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Pensioni a rischio nei prossimi anni: non è il solito allarme, ma è una questione matematico-statistica

di Marianna Quatraro pubblicato il
Pensioni rischio prossimi anni

Il sistema previdenziale è davvero a rischio default: secondo il servizio studi del Senato sulla Manovra, nel 2040 serviranno 100 lavoratori attivi per pagare 57 assegni. Oggi 100 lavoratori sostengono 38 pensionati

L’equilibrio della previdenza italiana è oggi a rischio, supportato da proiezioni matematico-statistiche elaborate da enti quali il Servizio Studi del Senato. Le analisi confermano che, rispetto al passato, il sistema pensionistico nazionale si avvicina rapidamente a una soglia di criticità.

Attualmente, ogni 100 lavoratori attivi sostengono 38 pensionati, ma secondo le stime entro il 2040 questo carico salirà a 57 e, nel 2080, si arriverà a 67. Di fronte a questo quadro, il rischio di insostenibilità della previdenza pubblica non è più solo una previsione pessimistica, ma una possibilità reale.

Le dinamiche demografiche e il cambio generazionale: dalla contrazione della popolazione al boom dei pensionamenti

Secondo le proiezioni Istat, la popolazione italiana è destinata a scendere dai 58,9 milioni del 2024 a circa 45,8 milioni nel 2080. A incidere non è solo la contrazione demografica, ma soprattutto il progressivo invecchiamento: mentre la fascia tra i 15 e i 64 anni, quella lavorativa, diminuirà di circa il 35%, le persone con più di 65 anni aumenteranno in valore assoluto e incideranno maggiormente sul totale.

Il fenomeno è aggravato dalla cosiddetta "onda dei baby boomer": oltre 6,1 milioni di italiani andranno in pensione nel prossimo decennio, provocando un'accelerazione del processo di esodo generazionale. Questa dinamica impatta su diversi fronti:

  • Riduzione della forza lavoro disponibile, con aziende già alle prese con difficoltà nel reperire personale qualificato.
  • Aumento del numero di pensionati da sostenere, in particolare quelli non autosufficienti che richiedono servizi di assistenza sempre più costosi.
  • Squilibrio crescente nel rapporto tra attivi e pensionati, simbolo eloquente della fragilità del patto generazionale che da sempre regge il nostro sistema previdenziale.

Il rapporto tra lavoratori e pensionati: evoluzione storica e prospettive future secondo il Servizio Studi del Senato

Il principio della ripartizione, su cui si basa la previdenza italiana, rischia il collasso di fronte alle nuove proiezioni. Nel 2004 il rapporto era di 100 lavoratori per 26,8 pensionati; oggi siamo già a 38,36, con valori tra i più alti d’Europa. Il Servizio Studi del Senato prevede che entro il 2040 ben 57 pensionati peseranno sulle entrate generate da 100 lavoratori, per arrivare addirittura a 67 nel 2080.

Questa evoluzione si traduce in esborsi crescenti da parte dell’INPS e rischia di imporre contributi previdenziali ai lavoratori attivi fino a soglie del 67% della loro retribuzione, rendendo il sistema sempre meno sostenibile nell'attuale assetto. Le criticità emergenti si possono leggere nella seguente tabella riassuntiva:

Anno N. Pensionati ogni 100 lavoratori
2024 38
2040 57
2080 67

Gli effetti sul sistema previdenziale: rischi di default e insostenibilità economica

L’attuale tendenza mette in discussione la capacità del sistema previdenziale di mantenere i propri impegni futuri. L’incremento della spesa pensionistica è atteso arrivare al 17% del PIL entro il 2040, mentre il deficit INPS potrebbe raggiungere i 20 miliardi entro il 2032. Nel frattempo, i contributi versati dai lavoratori risultano già insufficienti, innestando un costante aumento del debito previdenziale.

Le dinamiche descritte conducono a due scenari critici:

  • Possibile rimodulazione degli assegni, con il rischio di riduzione degli importi o revisione dei criteri di accesso per garantire la sostenibilità.
  • Pressione fiscale crescente su cittadini e imprese, aggravata da ulteriori tagli a servizi pubblici per liberare risorse a sostegno della previdenza.
Sempre più spesso viene ipotizzata la necessità di profonde riforme strutturali, simili a quelle già introdotte nel passato, come la riforma Fornero, per evitare il default del sistema.

Impatto sul welfare e sulle nuove generazioni: servizi a rischio e pressione su chi lavora

L’aumento dei pensionamenti e la riduzione dei lavoratori rischiano di impoverire il welfare italiano su diversi livelli. Meno contributi all’INPS significano meno risorse disponibili non solo per gli assegni pensionistici, ma anche per servizi sociali strategici:

  • Sanità pubblica e assistenza agli over 65, con una domanda crescente di cure a lungo termine e una copertura attuale delle RSA pari solo al 7,6% dei non autosufficienti.
  • Istruzione e formazione, che potrebbero subire riorganizzazioni e riduzioni per trovare risorse da destinare alle pensioni.
  • Trasporti e infrastrutture, settori spesso toccati da riduzioni di finanziamenti in situazioni di bilancio critico.
Le nuove generazioni, dunque, si trovano davanti a una duplice sfida: debbono sostenere un carico contributivo maggiore e allo stesso tempo rischiano di ricevere, un domani, assegni previdenziali più bassi e servizi meno efficienti rispetto a quelli delle generazioni precedenti.

Strategie di risposta: cosa può fare lo Stato e cosa può fare il cittadino per evitare il tracollo

L’attuale situazione impone una profonda revisione delle politiche pubbliche e delle abitudini individuali. Vari gli interventi possibili:

  • Attivazione di nuove politiche per l’occupazione, incentivando l’ingresso di giovani, donne e migranti nel mercato del lavoro per ampliare la platea contributiva.
  • Investimenti in formazione permanente e valorizzazione dell’invecchiamento attivo, sostenendo tutele per lavoratori senior, flessibilità lavorativa e trasferimento di competenze.
  • Miglioramento dei servizi di cura e sviluppo di politiche di genere che valorizzino il potenziale femminile, anche per rispondere alle necessità di una popolazione più anziana.
  • Sostegno alla previdenza complementare: la partecipazione a fondi pensione integrativi permette ai cittadini di diversificare il proprio futuro previdenziale e proteggersi dal rischio di decurtazioni degli assegni pubblici.
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