Dal 2027, il sistema previdenziale italiano sarà interessato da un adeguamento dei requisiti per accedere alla pensione, con un innalzamento dell’età per la pensione di vecchiaia e anticipata. Questo incremento, collegato all’aumento della speranza di vita rilevato dall’Istat, porterà l’età pensionabile a 67 anni e 3 mesi e, per l’anticipo, a 43 anni e un mese di contributi per gli uomini e 42 anni e un mese per le donne.
Di fronte a tale scenario, il dibattito politico ed economico si è focalizzato sulle possibili deroghe a questa misura automatica e sono emerse tre soluzioni di blocco: una deroga per chi ha già compiuto 64 anni, un aumento distribuito nei prossimi anni, e una forma di sterilizzazione selettiva per categorie determinate. Tutto è ancora da definire.
Meccanismo di adeguamento dell’età pensionabile all’aspettativa di vita: come funziona
La normativa italiana prevede che l’età richiesta per uscire dal lavoro sia regolata da un meccanismo automatico di adeguamento all’aspettativa di vita. La riforma Fornero stabilisce, infatti, aggiornamenti biennali in base ai dati demografici ufficiali pubblicati dall’Istat. Se si riscontra un incremento nella speranza di vita al compimento dei 65 anni, aumentano anche i requisiti anagrafici e contributivi richiesti sia per la pensione di vecchiaia sia per quella anticipata. E:
- Per la pensione di vecchiaia, ogni due anni si verifica la media della speranza di vita del biennio appena concluso rispetto al precedente. Un aumento comporta una revisione verso l’alto dei limiti di età.
- Per la pensione anticipata, il prolungamento dell’aspettanza di vita incide sugli anni di contributi richiesti.
Questo sistema è stato introdotto per garantire la sostenibilità economica dell’intero impianto pensionistico, tenendo conto dell’allungamento della vita media e assicurando che le risorse previdenziali restino bilanciate nel tempo. Tra il 2012 e il 2024, l’uso intensivo della pensione anticipata ha abbassato di fatto l’età media effettiva di uscita dal lavoro a circa 64 anni e 7 mesi.
La prima ipotesi: deroga per chi ha già compiuto 64 anni nel 2027
Secondo la prima ipotesi in discussione, l’adeguamento dell’età pensionabile non si applicherebbe a quei lavoratori che, entro il 2027, hanno già compiuto almeno 64 anni. In tale contesto:
- I lavoratori che raggiungono 64 anni entro il 2027 potrebbero andare in pensione mantenendo i vecchi requisiti, senza subire l’incremento dei tre mesi.
- Per chi invece non ha raggiunto questa soglia anagrafica, scatterebbe l’aumento previsto sia per l’accesso alla pensione di vecchiaia che per quella anticipata ordinaria.
Questa soluzione nasce dall’obiettivo di proteggere chi si trova vicinissimo alla pensione e ha pianificato il proprio pensionamento con una certa sicurezza normativa. Secondo le stime INPS, sarebbero circa 170.000 i lavoratori che, pur avendo maturato i contributi, non riuscirebbero a beneficiare di questa deroga, dovendo così attendere ulteriori mesi. Si tratterebbe, dunque, di una misura selettiva: da una parte alleggerisce il carico economico dello Stato, ma dall’altra rischia di creare diseguaglianze tra coorti lavorative con pochi mesi di differenza.
Limitare la deroga ai soli 64enni nel 2027 avrebbe un costo stimato di circa 1,5-2 miliardi di euro a regime, contro oltre 3 miliardi richiesti da un blocco per tutti.
La seconda ipotesi: aumento distribuito nel tempo e sistema delle finestre
La seconda proposta prevede un incremento graduale piuttosto che concentrato in un’unica soluzione. In tal modo:
- L’aumento dei tre mesi sarebbe suddiviso sugli anni successivi, con un solo mese aggiuntivo nel 2027, un ulteriore mese nel 2028 e, se necessario, completamento nel 2029 in relazione all’ulteriore crescita dell’aspettativa di vita.
- Sarebbero previste le cosiddette "finestre mobili": un differimento tra il momento in cui si maturano i requisiti e quello dell’effettiva decorrenza della pensione, per diluire l’impatto sui lavoratori.
Questo sistema consente un riallineamento graduale alle nuove condizioni demografiche e permette a chi è prossimo al pensionamento di riformulare le proprie strategie senza traumi.
Terza ipotesi: sterilizzazione selettiva e blocco solo per alcune categorie
La terza ipotesi di blocco dell'aumento del'età pensionabile appare la più selettiva: l’esclusione dall’adeguamento sarebbe concessa soltanto ad alcune categorie definite come maggiormente meritevoli di tutela sulla base della normativa e dei criteri sociali condivisi. Rientrerebbero nel blocco:
- Lavoratori precoci, ovvero chi ha iniziato a versare contributi da prima dei 18 anni e rientra in determinati profili di tutela.
- Addetti a mansioni usuranti o gravose, individuati in base a elenchi normativi aggiornati.
Questo sistema comporterebbe
un ulteriore restringimento della platea dei beneficiari, limitando la deroga a chi si trova in condizioni lavorative particolarmente gravose o fragili. La motivazione dichiarata è quella di privilegiare l’equità sociale, premiando chi vive percorsi professionali più difficili o discontinui.
Costi e sostenibilità delle riforme: stime, effetti economici e coperture
Le analisi dei costi delle tre ipotesi di blocco e delle possibili deroghe si concentrano su un dato condiviso: ogni alleggerimento dell’adeguamento all’aspettativa di vita implica costi rilevanti per lo Stato. Secondo fonti tecniche e governative:
- Il blocco totale dell’aumento età pensione comporterebbe una spesa di circa 3 miliardi di euro l’anno a regime, aumentando considerevolmente anche il rapporto spesa pensionistica/PIL nel lungo periodo.
- L’opzione con deroga ai soli 64enni dimezzerebbe i costi: circa 1,5-2 miliardi annui.
- La soluzione selettiva avrebbe un impatto finanziario molto basso, in ragione del numero limitato di beneficiari.