Quali sono i motivi per cui gli importi delle pensioni rischiano di essere più bassi con il blocco dell'aumento dell'età pensionabile: il nuovo rapporto della Ragioneria di Stato
L’attuale quadro normativo del sistema previdenziale italiano si fonda su un equilibrio complesso tra requisiti di accesso alla pensione e sostenibilità degli importi erogati. Il dibattito politico attuale si concentra su una questione centrale: l'eventuale blocco dell’aumento dell’età pensionabile e le conseguenze.
Il meccanismo che collega la maturazione del diritto alla pensione all’aumento della speranza di vita è stato più volte oggetto di interventi da parte dei governi, con profondi effetti sugli assegni previsti per chi lascia il lavoro. In particolare, l’intervento sul requisito anagrafico può produrre una riduzione dell’importo delle pensioni.
Il sistema pensionistico pubblico in Italia prevede dal 2009 un adeguamento automatico dei requisiti di accesso, sia anagrafici che contributivi, all’aspettativa di vita rilevata dall’Istat. Questo principio, introdotto con la riforma Fornero e successivamente confermato da vari governi, stabilisce che l’età necessaria per accedere al trattamento pensionistico cresce proporzionalmente all’aumento della longevità media della popolazione.
Nel dettaglio, ogni due anni viene effettuata una verifica: se l’aspettativa di vita cresce, anche l’età pensionabile aumenta. Per esempio, con l’ultima rilevazione, la speranza di vita a 65 anni è salita a 21,2 anni nel 2024, comportando la previsione, a partire dal 1° gennaio 2027, di tre mesi in più per il pensionamento di vecchiaia (da 67 a 67 anni e 3 mesi). Questo meccanismo si applica non solo alla pensione di vecchiaia, ma anche all’accesso alle diverse forme di pensionamento anticipato e agli assegni sociali.
L’obiettivo dichiarato è duplice: allineare la durata del periodo di erogazione delle prestazioni alla maggiore attesa di vita; preservare le finanze pubbliche distribuendo su un arco temporale più ampio il montante contributivo accumulato dal lavoratore.
Se si blocca aumento età per la pensione nel 2027, come il governo vorrebbe fare, gli assegni saranno bassi per l’aggiornamento dei coefficienti di trasformazione. Questi ultimi sono parametri con cui il montante contributivo individuale viene convertito ogni anno in una rendita vitalizia, tenendo conto della maggiore o minore aspettativa di vita al momento del pensionamento.
Dal 2027, i coefficienti risultano meno favorevoli proprio per effetto dell’incremento della speranza di vita rilevato dall’Istat. Di conseguenza, anche a parità di anzianità contributiva e di età anagrafica, l’importo dell’assegno mensile percepito sarà inferiore rispetto agli anni precedenti. Il blocco dell’aumento dell’età pensionabile produce infatti questi effetti:
Esempio pratico: | Nel 2027, a parità di salari e carriera contributiva, chi accederà alla pensione percepirà un assegno mediamente più basso rispetto a quanto previsto per chi è uscito nel 2025-2026. |
Motivo tecnico: | I nuovi coefficienti obbligano a frammentare il montante su un arco di vita residua maggiore. |
Secondo quanto riportato nell'ultimo Rapporto della Ragioneria di Stato, dal 1° gennaio 2027 l’età per la pensione di vecchiaia dovrebbe salire da 67 a 67 anni e 3 mesi e, parallelamente, il requisito contributivo per la pensione anticipata è destinato a crescere rispettivamente a 42 anni e 1 mese per le donne e 43 anni e 1 mese per gli uomini.
Le ulteriori novità previste includono:
L’Osservatorio Previdenza della Cgil e le simulazioni predisposte dalla Ragioneria Generale evidenziano, infatti, che già dal 2027 potrebbero crearsi condizioni che penalizzano: