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Pensioni, aumento dell'età di uscita per tutti tranne che per alcuni dal 2027

di Marianna Quatraro pubblicato il
Pensioni aumento eta 2027

L'aumento automatico dell'età pensionabile di tre mesi previsto per il 2027 sarà bloccato ma solo per alcuni lavoratori: le ipotesi al vaglio del governo

Dal 1° gennaio 2027, l’età pensionabile in Italia subirà un incremento di tre mesi, come conseguenza diretta dell’adeguamento biennale all’aspettativa di vita. Questa variazione, prevista dalla normativa vigente, interesserà sia i requisiti per la pensione di vecchiaia che quelli per le pensioni anticipate, modificando la tempistica di accesso all’assegno previdenziale per milioni di lavoratori. Il dibattito politico ed economico degli ultimi mesi si è acceso intorno alla possibilità di limitare o bloccare l’aumento previsto, 

Il meccanismo automatico dell’adeguamento dell’età pensionabile: come funziona e perché viene applicato

L’adeguamento automatico dell’età pensionabile ai cambiamenti nell’aspettativa di vita nasce dall’esigenza di garantire la sostenibilità del sistema previdenziale. Questo meccanismo, introdotto dalla riforma Fornero, stabilisce che i requisiti anagrafici e contributivi necessari per l’accesso alla pensione siano aggiornati ogni due anni in base ai dati Istat sull’aspettativa di vita della popolazione italiana. L’aggiornamento può solo incrementare i requisiti: durante il periodo pandemico, ad esempio, l’assenza di incremento demografico ha sospeso l’adeguamento, ma dal 2027 si tornerà a un aumento

Attualmente servono 67 anni per la pensione di vecchiaia e 42 anni e 10 mesi (un anno in meno per le donne) per la pensione anticipata; con il prossimo adeguamento questi valori aumenteranno a 67 anni e 3 mesi e a 43 anni e 1 mese (42 anni e 1 mese per le donne). L’aggiornamento si applica anche alle altre prestazioni legate all’età (come assegno sociale e pensione contributiva) e:

  • Mantiene l’equilibrio tra contribuenti attivi e pensionati;
  • Attenua l’aumento dell’indice di dipendenza dei pensionati;
  • Evita che le pensioni risultino troppo basse, alleggerendo le pressioni sugli istituti assistenziali.

L’ipotesi principale: blocco dell’aumento solo per chi ha già 64 anni nel 2027

Tra le prime ipotesi valutate dal Governo per limitare l’impatto dell’aumento automatico dei requisiti, emerge la possibilità di escludere dalla nuova soglia coloro che nel 2027 avranno già compiuto 64 anni.

Questa soluzione permetterebbe solo ai lavoratori molto vicini alla pensione di mantenere le condizioni previste prima dello scatto, mentre tutti gli altri sarebbero soggetti all’incremento di tre mesi. In termini numerici, tale scelta ridurrebbe notevolmente il numero di beneficiari, ridimensionando anche la spesa prevista (da circa 1 miliardo a 300 milioni di euro annui secondo simulazioni ministeriali). Le principali condizioni:

  • Accesso invariato alla pensione di vecchiaia per chi ha 64 anni nel 2027;
  • Aumento applicato a chiunque abbia meno di 64 anni in quello stesso anno, indipendentemente dagli anni di contribuzione maturati;
  • La soluzione favorirebbe i lavoratori che hanno potuto maturare continuità lavorativa e di carriera più stabile;
  • L’agevolazione escluderebbe lavoratori più giovani o chi, pur avendo una lunga carriera, non raggiunge i 64 anni entro quella data.
Dunque, per riassumere, la prima ipotesi prevede che il blocco dell'aumento dei tre mesi dell'età di pensionamento scatti soltanto per chi nel 2027 avrà già compiuto 64 anni. In questo caso lo scatto dei tre mesi non ci sarebbe più, per cui se un lavoratore ha 62 anni, pur avendo lavorato per 42 anni e 10 mesi si vedrà applicato l'aumento dei tre mesi. Il taglio della platea dei beneficiari sarebbe consistente.

La proposta della Ragioneria generale dello Stato: aumento limitato a un solo mese e revisione dei coefficienti

La seconda ipotesi proposta dalla Ragioneria generale dello Stato sarebbe, invece, quella di far scattare per il 2027 solo un mese di aumento dell'età di pensionamento, o direttamente o passando per l'introduzione di una finestra mobile, Inoltre, si pensa ad una modifica dei coefficienti di trasformazione, cioè del moltiplicatore che consente il calcolo della pensione in base ai contributi versati, che è un secondo meccanismo di stabilizzazione che serve a controbilanciare l'aumento dell'aspettativa di vita. 

Senza un intervento su questi coefficienti, il “blocco” rischierebbe di ridurre l’assegno pensionistico medio del 9%. Di conseguenza, la proposta della Ragioneria combina:

  • Aumento limitato dei requisiti anagrafici/contributivi;
  • Revisione dei coefficienti per mantenere un livello adeguato delle prestazioni;
  • Possibilità di introdurre finestre mobili, ossia il differimento dell’uscita effettiva dalla maturazione del diritto.
Questa soluzione garantirebbe una transizione meno gravosa sia per le finanze pubbliche sia per i futuri pensionati.

Impatto economico delle ipotesi di blocco sull’equilibrio del sistema pensionistico

La sospensione, anche parziale, dell’adeguamento all’aspettativa di vita ha un costo rilevante per la finanza pubblica. Secondo le stime dei tecnici ministeriali e dei principali istituti di ricerca, il blocco generalizzato comporterebbe una spesa aggiuntiva fino a 3 miliardi di euro, mentre l’ipotesi selettiva ridurrebbe l’onere a circa 300 milioni annui.

La scelta della Ragioneria di applicare solo un mese di aumento rappresenta un compromesso, con impatti economici meno gravosi e maggiore equilibrio tra esigenze di tutela sociale e copertura finanziaria.

Ipotesi Costo stimato annuo
Blocco totale per tutti Fino a 3 miliardi €
Blocco per chi ha almeno 64 anni Circa 300 milioni €
Aumento di 1 mese per tutti Inferiore a 300 milioni €

 

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