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Come avere un indennizzo in caso di errore giudiziario. Procedura, tempi, importi ottenibili

di Chiara Compagnucci pubblicato il
Iter procedurale per ottenere il risarci

Per richiedere l'indennizzo per errore giudiziario bisogna rispettare i passaggi definiti dalla normativa vigente.

Subire un errore giudiziario significa essere stato condannato in via definitiva per un reato che risulta non essere stato commesso. Questo accertamento avviene attraverso il processo di revisione, una procedura straordinaria prevista dalla legge italiana che consente, in presenza di nuovi elementi di prova o di fatti incompatibili con la condanna precedente, di rivalutare una sentenza passata in giudicato. La revisione può concludersi con l'assoluzione piena.

La possibilità di ricevere un indennizzo per errore giudiziario è garantita dall'articolo 643 del Codice di Procedura Penale, che tutela il principio dell'equità quando lo Stato, attraverso il proprio sistema giudiziario, priva un individuo della propria libertà o lo sottopone a un processo che si rivela infondato. Non ogni assoluzione dà però diritto a un risarcimento. La Corte d'Appello competente deve certificare che il processo di revisione ha stabilito con certezza la completa innocenza dell'imputato. Se l'annullamento della condanna avviene per un vizio procedurale o per intervenuta prescrizione, non si configura il diritto all'indennizzo per errore giudiziario, ma possono sussistere altri strumenti risarcitori, come quelli relativi alla ingiusta detenzione.

Il diritto all'indennizzo spetta a chi è stato condannato e poi assolto in sede di revisione, ma può essere esercitato anche dagli eredi in caso di morte della persona interessata. L'obiettivo del legislatore è garantire una forma di compensazione per il danno subito, tanto più se questo ha avuto effetti permanenti sulla vita, sulla salute psicofisica o sulle opportunità personali e professionali dell'individuo. Vediamo da vicino:

  • Iter procedurale per ottenere il risarcimento
  • Entità, criteri di liquidazione e aspetti fiscali e previdenziali

Iter procedurale per ottenere il risarcimento

Per richiedere l'indennizzo per errore giudiziario bisogna rispettare i passaggi definiti dalla normativa vigente. Il primo elemento è l'esistenza di una sentenza di revisione definitiva che annulli la condanna iniziale e riconosca la piena innocenza. La domanda deve essere presentata entro due anni dal passaggio in giudicato di tale sentenza, e deve essere depositata presso la Corte d'Appello che ha pronunciato l'assoluzione in revisione.

All'interno del ricorso allegare la documentazione che dimostri l'esistenza del danno subito, non solo sotto il profilo della perdita della libertà, ma anche rispetto all'impatto sulla vita privata, alla perdita di occasioni lavorative, alla stigmatizzazione sociale, ai costi legali e sanitari sostenuti durante il processo e la detenzione. La valutazione da parte della Corte si svolge in camera di consiglio, con la partecipazione del pubblico ministero e dell'eventuale difensore della parte lesa. È il momento durante il quale il giudice valuta l'equità del risarcimento in base ai criteri previsti dalla giurisprudenza.

Durante l'istruttoria, si può anche dimostrare il danno da perdita di chance ossia la mancata possibilità di ottenere incarichi lavorativi, borse di studio, progressioni di carriera o anche di conservare legami familiari che si sono dissolti a causa dell'ingiusta condanna. È frequente che l'errore giudiziario comporti effetti non solo materiali ma anche esistenziali, che il giudice è chiamato a considerare in modo ampio e approfondito.

Entità, criteri di liquidazione e aspetti fiscali e previdenziali

La legge non stabilisce un tetto massimo prestabilito per l'indennizzo da errore giudiziario, ma la giurisprudenza ha tracciato alcune linee guida per la determinazione degli importi, basandosi sulla durata della detenzione subita, sull'intensità del danno morale, sul tipo di reato contestato e sulla perdita oggettiva di opportunità legate alla vita familiare, lavorativa o relazionale. La cifra viene liquidata attraverso una valutazione equitativa della Corte d'Appello, che può disporre anche consulenze tecniche o audizioni per comprendere l'effettiva entità del danno patito.

Secondo quanto riportato in recenti casi giudiziari, l'importo riconosciuto può variare dai 100.000 ai 500.000 euro, ma in situazioni eccezionali si sono superate anche le soglie del milione. Un elemento nella determinazione è la durata della privazione della libertà personale: più lunga è stata la carcerazione ingiusta, più alto sarà il quantum riconosciuto. Ma anche chi ha scontato pene inferiori, ma ha subito conseguenze morali ed esistenziali devastanti, può ottenere somme rilevanti, in presenza di una documentazione completa e credibile.

Dal punto di vista fiscale, l'indennizzo non è soggetto a tassazione Irpef, trattandosi di una somma avente natura risarcitoria e non retributiva. Non rientra nemmeno tra i redditi ai fini dell'Isee, né prevede contributi previdenziali o obblighi dichiarativi particolari. Una volta emesso il decreto di liquidazione da parte della Corte, lo Stato provvede al pagamento attraverso fondi dedicati del Ministero dell'Economia entro alcuni mesi dalla chiusura del procedimento.

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