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Chi è escluso e non riceverà i buoni pasto più alti da 10 euro nel 2026

di Marcello Tansini pubblicato il
esclusi buoni pasto 10 euro

Nel 2026 i buoni pasto saliranno a 10 euro, ma non tutti potranno beneficiarne. L’articolo analizza i cambiamenti previsti, le categorie di esclusi, le differenze tra buoni elettronici e cartacei e le conseguenze su imprese e lavoratori.

La prospettiva del riconoscimento di ticket restaurant più ricchi a partire dal 2026 rappresenta una delle novità di maggiore impatto nel panorama del welfare aziendale italiano. Grazie alla nuova soglia di esenzione fiscale per i buoni pasto elettronici fissata a 10 euro giornalieri, milioni di lavoratori potranno beneficiare di un incremento reale del loro potere d’acquisto, senza subire nuovi oneri fiscali né contributivi.

Questo innalzamento nasce dall’esigenza di adeguare i valori del benefit aziendale all’inflazione e al progressivo aumento del costo della pausa pranzo

Tuttavia, la modifica normativa apre una riflessione sugli inevitabili effetti collaterali: non tutti saranno destinatari dei vantaggi collegati al nuovo plafond. L’esclusione si concentrerà, infatti, su alcune categorie di lavoratori per ragioni tecniche, organizzative o fiscali lasciando emergere contrasti e discussioni che coinvolgono la rappresentanza sindacale e numerosi comparti del lavoro dipendente e pubblico. I

Come cambiano i buoni pasto dal 2026: caratteristiche, limiti e novità fiscali

Dal prossimo anno, il quadro normativo che disciplina i buoni pasto sarà oggetto di una revisione importante, destinata ad incidere tanto sulle buste paga dei lavoratori quanto sulle decisioni organizzative delle aziende. Il beneficio più rilevante è rappresentato dall’aumento della soglia detassata per i buoni pasto elettronici, la quale passerà dagli attuali 8 euro a 10 euro per ogni giorno lavorato. Questo significa che i primi 10 euro erogati sotto forma di ticket elettronico non concorreranno più alla formazione del reddito da lavoro dipendente, restando integralmente esentasse e sgravati dai contributi previdenziali.

La disciplina resterà invece invariata per la versione cartacea, ancora ferma al limite di esenzione di 4 euro per giornata lavorativa. Resta fermo il principio per cui la porzione eccedente i limiti fissati (sia per il ticket cartaceo sia per quello elettronico) viene operata come compenso imponibile e tassata dall’azienda secondo le regole ordinarie.

Dal punto di vista operativo, questo implica che per chi riceve i buoni elettronici la somma annuale esentasse potrà raggiungere i 2.200 euro (ipotizzando 220 giornate lavorate), rispetto agli attuali 1.760 euro.

Per le aziende, il benefit continua a essere interamente deducibile come costo. Le recenti modifiche rientrano in un quadro di rinnovata attenzione al welfare aziendale, con vantaggi fiscali sia per le imprese sia per i lavoratori. Da settembre, inoltre, la legge sulla concorrenza introduce un tetto massimo del 5% alle commissioni tra emittenti e esercizi convenzionati, rappresentando un ulteriore elemento di regolazione economica del sistema.

Chi resta escluso dall’aumento: lavoratori, categorie e scenari

Non tutti i lavoratori beneficiari delle soluzioni ticket restaurant saranno coinvolti dall’ampliamento della soglia a 10 euro. Gli esclusi riguarderanno principalmente:

  • Chi continua a ricevere buoni pasto in formato cartaceo nelle imprese meno digitalizzate e nel settore pubblico;
  • Dipendenti impiegati in realtà produttive che, per ragioni organizzative o scelte aziendali, non hanno ancora implementato l’utilizzo dei buoni elettronici;
  • Personale scolastico, sia docente sia ATA, che nella maggior parte dei casi continua a non disporre di questo tipo di benefit, nonostante le richieste sindacali;
  • Categorie particolari, come i lavoratori in somministrazione, con contratti atipici o in piccole aziende, dove la gestione digitalizzata è ancora carente.
Questa esclusione deriva da molteplici fattori: la volontà di favorire la tracciabilità dei benefit, l’esigenza di modernizzare i sistemi di gestione e la presenza di barriere tecnologiche e organizzative, soprattutto nelle piccole imprese e in alcuni comparti pubblici.

Nel settore della logistica, del commercio e della produzione industriale, soprattutto tra i metalmeccanici o tra chi lavora su turni, la questione si presenta con maggiore acutezza: spesso i buoni pasto non coprono il reale costo della mensa e l’adeguamento resta appannaggio solo di una parte dei lavoratori.

I sindacati denunciano il rischio di una crescente disparità salariale tra chi riceve ticket elettronici e chi si ferma ancora sui titoli cartacei, sottolineando l’urgenza di una soluzione normativa che favorisca una maggiore equità intersettoriale e intergenerazionale.

Il caso particolare molto discusso dell'esclusione del personale scolastico e altre categorie specifiche

Una delle questioni più dibattute riguarda l’assenza di buoni pasto per migliaia di lavoratori scolastici, compresi docenti e personale ATA. Sebbene spesso richiesti durante le trattative contrattuali, i ticket non risultano previsti né come componente strutturale della retribuzione né come istituto di welfare nei CCNL del settore scuola, anche a causa della carenza di copertura finanziaria nei bilanci statali e locali.

Secondo ARAN e le principali sigle sindacali, l’estensione dei buoni pasto al personale scolastico rappresenterebbe uno strumento di valorizzazione del lavoro pubblico, con benefici diretti sul reddito netto dei lavoratori e sul riconoscimento sociale del servizio svolto. 

Differenza tra buoni pasto elettronici e cartacei: chi ottiene i benefici maggiori

L’attuale regolamentazione crea una netta distinzione fra le due modalità di emissione. Chi utilizza i buoni elettronici potrà beneficiare del nuovo limite di esenzione fiscale fino a 10 euro, con la totale trasparenza delle transazioni, la riconciliazione automatica delle spese e la possibilità di accesso a una rete ampia di esercenti convenzionati.

I lavoratori che invece ricevono ticket cartacei restano vincolati all’attuale soglia di 4 euro, decisa per garantire maggiore controllo sulle erogazioni, anche se a svantaggio della platea di utilizzatori che operano in contesti dove la digitalizzazione non è ancora la norma (reti di piccole attività, aziende senza sistemi informatici, enti pubblici di minor dimensione). L’impatto pratico di questa differenza può essere riassunto in una tabella comparativa:

Tipologia Limite esenzione fiscale attuale Limite dal 2026
Elettronico 8 euro 10 euro
Cartaceo 4 euro 4 euro (invariato)

 

Domande frequenti e chiarimenti su casi particolari (partite IVA, amministratori, fringe benefit)

Con le novità introdotte, emergono numerosi quesiti sulle modalità applicative a favore di categorie particolari:

  • Partite IVA: i lavoratori autonomi in contabilità ordinaria che acquistano per sé buoni pasto possono dedurre il costo fino al 75% entro il limite del 2% dei compensi, con IVA detraibile al 10%. È richiesta l’inerenza e la tracciabilità della spesa secondo i criteri dell’art. 54 TUIR.
  • Amministratori di società: la regola generale consente di escludere da tassazione i buoni pasto solo se l’amministratore percepisce anche un compenso formale. In caso di incarico gratuito, l’Agenzia delle Entrate ritiene che il buono rappresenti remunerazione in natura, e quindi sia imponibile.
  • Fringe benefit: i buoni pasto possono costituire fringe benefit se concessi a singoli lavoratori, ma la soglia di esenzione resta separata rispetto ai limiti previsti per questa forma di welfare (1.000 euro per tutti i dipendenti, 2.000 per quelli con figli a carico), come disciplinato dall’art. 51 TUIR. Se si superano i limiti annui dei fringe, la parte eccedente concorre integralmente a formare il reddito da lavoro dipendente.