Dal 2026, a Milano, le keybox saranno vietate negli affitti brevi: nuove regole, sanzioni e motivazioni tra sicurezza e decoro. E spazio alle opinioni dei soggetti e attori coinvolti
A partire dal gennaio 2026 il panorama degli affitti brevi nel capoluogo lombardo cambierà radicalmente: il Comune ha approvato una nuova normativa che vieta l’uso delle cosiddette keybox, le cassette portachiavi installate per facilitare la consegna delle chiavi in modalità self check-in.
Questa decisione arriva dopo un lungo dibattito sulle modalità di gestione delle locazioni turistiche e rappresenta una risposta concreta a esigenze di sicurezza, legalità e rispetto dello spazio pubblico.
La nuova linea intrapresa dall’amministrazione intende restituire alle aree urbane un maggiore decoro e garantire regole chiare per tutti gli attori coinvolti, dal proprietario agli operatori di piattaforme digitali, fino agli ospiti temporanei.
Il tema non riguarda solo Milano, ma si inserisce in una tendenza condivisa a livello nazionale nelle principali città turistiche.
Le keybox sono piccoli contenitori metallici o plastici, spesso fissati a elementi dell’arredo pubblico come pali della luce, recinzioni o persino facciate di edifici, e permettono di lasciare le chiavi di case o appartamenti destinate a locazione temporanea.
La loro funzione principale è quella di agevolare un check-in autonomo degli ospiti, particolarmente utilizzato nel settore degli affitti brevi e dalle piattaforme digitali dedicate. Grazie a un codice digitale fornito al viaggiatore, il sistema elimina la necessità per il proprietario o il gestore di essere presente al momento dell’arrivo, portando indubbi vantaggi logistici.
Tuttavia, la diffusione capillare di questi dispositivi ha sollevato numerose perplessità tra cittadini e istituzioni: l’anonimato degli utilizzatori, l’assenza di tracciabilità e l’installazione ingiustificata su spazi pubblici sono diventati oggetto di attenzione da parte dell’amministrazione. Negli ultimi anni sono stati riscontrati casi in cui le keybox sono state usate anche per fini illeciti, come nascondiglio per attività di spaccio secondo quanto emerso in inchieste giudiziarie.
La recente modifica al regolamento di polizia urbana introduce il divieto esplicito di installare e utilizzare keybox su suolo pubblico o su strutture private che sporgano o affaccino direttamente su spazi accessibili dalla strada. In dettaglio, la normativa interessa:
Il nuovo quadro regolamentare stabilisce sanzioni amministrative che variano da 100 a 400 euro per chiunque mantenga o installi una keybox dopo il periodo di adeguamento concesso. Oltre all’importo della sanzione, sono previsti anche i costi relativi alla rimozione forzata dei dispositivi, che saranno addebitati interamente agli stessi soggetti responsabili. La Polizia Locale agisce in veste di ente accertatore e dispone la rimozione coattiva senza obbligo di preavviso, in linea con l’art. 90 del Regolamento di Polizia Urbana aggiornato.
Il Comune ha specificato le fasi operative per la rimozione:
La scelta di limitare la diffusione delle keybox è stata accompagnata da precise motivazioni legate sia alla sicurezza che al decoro urbano. Le autorità hanno sottolineato i rischi connessi all’installazione indiscriminata di cassette portachiavi:
I recenti aggiornamenti normativi nel capoluogo lombardo non rappresentano un caso isolato. Altre importanti destinazioni turistiche italiane, come Roma e Firenze, hanno adottato provvedimenti simili per gestire l’espansione del mercato degli affitti brevi:
Le misure adottate dal Comune di Milano hanno suscitato reazioni contrastanti presso i diversi soggetti coinvolti. Da una parte Federalberghi ha espresso apprezzamento per l’introduzione di regole più eque, sottolineando che una disciplina rigorosa può contribuire a una maggiore concorrenza leale tra strutture alberghiere e locazioni turistiche. Le istituzioni evidenziano l’importanza di garantire trasparenza e tracciabilità nei rapporti di affitto breve, elemento chiave anche nella prevenzione di reati e irregolarità.
Dall’altra, numerosi host e proprietari di immobili lamentano un aumento delle difficoltà nella gestione degli affitti temporanei, soprattutto per chi non risiede stabilmente in città. Gli operatori professionali evidenziano che il divieto potrebbe comportare una riduzione della competitività dell’offerta locale, aggravata anche dalle modifiche alla tassa di soggiorno. Alcuni auspicano invece l’adozione di modalità alternative regolamentate, come la consegna assistita delle chiavi e l’impiego di sistemi digitali tracciati.