Il Terzo Settore in Italia si trova al centro di importanti trasformazioni: crescita delle aziende, nuove sfide occupazionali, evoluzione normativa e il suo ruolo cruciale nell'inclusione sociale ed economica.
Il Terzo settore rappresenta una colonna portante dell’economia sociale italiana, contribuendo a garantire coesione e resilienza soprattutto in fasi di transizione demografica, tecnologica e occupazionale. Secondo il recente Rapporto annuale INPS, la crescita degli assicurati e degli occupati conferma il ruolo strategico di questo comparto.
Contestualmente, la digitalizzazione dei servizi e l’introduzione di strumenti d’intelligenza artificiale hanno rafforzato l’adozione di modelli di welfare generativo, trasformando i paradigmi di tutela e inclusione sociale. Tuttavia, la persistenza di criticità strutturali in termini di distribuzione geografica, stabilità contrattuale e livelli retributivi impone una riflessione approfondita sulle politiche di sostegno pubblico e sulle prospettive di sviluppo sostenibile.
La fotografia aggiornata del Terzo settore evidenzia una costante espansione della base occupazionale. Nel 2024, secondo dati integrati dagli archivi Runts e Uniemens, i lavoratori con almeno un contributo previdenziale si attestano a quota 890.388, segnando una crescita del 3,6% rispetto all’anno precedente e del 6,5% sul biennio. La Lombardia guida la classifica regionale con oltre 211mila addetti, pari al 23,7% del totale nazionale, seguita da Lazio, Emilia-Romagna e Toscana. In sintesi:
Regione |
Occupati |
% sul totale |
Lombardia |
211.000 |
23,7% |
Lazio |
73.000 |
8,2% |
Emilia-Romagna |
82.000 |
9,2% |
Toscana |
62.000 |
7,0% |
Campania |
54.000 |
6,1% |
Puglia |
41.000 |
4,6% |
Sicilia |
30.000 |
3,4% |
Il dato territoriale rafforza la necessità di politiche pubbliche differenziate e di strategie di rafforzamento delle capacità organizzative, specie nelle Regioni svantaggiate.
L’analisi demografica degli occupati nel Terzo settore racconta di una forza lavoro in prevalenza femminile (71,6%), mentre la quota giovanile rimane circoscritta al 28,2% per la fascia under 34. L’età più rappresentata resta quella compresa tra 35 e 54 anni (48,3%). L’incremento degli occupati dipende in larga parte dal mondo privato non agricolo, che da solo copre l’85% della crescita registrata nel biennio. La fotografia è la seguente:
Tipologia |
% complessiva |
Donne |
71,6% |
Under 34 |
28,2% |
35-54 anni |
48,3% |
Part-time tra i dipendenti |
61,7% |
Tempo indeterminato |
56,8% |
Nonostante la crescita occupazionale, permangono debolezze strutturali significative sul piano retributivo e contrattuale. I dati evidenziano in modo chiaro l’incidenza del lavoro precario e il ricorso diffuso a impieghi part-time, con conseguenze tangibili sulla sostenibilità dei redditi annuali:
Categoria |
Reddito medio annuo |
Dipendenti esclusivi |
15.452 € |
Dipendenti con integrazione esterna |
18.126 € |
Collaboratori esclusivi |
6.681 € |
Collaboratori con integrazione esterna |
10.630 € |
L’alto ricorso a contratti non stabili e a orari ridotti penalizza l’accumulazione previdenziale e riduce la prospettiva di stabilità economica, in particolar modo per donne e giovani. Questo scenario evidenzia la necessità di strumenti di incentivazione contrattuale e fiscale per favorire stabilizzazione e incremento retributivo, obiettivo già sottolineato sia dai dati INPS sia dalla collaborazione con la Fondazione Terzjus.
A partire dal 1 gennaio 2026 sarà operativa la riforma fiscale prevista dal Codice del Terzo Settore, a seguito del recente Dlgs 117/2017 e successive modifiche. Tale quadro ridefinisce in modo organico il regime impositivo e la qualificazione fiscale degli enti, distinguendo tra attività d’interesse generale e, per le imprese sociali, la possibilità di esclusione dalla base imponibile degli utili destinati a riserva statutaria o incremento patrimoniale.
La riforma delinea una fiscalità più armonizzata con i principi generali del diritto comunitario, come avvalorato dalla comfort letter della Commissione Europea. Il nuovo assetto, diversificato in base al periodo di chiusura dell’esercizio, mira a rendere più attrattivo e sostenibile il quadro fiscale per le realtà non profit, riducendo incertezza normativa e semplificando gli adempimenti amministrativi.
Le realtà del non profit assumono una funzione cardine all’interno dell’architettura delle politiche pubbliche italiane, specie nelle azioni di welfare generativo e inclusivo. Attraverso collaborazioni strutturate con amministrazioni territoriali e la valorizzazione della co-programmazione, gli enti del Terzo settore contribuiscono a intercettare le fragilità sociali in anticipo, attivando reti di sostegno preventive e innovative.