Nel 2026 l'Isee dovrebbe cambiare e la casa avere un peso solo parziale nel calcolo, influendo su criteri per bonus e agevolazioni.
L’Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE) rappresenta il parametro chiave per determinare l’accesso di famiglie e singoli cittadini a bonus e agevolazioni sociali. Con la proposta di riforma in discussione per il 2026, si prefigura una modifica sostanziale al sistema: la prima casa di abitazione sarà considerata in misura minore – o esclusa del tutto – dal calcolo dell’ISEE. L’obiettivo condiviso dalle forze politiche e dagli operatori sociali è mitigare le attuali distorsioni che penalizzano chi possiede un immobile di residenza, ma dispone di redditi modesti.
La determinazione dell’ISEE avviene attraverso la Dichiarazione Sostitutiva Unica (DSU), compilata con dati reddituali e patrimoniali relativi all’intero nucleo familiare. Attualmente, il calcolo prende in considerazione sia redditi che patrimoni, differenziando fra componenti mobiliari (conti bancari, titoli, investimenti) e immobiliari (case, terreni, altri immobili). Per quanto riguarda l’abitazione di residenza, la normativa vigente stabilisce che il valore catastale della casa principale entri solo parzialmente nel calcolo dell’ISEE, grazie a un sistema di franchigie: viene infatti prevista una deduzione di 52.000 euro sul valore dell’immobile, soglia che si eleva di 2.500 euro per ogni figlio convivente oltre il secondo. Solo ciò che eccede questa franchigia viene computato, e comunque per due terzi del suo valore.
Nonostante questa mitigazione, molti nuclei proprietari dell’abitazione dove vivono risultano esclusi da prestazioni sociali – come assegno unico, bonus nido, agevolazioni per le utenze – perché il valore immobiliare supera le soglie stabilite per l’accesso ai benefici, anche a fronte di redditi reali modesti. Ciò crea una penalizzazione soprattutto per quella fascia di popolazione proprietaria di immobili per eredità, risparmio o sacrificio personale, senza una reale disponibilità di liquidità.
La proposta centrale per il 2026 prevede di escludere completamente, o quasi del tutto, l’abitazione principale dal patrimonio considerato nel calcolo dell’ISEE. L’indicazione politica, avanzata da più parti e formalizzata in sede di Legge di Bilancio, mira a distinguere la proprietà della casa utilizzata come residenza da altri tipi di investimenti e ricchezza reale. In questo modo si vuole evitare che la sola proprietà immobiliare di base, spesso frutto di risparmio o successione, diventi un elemento penalizzante per la valutazione della capacità economica.
Restano invece pienamente considerati, anche ai fini ISEE, gli ulteriori immobili intestati al nucleo familiare: seconde case, immobili locati o destinati a uso diverso dalla residenza principale. L’esclusione riguarda solo l’abitazione in cui si vive e che rappresenta un diritto sociale essenziale, secondo le più recenti linee guida emerse da tavoli tecnici e politici.
Vari esperti del settore e rappresentanti delle istituzioni sottolineano che questa novità restituirebbe al sistema un maggiore grado di equità, correggendo una delle principali distorsioni attualmente contestate da cittadini e operatori sociali.
Il calcolo dell’Isee 2026 con le modifiche previste per la casa cambia in funzione di diversi elementi che sono: il valore catastale della prima casa, l’ammontare del mutuo residuo e la composizione complessiva del patrimonio familiare.
Considerando che il patrimonio immobiliare pesa per il 20% nel calcolo dell’Indicatore, si tratta di una riduzione dell’indicatore di circa 12.000-14.000 euro. Per una famiglia che ha una casa di valore inferiore, ad esempio 100.000 euro di valore catastale, la riduzione sarà proporzionalmente minore, tra 5.000 e 8.000 euro di Isee in meno.
Chi invece possiede immobili molto costosi nelle zone centrali delle grandi città potrebbe vedere riduzioni anche superiori ai 20.000 euro. Per meglio comprendere, prendiamo il caso di una coppia, Marco e Laura, con due figli, che hanno una casa con valore catastale di 180.000 euro e mutuo residuo di 80.000 euro. Reddito complessivo: 50.000 euro annui. Nessun altro patrimonio significativo. Con le regole attuali, dopo aver applicato le franchigie per numero di componenti e detratto il mutuo, circa 60.000-70.000 euro di patrimonio immobiliare contribuiscono all’Isee ma sparirebbero completamente con la riforma 2026.
L’introduzione di un Isee senza casa parzialmente rivoluzionerà l’accesso a una vasta gamma di misure di sostegno pubblico. Agevolazioni scolastiche, bonus nido, borse di studio, assegni unici, bonus sociali per energia, acqua, gas e numerosi altri incentivi nazionali e locali basano le soglie di accesso proprio sul valore dell’ISEE. Con la prima casa esclusa dalla base di calcolo, molte famiglie che oggi risultano appena sopra le soglie previste – soprattutto nel Centro-Nord Italia dove i valori catastali sono più elevati – compiranno un significativo balzo all’indietro nell’indicatore, tornando a rientrare nei parametri di diritto per le prestazioni sociali.
È atteso, in particolare, un ampliamento della platea dei beneficiari per:
Al tempo stesso emergono alcune criticità: