Dal 2006 il tuo sito imparziale su Lavoro, Fisco, Investimenti, Pensioni, Aziende ed Auto

Chi sono i laureati e lavoratori che lasciano il Sud ogni anno, dove vanno e perchè lo fanno secondo studio Censis-Confcooperative

di Marcello Tansini pubblicato il
chi si trasferisce dal sud, dove e perch

La migrazione dal Sud Italia di giovani e laureati è un fenomeno rilevante che coinvolge numeri crescenti, modifica gli equilibri sociali ed economici e interpella le strategie di rilancio del Mezzogiorno.

L’Italia meridionale affronta, anno dopo anno, una perdita significativa di giovani talenti e studenti. Il movimento migratorio verso il Nord della penisola e oltre confine è alimentato da dinamiche sociali, economiche e culturali che stanno ridisegnando il tessuto demografico del Mezzogiorno. Questa tendenza, spesso definita "fuga dei cervelli al Sud nuovo rapporto Censis e Confcooperative", coinvolge soprattutto giovani altamente qualificati e studenti universitari, determinando un impatto profondo e duraturo non solo sul futuro delle nuove generazioni ma anche sull’intero sistema economico e produttivo del territorio. Comprendere i numeri, le destinazioni e le motivazioni di questo esodo è essenziale per analizzare il futuro del Sud Italia.

Dimensioni della fuga: quanti studenti e lavoratori lasciano il Sud ogni anno

Le cifre evidenziate nelle ultime analisi confermano la portata del fenomeno: si stima che ogni anno circa 134.000 studenti e 36.000 laureati abbandonano il Sud d’Italia, secondo i dati forniti da Censis e Confcooperative. Questo movimento rappresenta una perdita complessiva di oltre 4 miliardi di euro tra valore economico, investimenti formativi pubblici e familiari che si "trasferiscono" insieme a chi lascia.

  • Studenti universitari: le università del Nord e del Centro attirano una quota significativa di iscritti meridionali, portando a una diminuzione delle risorse nelle casse degli atenei del Sud e aumentando il carico economico sulle famiglie dell’area meridionale.
  • Laureati: si registra l’esodo di circa 23.000 giovani verso il Centro-Nord per motivi professionali e almeno 13.000 che scelgono l’estero, evidenziando il valore dell’investimento perso (una media di 112.000 euro a laureato solo nel percorso formativo).
Anno Studenti emigrati Laureati emigrati Perdita economica stimata
2022 134.000 36.000 Oltre 4 miliardi di euro
L'esodo riguarda, in particolare, studenti delle discipline STEM e giovani con alte competenze che vanno ad arricchire territori diversi da quelli che hanno finanziato la loro formazione. Questo flusso comporta, inoltre, una riduzione di gettito per gli atenei meridionali stimata in 157 milioni di euro, con differenza nei costi delle rette che grava sulle famiglie per circa 120 milioni annui.

Le principali destinazioni: dove emigrano i giovani del Sud

La geografia delle destinazioni privilegiate dagli studenti e professionisti meridionali varia tra aree italiane ed estere. Roma, Milano e Torino si confermano i poli universitari e lavorativi di maggiore richiamo:

  • Roma: accoglie oltre 32.800 studenti dal Sud, rappresentando il 16,4% degli iscritti nelle sue università.
  • Milano: supera i 19.000 studenti provenienti dal Meridione, con un’incidenza del 10,1% sul totale.
  • Torino: registra 16.840 iscrizioni dal Sud, circa il 15,7% degli universitari presenti.
L’esodo non si ferma ai confini nazionali: una quota crescente di giovani laureati si orienta verso altri Paesi europei e fuori dall’Europa, alla ricerca di condizioni economiche e prospettive di carriera migliori. Nel 2024, circa 13.000 laureati meridionali hanno lasciato l’Italia.

Impatto economico e sociale della migrazione sul Mezzogiorno

Le conseguenze della costante emorragia di forze giovani e qualificate sono evidenti sotto molteplici profili. In primo luogo, il trasferimento di ricchezza formativa e capitale umano rappresenta una perdita economica diretta a carico delle regioni meridionali, quantificata in miliardi di euro di investimenti che avrebbero potuto generare valore aggiunto sul territorio. Inoltre, le famiglie sostengono costi supplenti sia materiali che emotivi nell’accompagnare e supportare l’uscita dei propri figli dal Sud.

  • Depauperamento demografico: lo svuotamento progressivo di intere realtà provinciali riduce la base della futura classe dirigente, comportando difficoltà nel ricambio generazionale.
  • Impoverimento socio-culturale: la partenza di giovani formati incide negativamente sulla vitalità culturale locale e limita la diffusione di innovazione e nuove competenze nel tessuto sociale e produttivo.
  • Effetti sul sistema universitario: gli atenei meridionali si trovano a far fronte a risorse finanziarie sempre più ridotte, con il rischio di perdita di competitività rispetto agli atenei del Centro-Nord.
A livello macroeconomico, questa dinamica si traduce nel trasferimento di potenziale economico dalle aree meno sviluppate verso quelle già avanzate, peggiorando il divario tra Nord e Sud anche in termini di capacità di attrarre investimenti e capitale sociale.

Cause della migrazione: lavoro, studio e condizioni economiche

La decisione di lasciare il Sud ha radici complesse e multifattoriali. Tra le principali motivazioni emergono:

  • Opportunità di lavoro scarse: le difficoltà di accesso a occupazioni qualificate e la bassa presenza di settori ad alto valore aggiunto spingono molti giovani a cercare realizzazione professionale altrove.
  • Rette universitarie e investimenti familiari: spesso, gli studenti devono affrontare costi aggiuntivi per poter acquisire qualità didattica e prospettive di carriera presso atenei maggiormente riconosciuti fuori regione.
  • Condizioni economiche generali: i salari medi risultano nettamente inferiori rispetto all’Europa e anche rispetto alle altre zone d’Italia. La scarsa crescita e gli stipendi bassi, uniti a una maggiore precarietà del lavoro, spingono molti a “cambiare aria”.
  • Rete di mobilità bassa: la rigidità del mercato del lavoro italiano limita sia le possibilità di accesso sia quelle di mobilità interna, rendendo ancora più difficile ottenere un’occupazione soddisfacente senza lasciare il territorio d’origine.
Il lavoro temporaneo e la scarsa valorizzazione delle competenze portano molti a sentirsi "bloccati" in posizioni che non rispecchiano le proprie aspirazioni. La ricerca di un work-life balance reale resta, così, un traguardo lontano per molti giovani meridionali.

Le contromigrazioni e le strategie di retention dei talenti

Nonostante l’entità della migrazione, si registrano timidi segnali di inversione, sebbene ancora insufficienti a riequilibrare la situazione. La cosiddetta "contro-migrazione" vede circa 10.000 giovani provenienti dal Centro-Nord iscriversi agli atenei meridionali, un dato che, tuttavia, non può compensare gli effetti della perdita di capitale umano.

  • Iniziative di retention: alcune aziende e istituzioni locali cominciano a sperimentare strumenti per trattenere i talenti, come incentivi salariali, welfare aziendale, smart working e percorsi di crescita personalizzati.
  • Promozione dell’imprenditorialità: aumentano i giovani che scelgono la via dell’autoimprenditorialità, specie nel settore digitale e nelle startup innovative, cercando di valorizzare competenze sul territorio.
Questi movimenti, però, rimangono ancora troppo deboli rispetto agli enormi flussi in uscita, a causa della mancanza di una strategia organica e delle difficoltà strutturali di molte economie locali nel Sud Italia.

Potenzialità del Sud e percorsi per il rilancio

Malgrado il quadro complesso, il Mezzogiorno possiede ancora numerosi asset e risorse da valorizzare. Un’azione strategica di rilancio deve riattivare quei fattori di sviluppo che possono restituire attrattività e dinamismo all’area.

  • Investimenti nella formazione avanzata: aumentare la presenza di corsi STEM e rafforzare l’offerta universitaria regionale può contribuire a creare competenze competitive e trattenere talenti.
  • Supporto all’innovazione: favorire la nascita di startup, promuovere reti di impresa e agevolare l’internazionalizzazione delle PMI può spingere la crescita economica anche nelle aree interne.
  • Politica attiva per la mobilità: occorre rimuovere le barriere che limitano la mobilità lavorativa e promuovere forme di lavoro agile, puntando su un mercato più dinamico.
Questi percorsi, se articolati in maniera coordinata tra istituzioni, imprese e sistema della conoscenza, possono ridare vitalità al Sud, trasformando la "fuga dei cervelli" in una opportunità di crescita innovativa e sostenibile per il Paese.


Leggi anche