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Byd lavora con gli ex fornitori italiani lasciati da Stellantis dimostrando che anche in Italia si può produrre

di Marcello Tansini pubblicato il
Fornitori italiani Stellantis

BYD ridefinisce il panorama automobilistico a Torino collaborando con fornitori italiani lasciati da Stellantis. Un nuovo capitolo tra strategie industriali, sfide produttive, opportunità e investimenti.

BYD ha avviato un processo per valorizzare il know-how torinese, selezionando una rete di aziende storicamente legate alla fornitura di componentistica auto. Questa mossa ha riacceso le speranze di rilancio all'interno di un distretto fortemente penalizzato dalla riduzione delle commesse e delle attività produttive di Stellantis. Il risultato? Un'opportunità di trasformazione che mette al centro competenze, tradizione e reputazione manifatturiera di Torino, proprio mentre la città sente il peso di una delle crisi più severe della sua storia industriale recente. La nuova centralità della zona, favorita da manager di grande esperienza, dimostra che la produzione di componenti di qualità in Italia può attrarre player globali dell'auto, anche in un contesto di profonda evoluzione.

Crisi Stellantis: la situazione delle aziende fornitrici italiane

Negli ultimi anni, la contrazione delle attività produttive italiane legate a Stellantis ha inciso gravemente sull'intero sistema della componentistica, con ripercussioni evidenti soprattutto nel torinese. Il drastico calo delle commesse ha esposto centinaia di PMI locali a uno scenario incerto, caratterizzato da lunghi periodi di cassa integrazione, chiusure e una crescente difficoltà nella riconversione del proprio core business. Nel solo 2024, si è registrata una diminuzione stimata del 30% nella produzione nazionale rispetto all'anno precedente. L'indotto, strettamente dipendente dalle scelte strategiche dell'ex Fiat, ha dovuto fare i conti con una progressiva perdita di centralità e con la mancanza di alternative solide capaci di compensare i volumi persi:

  • Molte imprese torinesi sono rimaste legate a un unico committente e prive di ulteriori sbocchi commerciali.
  • I ridotti ordinativi hanno portato a un aumento delle procedure di sospensione dei dipendenti, aggravando la già complessa dinamica occupazionale locale.
  • Alcune realtà più strutturate hanno tentato percorsi di diversificazione, mirando all'estero per garantire la propria sopravvivenza.
Questa situazione di incertezza è diventata terreno fertile per l'arrivo di nuove sfide e opportunità che aziende come BYD intendono raccogliere, cogliendo il patrimonio di esperienza e qualità tuttora presente nell'ecosistema piemontese.

La strategia di BYD in Europa: nuove partnership e obiettivi

L'espansione di BYD in Europa si inserisce in un contesto segnato dall'inasprimento delle misure protezionistiche dell'Unione Europea e dalla volontà di consolidare una presenza produttiva al di fuori dei confini asiatici. L'azienda ha programmato un piano di investimenti che prevede l'apertura di stabilimenti manifatturieri in Ungheria e Turchia - una scelta dettata da ragioni logistiche, fiscali e dalla necessità di evitare i dazi che gravano sulle importazioni di veicoli elettrici provenienti dalla Cina. In questo scenario, la ricerca di partner locali affidabili è diventata un pilastro fondamentale per il successo della strategia europea del gruppo:

  • L'apertura di una fabbrica a Szeged, in Ungheria, con una capacità produttiva annuale iniziale di 250.000 auto e la previsione di crescita ulteriore.
  • Un secondo impianto in costruzione in Turchia, con investimenti per circa un miliardo di dollari e la creazione di un centro di ricerca dedicato.
  • Il centro di design europeo di BYD, già operativo a Milano, conferma la volontà di radicarsi in Italia anche sotto il profilo creativo e progettuale.
Questa strategia risponde sia all'esigenza di stabilire una supply chain europea solida e competitiva, sia alla necessità di tutelare la propria posizione di leadership sui mercati globali, sfruttando le competenze delle aziende italiane e torinesi selezionate come potenziali partner.

Processo di selezione: le 85 aziende torinesi scelte da BYD

Il percorso di individuazione dei fornitori ha visto la partecipazione di quasi 200 aziende piemontesi nel corso di incontri tenutisi a Torino tra febbraio e la primavera. A guidare questa fase sono stati manager quali Alfredo Altavilla, già dirigente Fiat e FCA, e Alessandro Grosso, responsabile in Italia dell'azienda cinese. La selezione, durata alcuni mesi, si è concentrata su requisiti come innovazione tecnologica, qualità produttiva e solidità finanziaria:

  • Le realtà scelte provengono per lo più dal torinese, con una lunga esperienza nella lavorazione di componenti essenziali come cambi, sistemi di trasmissione, filtri e freni.
  • Per molte di queste aziende, la collaborazione rappresenta una possibilità concreta di recuperare i volumi persi con la crisi di Stellantis e di accedere a mercati internazionali.
L'attenzione non si è limitata alle caratteristiche tecniche, ma ha riguardato anche la capacità di adattamento a nuove logiche di partnership e la propensione a investire nella riconversione tecnologica verso la mobilità elettrica. L'esito ha portato all'individuazione di 85 imprese pronte a integrarsi nella catena di fornitura dei nuovi stabilimenti europei dell'azienda cinese.

Le opportunità e le sfide per la filiera piemontese

L'ingresso di BYD nel network della componentistica piemontese apre potenzialità inedite e allo stesso tempo pone una serie di sfide che richiedono risposte rapide e strategiche. La possibilità di fornire componenti per fino a 500.000 veicoli l'anno rappresenta un volume notevolmente superiore rispetto agli attuali livelli produttivi degli stabilimenti italiani:

  • Per molte aziende si tratta dell'occasione di diversificare il portafoglio clienti, riducendo la dipendenza da un unico attore industriale.
  • La varietà di componenti richiesti - dai sistemi meccanici di precisione a quelli elettronici - spinge verso un aggiornamento delle competenze interne e delle tecnologie impiegate.
Dietro la prospettiva di rilancio industriale si nascondono però anche timori: il rischio che la presenza produttiva rimanga ancorata a Paesi con costi inferiori oppure che l'indotto perda il proprio radicamento locale, a fronte di una crescente spinta verso la delocalizzazione:

Opportunità

Sfide

Aumento delle commesse e accesso a mercati internazionali

Adattamento ai nuovi standard richiesti dalla mobilità elettrica

Collaborazioni con un operatore globale in fase di espansione

Differenziazione tecnologica e necessità di investimenti

Possibilità di investimenti esteri aggiuntivi sul territorio

Incognite legate alla stabilità delle collaborazioni a lungo termine

Il nodo dei costi energetici e della competitività italiana

La principale critica emersa nelle trattative tra BYD e i nuovi partner riguarda i costi dell'energia, identificati come il vero ostacolo alla competitività delle imprese italiane e torinesi. Secondo i dati di settore, il prezzo all'ingrosso del megawattora in Italia si attesta su cifre sensibilmente più alte rispetto ad altri Paesi industrializzati europei, come la Germania:

  • Le imprese italiane sono chiamate a confrontarsi con un differenziale che, se non colmato, rischia di penalizzare le forniture nazionali nella corsa ai grandi appalti internazionali.
  • Alfredo Altavilla e altri rappresentanti industriali hanno sottolineato la necessità di politiche energetiche strutturali, con strumenti di agevolazione e incentivi mirati alla riduzione dei costi di approvvigionamento.
Al tema del costo energetico si aggiunge quello della burocrazia, delle infrastrutture e della fiscalità, elementi centrali nella scelta di destinare a Paesi dell'Est Europa i nuovi insediamenti produttivi. Nonostante ciò, l'interesse per la filiera nazionale resta alto, a condizione che si riesca a dare un segnale forte sul fronte della sostenibilità economica della produzione made in Italy.

La prospettiva di una collaborazione tra imprese torinesi e un costruttore globale ha suscitato un'accoglienza attenta da parte delle organizzazioni sindacali. FIOM e le altre sigle del settore hanno infatti rimarcato la necessità di impegni vincolanti a tutela dei posti di lavoro nel breve e nel lungo periodo:

  • La principale richiesta riguarda il mantenimento delle attività produttive in Italia e il divieto di sfruttare il capitale umano locale a vantaggio di produzioni destinate esclusivamente all'estero.
  • Permane la preoccupazione che, pur con volumi importanti, il rischio di delocalizzazione resti elevato se prevalgono logiche di minimizzazione dei costi senza garanzia di reinvestimento stabile sul territorio.
  • L'esperienza del passato, con la progressiva fuga verso altri mercati, alimenta la richiesta di accordi trasparenti e monitorabili.
La tutela dell'occupazione e la partecipazione attiva delle organizzazioni dei lavoratori restano cardini della trattativa. Per il territorio, non basta recuperare spazi produttivi: è essenziale garantire una reale stabilità sociale e assicurare che la nuova filiera contribuisca alla qualità e continuità del lavoro italiano.


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