunga. L’importo della pensione si abbassa perché i contributi accumulati vengono “spalmati” su un numero maggiore di anni attesi di erogazione.
  • Il calcolo contributivo “pesa” negativamente, con un impatto tangibile già dalla prima rata erogata.
  • Questo fenomeno si è già verificato in passato: nel biennio 2025-2026, pur senza aumenti nei requisiti di età, gli assegni sono risultati inferiori a causa del nuovo calcolo dei coefficienti.
Gli effetti sono particolarmente evidenti per chi si trova vicino all’uscita dal lavoro, ma coinvolgono anche i futuri pensionati a medio e lungo termine. In sintesi, la scelta di non adeguare l’età pensionabile porta ad una riduzione del rapporto tra montante contributivo accumulato e assegno erogato.
Esempio pratico: Nel 2027, a parità di salari e carriera contributiva, chi accederà alla pensione percepirà un assegno mediamente più basso rispetto a quanto previsto per chi è uscito nel 2025-2026.
Motivo tecnico: I nuovi coefficienti obbligano a frammentare il montante su un arco di vita residua maggiore.

Cosa prevede il Rapporto della Ragioneria Generale dello Stato dal 2027 sui requisiti pensionistici

Secondo quanto riportato nell'ultimo Rapporto della Ragioneria di Stato, dal 1° gennaio 2027 l’età per la pensione di vecchiaia dovrebbe salire da 67 a 67 anni e 3 mesi e, parallelamente, il requisito contributivo per la pensione anticipata è destinato a crescere rispettivamente a 42 anni e 1 mese per le donne e 43 anni e 1 mese per gli uomini.

Le ulteriori novità previste includono:

  • L’adeguamento riguarda anche l’età per l’assegno sociale, che passerebbe a 67 anni e 3 mesi.
  • Per i lavoratori che hanno cominciato la carriera contributiva dopo il 1° gennaio 1996, l’innalzamento tocca anche la pensione di vecchiaia contributiva (da 71 anni a 71 anni e 3 mesi) e la pensione anticipata contributiva (da 64 anni a 64 anni e 3 mesi).
  • Nel biennio successivo (2029) e nel 2031, si prevedono ulteriori incrementi di uno o due mesi, secondo la tendenza della longevità.
Se si dovesse procedere con il blocco dell’aumento dell’età pensionabile, senza un’adeguata riforma della struttura dei coefficienti di trasformazione o altre salvaguardie, il rischio maggiore è l’erosione progressiva degli assegni pensionistici, soprattutto per i giovani lavoratori e le generazioni future.

L’Osservatorio Previdenza della Cgil e le simulazioni predisposte dalla Ragioneria Generale evidenziano, infatti, che già dal 2027 potrebbero crearsi condizioni che penalizzano:

  • I lavoratori prossimi andare in pensione, che si troverebbero ad affrontare importi più bassi pur avendo maturato i requisiti di uscita.
  • Le nuove generazioni, soprattutto chi ha iniziato a lavorare dopo il 1996 e rientra nel regime totalmente contributivo. In presenza di carriere frammentate e salari discontinui, il rischio di ricevere assegni non adeguati emerge in modo particolarmente marcato.
  • I cosiddetti "esodati", ossia chi aderisce a strumenti di uscita anticipata (isopensioni, contratti di espansione) ma resta privo di coperture se le finestre di accesso e i parametri cambiano improvvisamente.

 

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