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Chi sono le donne imprenditrici con partita iva o azienda, cosa fanno e in quali settori operano. Dati e statistiche aggiornate

di Marianna Quatraro pubblicato il
Partita iva o azienda

L'imprenditoria femminile in Italia sta vivendo una fase di crescita tra record, sfide e cambiamenti. Profili, settori, distribuzione, barriere e nuove opportunità per le imprese guidate da donne.

Con oltre 1,6 milioni di partite IVA a guida femminile, questa realtà rappresenta ormai il 16% delle donne occupate, evidenziando l'importanza crescente di questa componente nelle dinamiche economiche nazionali. Tuttavia, se da un lato la presenza crescente delle donne nella conduzione d'impresa rappresenta un segnale di emancipazione e dinamismo, permangono sfide significative: la difficoltà di accedere al credito, la persistenza di barriere culturali e sociali e un tasso di occupazione femminile che resta tra i più bassi in Europa.

Quante sono le donne imprenditrici oggi: dati e crescita

Il tessuto produttivo italiano è animato da oltre 1,6 milioni di imprese con titolare o amministratrice donna, segno tangibile della vitalità del fenomeno imprenditoriale al femminile. Secondo l'Ufficio Studi della Cgia di Mestre, quest'ultimo dato riflette una crescita del 2,7% nel solo 2025, con uno stock medio di 1.678.500 unità nei primi tre trimestri dell'anno. A livello europeo, l'Italia guida la classifica per numero di imprenditrici, superando la Francia (1,5 milioni) e la Germania (1,2 milioni).

A livello percentuale, le imprese capitanate da donne rappresentano il 22-23% del totale nazionale, segnalando una progressiva salita della presenza rosa in settori un tempo considerati appannaggio maschile. Nel confronto con l'Unione Europea, l'Italia si conferma al vertice per numero assoluto di imprese femminili, mentre Francia e Germania seguono a distanza. Tuttavia, il tasso di occupazione femminile in Italia rimane ancora il più basso dell'Unione: sebbene in crescita negli ultimi anni, sconta vincoli strutturali e culturali che rallentano la piena valorizzazione delle competenze femminili.

Un dato interessante emerge osservando la distribuzione per settori:

  • 71% delle attività guidate da donne opera nei servizi
  • Commercio: oltre 288.000 attività
  • Agricoltura: 186.781 imprese
  • Altri servizi (estetica, benessere): 136.173 partite IVA rosa
  • Alloggio e ristorazione: 120.744 imprese
Questi numeri, sostenuti anche da fonti normative (come la legge 215/1992 e il Piano Nazionale per l'Imprenditoria Femminile), confermano la crescita sostenuta del fenomeno, marcando una transizione verso una leadership inclusiva e moderna.

È interessante notare che l'87% delle nuove imprese femminili si configura come microimpresa, mentre si consolida una tendenza all'aumento delle società di capitali, cresciute del +45% rispetto al 2014.

Chi sono le donne imprenditrici italiane: profilo e caratteristiche

L'identikit dell'imprenditrice italiana rivela tratti distintivi, che sottolineano l'evoluzione culturale ed economica in atto nel Paese. Si tratta generalmente di donne più istruite della media rispetto alla controparte maschile e fortemente motivate: il loro approccio all'impresa non è guidato dalla necessità di contrastare la disoccupazione, bensì dalla ricerca di realizzazione personale e autonomia professionale. Questa autodeterminazione si riflette nella predilezione per settori a elevata intensità di conoscenza e nella propensione a investire nella formazione propria e dei collaboratori.

Le imprese femminili, nella maggioranza dei casi, nascono come microimprese: il 96,2% ha meno di dieci addetti, mentre solo una frazione si espande verso dimensioni più grandi. Si riscontra una maggior incidenza di giovani e straniere alla guida di queste attività rispetto alle statistiche maschili, a testimonianza di una crescente inclusività e apertura generazionale.

I driver motivazionali spaziano dall'impulso all'innovazione alla volontà di conciliare lavoro e vita privata, passando per il desiderio di sviluppare modelli di management più orizzontali, collaborativi e orientati al benessere dei dipendenti. Numerose testimonianze raccolte all'interno di programmi di mentoring e empowerment (come SheFounder o le iniziative Unioncamere) evidenziano quanto il valore della rete e del supporto tra pari sia centrale per il rafforzamento del tessuto imprenditoriale al femminile.

In quali settori operano le imprenditrici: servizi, agricoltura, industria

I servizi rappresentano la vera casa dell'imprenditorialità al femminile: più di sette imprese su dieci si concentrano in questo comparto, in particolare nel commercio, nei servizi alla persona, nella sanità e nell'assistenza sociale. Secondo le analisi di Unioncamere e del Centro Studi Tagliacarne, il 66,8% delle imprese rosa opera nei servizi, il 15,4% in agricoltura, l'11,3% nell'industria.

La leadership nei servizi si basa anche su una spiccata attenzione alla qualità dei servizi offerti e alla dimensione relazionale: dalle parrucchiere alle estetiste, dalle massaggiatrici alle professioniste del benessere, le imprese rosa costruiscono reti di fiducia e occupano nicchie di mercato spesso trascurate dall'imprenditoria maschile.

In agricoltura, le donne detengono la conduzione di oltre il 31,5% delle aziende, emergendo come protagoniste del rinnovamento del settore grazie a inclinazione alla formazione, all'adozione di tecnologie digitali e alla diffusione di pratiche sostenibili. Le attività guidate da imprenditrici primeggiano negli agriturismi, nelle fattorie didattiche e nei comparti della floricoltura e dell'allevamento.

L'industria manifatturiera e l'artigianato si confermano ambiti di minore presidio per le donne rispetto agli uomini, ma negli ultimi anni si registra una crescita significativa della presenza femminile in comparti innovativi come l'ICT, le attività tecniche e scientifiche (+27% dal 2014).

Non mancano esempi di eccellenza anche in settori emergenti quali femtech, economia circolare, turismo esperienziale e agritech: qui, le imprenditrici riescono ad abbinare sostenibilità, innovazione tecnologica ed impatto sociale, dimostrando resilienza e visione a lungo termine.

Geografia dell'imprenditoria femminile: distribuzione territoriale e nuove generazioni

La mappa delle attività guidate da donne riflette peculiarità regionali e locali interessanti: contrariamente agli stereotipi, le percentuali più elevate di imprese rosa si registrano al Sud e in regioni dove l'occupazione femminile resta storicamente contenuta. Molise (27,2%), Basilicata (26,5%) e Abruzzo (25,3%) sono leader nel tasso di femminilizzazione delle imprese, con molte province del Mezzogiorno (Benevento, Avellino, Chieti) che raggiungono percentuali vicine al 30%.

Il Nord Italia ospita invece il maggior numero assoluto di attività a guida femminile, con la Lombardia al vertice (181.722 imprese), seguita da Campania, Lazio e Sicilia. Questa articolazione si spiega con la diversa distribuzione del tessuto produttivo e demografico nazionale.

Un altro dato rilevante riguarda la presenza di giovani e straniere: il 10,3% delle imprenditrici italiane ha meno di 35 anni, mentre oltre il 12% è di origine straniera, cifre superiori rispetto alla componente maschile. Nelle nuove generazioni si assiste inoltre a una crescente specializzazione e a una maggiore propensione verso i settori a elevato contenuto di conoscenza (+41,3% di attività professionali, scientifiche e tecniche tra le under 35 negli ultimi dieci anni).

Barriere e sfide: accesso al credito, digitalizzazione, welfare e gap

L'imprenditoria femminile in Italia affronta numerosi ostacoli sistemici, che rallentano il percorso di consolidamento e crescita delle attività. Uno dei problemi più sentiti è l'accesso al credito: il 76,4% delle imprese rosa si autofinanzia, spesso a causa di rigidità negli iter di valutazione del merito creditizio. Le donne vengono valutate principalmente sui risultati concreti già ottenuti, piuttosto che sul potenziale di crescita, il che limita investimenti in innovazione e sviluppo. Questo fenomeno è aggravato dalla scarsa diffusione di garanzie reali e da una maggiore sensibilità all'avversione al rischio.

La digitalizzazione costituisce un altro snodo critico: l'84,6% delle imprese femminili ha una digital attitude bassa, situazione che rischia di amplificare le diseguaglianze con l'avvento dell'intelligenza artificiale. I finanziamenti per l'innovazione digitale restano poco diffusi: solo il 31% delle imprese rosa investe in questo ambito, contro valori più elevati della media UE.

Le sfide legate al welfare rimangono notevoli: carichi familiari sproporzionati, tutele insufficienti su maternità e part-time involontario (oltre il 56%). Sul piano psicologico, la sindrome dell'impostore, la mancanza di modelli di riferimento e la fatica nel passare da un'attività professionale a una vera leadership d'impresa aggravano il quadro. La dimensione micro delle aziende frena inoltre l'aggregazione e la competitività internazionale.

Infine, il gap di genere si riflette anche nell'accesso agli incentivi pubblici, solo il 27,3% delle imprenditrici vi accede con successo (contro il 23% dei colleghi uomini), frenato però da burocrazia, tempi lunghi e difficoltà nella strutturazione di progetti idonei.