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Conto corrente cointestato e soldi presenti, una seconda sentenza regola una questione spinosa e diffusa

di Chiara Compagnucci pubblicato il
Norme su conto corrente

Se il conto corrente è cointestato, la legge presume che i fondi siano di proprietà comune e che ciascun intestatario abbia diritto alla metà delle somme.

Il conto corrente cointestato consente a due o più persone di operare su un unico conto e facilitare la gestione delle spese comuni. Ma non sempre la cointestazione è sinonimo di equa divisione delle somme, e due pronunce della Corte di Cassazione hanno chiarito alcune delle questioni più dibattute, ridefinendo i criteri per stabilire la proprietà effettiva del denaro depositato.

  • Divisione dei risparmi in caso di separazione, le regole della Cassazione
  • Chi è il reale proprietario delle somme su un conto cointestato

Divisione dei risparmi in caso di separazione, le regole della Cassazione

Quando marito e moglie decidono di separarsi, la questione della divisione dei risparmi depositati in banca diventa centrale. La Corte di assazione ha stabilito regole precise per affrontare questa ipotesi, chiarendo come vanno ripartiti i fondi in base al regime patrimoniale adottato dalla coppia.

Nel caso di coppie in comunione dei beni, al momento della separazione tutti i beni acquistati prima del matrimonio vengono divisi equamente. I depositi bancari rientrano nella cosiddetta comunione de residuo ossia quei beni che, pur appartenendo formalmente a un solo coniuge durante il matrimonio, diventano divisibili al momento della separazione.

Se invece la coppia ha optato per il regime di separazione dei beni, ogni coniuge resta proprietario esclusivo di quanto acquistato con il proprio denaro. Di conseguenza, i conti intestati individualmente restano nella piena disponibilità del titolare, mentre quelli cointestati sono, in linea generale, divisi in parti uguali, salvo prova contraria.

Se il conto corrente è cointestato, la legge presume che i fondi siano di proprietà comune e che ciascun intestatario abbia diritto alla metà delle somme. Ciascun cointestatario può prelevare anche l'intero saldo, rimanendo però obbligato a restituire all'altro la sua quota in caso di contestazione.

Esiste però un'eccezione: la prova della proprietà esclusiva delle somme. Se un coniuge riesce a dimostrare che il conto è stato alimentato unicamente con i propri redditi - ad esempio stipendi accreditati, redditi da attività imprenditoriale o entrate personali - allora la cointestazione può essere considerata una simulazione e le somme rimangono di proprietà esclusiva di chi le ha versate.

Una eccezione riguarda i conti cointestati utilizzati come strumento di gestione familiare, senza una reale intenzione di donare il denaro al coniuge. Ad esempio, se il marito cointesta il conto alla moglie solo per agevolare la gestione delle spese domestiche, senza alcuna intenzione di renderla comproprietaria delle somme, può rivendicare l'interezza del saldo. Ma per farlo deve fornire prove certe dell'origine esclusiva dei fondi, come documentazione bancaria e tracciabilità degli accrediti. In assenza di prove concrete, la regola generale rimane la suddivisione al 50%.

Chi è il reale proprietario delle somme su un conto cointestato

La normativa italiana, in particolare l'articolo 1854 del Codice Civile, stabilisce che in un conto cointestato, in assenza di accordi differenti, si presume che le somme siano di proprietà comune in parti uguali tra i cointestatari. Tuttavia, questa è solo una presunzione legale e può essere superata da prove che dimostrino una diversa ripartizione dei fondi.

Con la precedente pronuncia 1643 del 23 gennaio 2025, la Suprema Corte ha chiarito un principio rilevante nelle cause di divorzio e successione. Anche se il conto è cointestato, il denaro in esso depositato appartiene alla persona che ha effettuato i versamenti.

Se uno dei cointestatari riesce a dimostrare con prove gravi, precise e concordanti che le somme depositate provengono solo da lui, potrà rivendicare la proprietà esclusiva di tali fondi. Nonostante la cointestazione, la titolarità del denaro può essere attribuita a un solo intestatario se vengano fornite adeguate evidenze della provenienza dei fondi.

Un altro scenario complesso riguarda le successioni ereditarie. Se un genitore cointesta un conto con un figlio e, dopo il suo decesso, gli altri eredi contestano la suddivisione dei fondi, sarà necessario dimostrare chi ha effettivamente versato il denaro per stabilirne la titolarità.

Un caso giudiziario ha visto protagonista una donna che ha richiesto la restituzione di 200.000 euro, prelevati dal suo ex marito da un conto cointestato. L'uomo sosteneva di avere diritto alla metà del saldo, ma la Corte ha accolto il ricorso della donna e stabilito che l'importo era stato interamente generato da assegni circolari a lei intestati.

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