Dal 2006 il tuo sito imparziale su Lavoro, Fisco, Investimenti, Pensioni, Aziende ed Auto

Come ci si deve difendere da operazione conti correnti contestate da Agenzia Entrate in base Cassazione e normativa vigente

di Chiara Compagnucci pubblicato il
Operazioni sui conti corrente contestate

Per evitare contestazioni bisogna mantenere una documentazione accurata di tutte le operazioni finanziarie.

Se l'Agenzia delle entrate contesta operazioni sospette sui conti correnti di un contribuente è bene sapere quali sono le norme vigenti e come difendersi. Le contestazioni derivano spesso da accertamenti bancari che possono riguardare versamenti, bonifici o altre operazioni non giustificate, che l’Agenzia potrebbe considerare redditi non dichiarati.

Per difendersi da tali contestazioni, è cruciale capire come si articola la normativa italiana e le interpretazioni giurisprudenziali della Corte di Cassazione. Vediamo in questo articolo:

  • Le contestazioni dell'Agenzia delle entrate sui conti correnti
  • Operazioni sui conti corrente contestate, come difendersi

Le contestazioni dell'Agenzia delle entrate sui conti correnti

L'Agenzia delle entrate ha il potere di controllare i movimenti sui conti correnti dei contribuenti, facendo ricorso all'art. 32 del DPR 600/1973, che stabilisce la presunzione legale secondo la quale tutti i versamenti non giustificati sono considerati redditi imponibili. Questa norma è stata introdotta per contrastare l'evasione fiscale e garantire che i contribuenti dichiarino in modo corretto i propri redditi.

In pratica, l’Agenzia può utilizzare i dati bancari per verificare la coerenza tra le somme movimentate sui conti e i redditi dichiarati. Se si rilevano discrepanze o operazioni non giustificate, i movimenti bancari possono essere soggetti a tassazione. Non tutti i movimenti bancari rappresentano redditi imponibili, ed è qui che entra in gioco la capacità di difesa del contribuente.

Quando l’Agenzia delle entrate effettua un accertamento sui conti correnti, l’onere della prova ricade sul contribuente. Significa che il contribuente deve dimostrare che i movimenti bancari contestati non sono imponibili, presentando documenti che provino, ad esempio, che il denaro proviene da fonti esenti da imposte (come donazioni, vendite di beni usati, o prestiti tra privati) o che è già stato tassato.

La Corte di Cassazione ha più volte ribadito questo principio: i movimenti di denaro sui conti correnti non giustificati sono presunti redditi, e il contribuente ha l'onere di dimostrare che tali somme non costituiscono proventi imponibili. Questa interpretazione è stata consolidata in diverse sentenze, che confermano che la presunzione può essere ribaltata solo con documentazione adeguata e verificabile.

La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha chiarito più volte le modalità con cui l’Agenzia delle Entrate può effettuare gli accertamenti bancari. Per i professionisti e le imprese, i prelievi ingiustificati sono considerati alla stregua dei versamenti, mentre per i liberi professionisti, l’obbligo di giustificare i prelievi non si applica, a meno che non emergano ulteriori irregolarità.

La Suprema Corte ha sottolineato che i versamenti non giustificati su conti correnti sono soggetti a tassazione, salvo che il contribuente riesca a fornire prove adeguate della loro origine non imponibile. Questo principio trova la sua base nell’idea che i movimenti di denaro, se non supportati da documentazione convincente, possono essere presunti come proventi non dichiarati.

Operazioni sui conti corrente contestate, come difendersi

Per difendersi da un accertamento bancario, il contribuente deve essere in grado di fornire prove documentali che giustifichino i movimenti sui conti correnti. Occorre conservare ricevute, contratti, attestazioni di prestiti, donazioni o vendite, per dimostrare la legittimità delle somme contestate.

Le somme ricevute da donazioni, prestiti tra familiari o vendite occasionali di beni usati devono essere sempre supportate da documentazione scritta. Ad esempio, in caso di prestiti, è utile avere un contratto scritto, mentre per donazioni può essere sufficiente una dichiarazione firmata. Ed è consigliabile rivolgersi a un commercialista o a un avvocato tributarista, che possa fornire assistenza nella preparazione della documentazione e nella gestione dei rapporti con l’Agenzia delle entrate.

L’Agenzia delle entrate ha cinque anni per effettuare controlli sui movimenti bancari e contestare eventuali irregolarità. Questo termine inizia a decorrere dall’anno successivo alla presentazione della dichiarazione dei redditi. Se la dichiarazione dei redditi non è stata presentata, il termine si allunga a sette anni.

Il contribuente non è obbligato a ricevere una notifica immediata da parte dell’Agenzia quando questa effettua controlli sui conti correnti. La Corte di Cassazione ha chiarito che non esiste un obbligo di contraddittorio preventivo tra l’Agenzia e il contribuente prima dell’emissione dell’accertamento. Significa che l’Agenzia può condurre indagini senza avvisare il contribuente, fino a quando non viene emesso l’avviso di accertamento.