Quali sono le nuove sanzioni previste per chi sciopera in strada, bloccandola, dopo l'approvazione dell'ultimo Decreto Sicurezza e i rischi
Negli ultimi anni, la disciplina delle manifestazioni pubbliche in Italia ha subito radicali trasformazioni. Con l'adozione del Decreto Sicurezza, il Parlamento ha modificato profondamente il quadro normativo relativo al diritto di sciopero e alle forme di protesta nello spazio pubblico.
Si tratta di una riforma che ha generato un ampio dibattito politico e giuridico, soprattutto in relazione al rischio di denuncia penale per scioperi in strada dopo nuovo decreto sicurezza e alle libertà costituzionali di espressione e dissenso.
Il nuovo impianto normativo si caratterizza per l'introduzione di 14 nuove fattispecie di reato e il consistente aumento delle pene per condotte già costituenti illecito amministrativo o penale.
La riforma punta ad una maggiore tutela della sicurezza pubblica e dei servizi essenziali, ma molti osservatori hanno sollevato diversi dubbi e critiche
Dopo l’approvazione del nuovo Decreto Sicurezza, il reato di blocco stradale è, infatti, passato da essere considerato un illecito amministrativo, punibile solo con una multa da mille a quattromila euro, a un reato punito con la reclusione.
Il decreto prevede, in particolare, una pena con la reclusione fino a un mese o la multa fino a 300 euro e, se il fatto è commesso da più persone riunite, è prevista la reclusione da sei mesi a due anni.
Il diritto di sciopero resta comunque riconosciuto, pur se svolto in strada, ma solo ed esclusivamente in strade scelte e per cui viene autorizzata l’eventuale manifestazione. Quando, però, la stessa interessa strade nevralgiche, come le tangenziali, impedendo ad altre persone di andare a lavoro, a scuola, in ospedale, allora si rischia di andare incontro ad una denuncia penale.
Molti esperti evidenziano come l’inasprimento delle pene non sia, in realtà, uno strumento efficace per diminuire la conflittualità sociale, mentre rischia di compromettere il diritto di dissenso.
Tra le altre critiche sollevate relative alle misure approvate nel Decreto, vi sono anche quelle sulle procedure accelerate di sgombero e le norme sulla resistenza passiva considerate discriminatorie, soprattutto nei confronti di lavoratori e migranti; e quelle sull’esclusione di alcune categorie dai benefici giuridici e il ricorso alla detenzione preventiva sollevano questioni sulla riserva di giurisdizione e sulla centralità della magistratura nella garanzia dei diritti.