Controlli su conti correnti privati 2025: quando l’Agenzia delle Entrate effettua verifiche, quali dati analizza e come prepararsi a eventuali accertamenti fiscali
Si sente parlare sempre più spesso di controlli dell'Agenzia delle entrate sui conti correnti nel 2025. Per quale motivo il fisco è sempre più attento al comportamento dei contribuenti italiani?
Le ragioni sono essenzialmente due: il rafforzamento della lotta all'evasione fiscale, considerata necessaria per via della quantità crescente di ricavi e guadagni nascosti al fisco ovvero su cui non sono state pagate le imposte dovute. E poi per l'arricchimento dell'arsenale dei controlli a disposizione dell'amministrazione finanziaria.
Anno dopo anno, l'Agenzia delle entrate si è dotata di nuovi strumenti per monitorare sempre più in profondità i conti correnti e, anzi, riesce a farlo in maniera automatizzata. Sono allora tanti gli aspetti da chiarire: quando avvengono e su cosa i controlli sui conti correnti privati nel 2025? Possono essere retroattivi?
E come funziona l'accertamento fiscale nei confronti di un lavoratore dipendente, di un professionista, di un pensionato o di un disoccupato?
Un punto deve essere chiaro: i controlli sui conti correnti privati nel 2025 sono adesso più efficaci rispetto al passato. Significa che sia l'Agenzia delle entrate sia la Guardia di finanza possono andare ben al di là dell'accesso ai documenti dopo averli richiesti a banche e posta.
Gli ispettori del fisco possono conoscere tutte le informazioni relative ai conti correnti - dai bonifici alla gestione dei titoli, dai versamenti all'apertura di conti e cassette fino ad arrivare ai saldi e a tutti i movimenti - con estrema facilità e rapidità.
Lo strumento chiave si chiama Anagrafe dei rapporti finanziari e non è altro che un grande archivio aggiornato continuamente dagli stessi istituti di credito. Questo database contiene informazioni dettagliate su:
Il vantaggio per il controllo è duplice: il taglio dei tempi e dei passaggi burocratici per accedere alle informazioni dei contribuenti e la possibilità di verificare la posizione di tutti: lavoratori dipendenti, professionisti, pensionati e disoccupati.
Arrivati a questo punto occorre quindi capire quando avvengono i controlli dell'Agenzia delle entrate sui conti correnti ovvero quando scatta l'alert negli uffici del fisco. Precisando che sotto osservazione non sono i prelievi dal conto, ma i versamenti di denaro contante e i bonifici, la novità del 2025 è l'attenzione sulle non spese.
Proprio così perché il sospetto dei controlli nasce nel momento in cui il contribuente effettua poche spese in relazione allo stile di vita. La presunzione è infatti quella dell'esistenza di guadagni non dichiarati.
L'Anagrafe dei rapporti finanziari è infatti denominata anche Risparmiometro e si basa sui seguenti passaggi:
Nel 2025, determinate situazioni possono far scattare controlli più approfonditi da parte dell'Agenzia delle Entrate. Ecco le principali:
L'amministrazione finanziaria confronta i movimenti sui conti correnti con gli acquisti dichiarati e le tasse e contributi versati. Se emergono differenze o dati non coerenti, possono essere avviati controlli più approfonditi. Ad esempio, bonifici di importo rilevante privi di una giustificazione plausibile o trasferimenti frequenti che raggiungono valori significativi possono generare sospetti.
L'Agenzia delle Entrate ha potenziato il proprio algoritmo di analisi del rischio incrociando i dati su beni di lusso, viaggi, carte di credito, abbonamenti e investimenti con le dichiarazioni fiscali. Se si dichiarano redditi modesti ma si conducono stili di vita elevati, è probabile che scatti un controllo fiscale.
Nel 2025, grazie ad accordi internazionali rafforzati, l'Agenzia delle Entrate può verificare l'esistenza di conti all'estero con denaro non dichiarato e su cui non sono state pagate le imposte dovute. Il fisco ha stretto nuovi accordi di cooperazione con Paesi come Emirati Arabi, Singapore e Hong Kong, aumentando l'efficacia dei controlli transfrontalieri.
Trasferimenti di denaro ricorrenti senza una chiara motivazione, soprattutto se non esiste un legame di parentela tra mittente e destinatario, possono far sospettare pagamenti per lavoro non dichiarato o affitti non registrati.
Un altro aspetto di cui tenere conto è la retroattività dei controlli sui conti correnti privati dell'Agenzia delle Entrate, ovvero fino a quando Agenzia Entrate può controllare documenti alla ricerca di irregolarità.
La legge in vigore assegna un massimo di 5 anni dall'anno successivo dell'invio della dichiarazione dei redditi, sia che sia stata effettuata con modello 730, nel caso di lavoratori dipendenti e pensionati, sia con modello Redditi per lavoratori autonomi e professionisti.
È importante sottolineare che la normativa in materia di conservazione dei dati contabili prevede che questi debbano essere mantenuti per un massimo di dieci anni. In base al Decreto "Salva Italia" del 2011, gli operatori finanziari sono obbligati a comunicare all'Anagrafe tributaria informazioni sui saldi e sui movimenti relativi ai cosiddetti "rapporti attivi".
Nel 2025, con le modifiche introdotte dal D. Lgs. 5 agosto 2024, n. 108, per le comunicazioni elaborate dal 1° gennaio 2025, il termine per il pagamento delle somme dovute in caso di irregolarità è stato esteso da 30 a 60 giorni. Questo vale sia per la comunicazione iniziale di irregolarità, sia per eventuali comunicazioni definitive successive a un chiarimento fornito dal contribuente.
In materia di controlli fiscali sui conti correnti, è fondamentale comprendere il meccanismo delle presunzioni legali che l'Agenzia delle Entrate può applicare:
La legge fiscale italiana (Art. 32 D.P.R. 600/73 per le imposte dirette) stabilisce che tutti i versamenti rilevati sui conti bancari o postali del contribuente si presumono essere ricavi (per le imprese) o compensi (per i professionisti) o, più in generale, reddito imponibile non dichiarato, a meno che il contribuente non dimostri il contrario.
Questa presunzione sui versamenti vale per tutti i tipi di contribuenti, siano essi imprenditori, lavoratori autonomi, dipendenti o pensionati e comporta un'importante inversione dell'onere della prova a favore del fisco.
Per quanto riguarda i prelievi, la situazione è diversa. La presunzione legale vale solo nei confronti dei titolari di reddito d'impresa (imprenditori individuali, società). L'articolo 32 presume che i prelievi ingiustificati dai conti bancari degli imprenditori siano ricavi non dichiarati, ma solo se il prelievo è superiore a 1.000 euro al giorno e comunque a 5.000 euro nell'arco del mese.
A seguito di una importante sentenza della Corte Costituzionale (n. 228 del 2014), questa presunzione sui prelevamenti è stata dichiarata illegittima per i lavoratori autonomi e i professionisti. Di conseguenza, non si applica neanche ai lavoratori dipendenti, ai pensionati o ad altri contribuenti persone fisiche che non esercitano attività d'impresa.
Le indagini bancarie dell'Agenzia delle Entrate possono legittimamente estendersi anche ai conti correnti formalmente intestati a soggetti terzi, quando l'Amministrazione Finanziaria ha fondati motivi per ritenere che tali conti siano di fatto riferibili al contribuente sottoposto a verifica o siano utilizzati per occultare sue operazioni.
Questa estensione è particolarmente frequente nei confronti di:
Poiché la presunzione legale inverte l'onere della prova, la difesa del contribuente deve essere attiva e ben documentata. Non bastano giustificazioni generiche o autodichiarazioni, ma servono prove specifiche e documentate per ogni singola movimentazione contestata dall'Agenzia.
A seconda della natura dell'operazione, le prove possono consistere in:
Nonostante non sia obbligatorio, gli uffici dell'Agenzia delle Entrate spesso invitano il contribuente a fornire chiarimenti o documenti prima di definire l'accertamento, tramite inviti a comparire o questionari. È sempre consigliabile collaborare in questa fase per evitare contestazioni successive più difficili da gestire.