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Chi ci perde di più in busta paga con la tassa sul fringe benefit auto uso promiscuo? Risultati paradossali e ingiusti

di Chiara Compagnucci pubblicato il
Nuove regole sui fringe benefit

Con la modifica delle normative fiscali, il calcolo dei fringe benefit si basa sul costo chilometrico dei veicoli, differenziato per alimentazione e classe di emissioni.

L'introduzione delle nuove tabelle Acu sui chilometri percorsi per il calcolo dei fringe benefit ha aperto un dibattito sul trattamento fiscale delle auto aziendali. La normativa aggiornata, entrata in vigore nel 2025, ha creato uno scenario in cui il vantaggio fiscale dipende non solo dal tipo di alimentazione del veicolo, ma anche dalla sua efficienza ambientale.

Sebbene l'obiettivo sia promuovere la mobilità sostenibile, questa politica ha generato disparità che penalizzano i lavoratori con auto aziendali economiche. Capiamo meglio:

  • Come funzionano le nuove regole sui fringe benefit
  • Tassa sul fringe benefit, risultati paradossali e ingiusti

Come funzionano le nuove regole sui fringe benefit

Le nuove regole per il calcolo dei fringe benefit si basano su costi chilometrici aggiornati in funzione dell'alimentazione e delle emissioni di CO₂ dei veicoli. I modelli elettrici, grazie alle loro zero emissioni, risultano fiscalmente più vantaggiosi rispetto ai veicoli a combustione interna. Un'auto come la Tesla Model 3 comporta un fringe benefit più basso rispetto a una vettura economica a benzina come la Fiat Panda.

Questo cambiamento normativo incentiva l'adozione di auto elettriche o ibride, ma solleva interrogativi sulla giustizia fiscale. Chi non ha accesso a veicoli di nuova generazione rischia di pagare una tassazione maggiore, indipendentemente dal valore reale dell'auto.

Tassa sul fringe benefit, risultati paradossali e ingiusti

Un esempio che ha suscitato polemiche è il confronto tra la Tesla Model 3 e la Fiat Panda. Nonostante il costo di acquisto più alto, la Tesla beneficia di una tassazione ridotta grazie alle sue emissioni zero. Al contrario, una Fiat Panda, pur essendo accessibile e diffusa, viene penalizzata per il suo impatto ambientale relativamente maggiore.

Questo paradosso evidenzia una criticità del sistema: la tassazione si basa su criteri che favoriscono chi può permettersi auto di fascia alta, lasciando indietro chi opta per veicoli più economici e tradizionali. Per molte piccole aziende e lavoratori, il passaggio a un’auto elettrica è economicamente proibitivo, nonostante i vantaggi fiscali associati.

L’obiettivo del legislatore è spingere verso una transizione ecologica e favorire veicoli a basso impatto ambientale. Questo approccio presenta alcuni limiti. Non tutte le realtà aziendali, soprattutto le piccole e medie imprese, possono permettersi di rinnovare le proprie flotte aziendali con modelli elettrici o ibridi. Anche i lavoratori dipendenti, che spesso non scelgono direttamente l'auto aziendale, si trovano penalizzati dalle nuove regole.

Un altro aspetto critico è la disponibilità infrastrutturale. La rete di ricarica per i veicoli elettrici è ancora limitata in molte aree e rendono l’adozione di queste tecnologie non così scontato né da un punto di vista logistico né economico.

Per rendere il sistema più equo, sarebbe necessario introdurre incentivi mirati per l'acquisto di auto ibride o elettriche di fascia economica. Un adeguamento progressivo delle tabelle Aci potrebbe bilanciare le disparità, evitando di gravare sui lavoratori con auto tradizionali.

Un’altra propostaè prevedere agevolazioni fiscali specifiche per le aziende per rinnovare le proprie flotte con modelli a basse emissioni, senza imporre penalizzazioni a chi utilizza auto meno recenti.

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