Uno degli aspetti più critici riguarda la presenza reale sul territorio italiano delle reti assistenziali di questi nuovi marchi.
Negli ultimi mesi il mercato automobilistico italiano ha registrato un vero e proprio assalto da parte dei nuovi marchi cinesi, come BYD, MG, Lynk & CO, Omoda, Jaecoo e Leapmotor, intenzionati a conquistare l'Europa con modelli elettrici, ibridi e termici dal prezzo aggressivo e dalle dotazioni molto ricche.
Se da un lato il fascino dell'alta tecnologia a prezzi contenuti continua a sedurre un numero di automobilisti italiani, dall'altro emergono criticità e incognite che sarebbe imprudente ignorare. Comprare un'auto di un marchio cinese oggi non è più un'eccezione, ma è ancora un'operazione che richiede attenzione, consapevolezza e una buona dose di prudenza. In questo approfondimento cercheremo di analizzare in dettaglio tutto ciò che un acquirente dovrebbe valutare, a partire dalla rete post-vendita, passando per garanzia e pezzi di ricambio, fino a temi più strutturali come svalutazione, rivendibilità e sicurezza omologativa:
Significa che in caso di guasto, richiamo o semplice manutenzione, il cliente potrebbe trovarsi costretto a percorrere anche decine o centinaia di chilometri per ottenere assistenza qualificata. In molti casi, i primi acquirenti di questi veicoli hanno dovuto attendere settimane per ricevere pezzi di ricambio provenienti dalla Cina, con tempi di fermo auto inaccettabili e costi extra non preventivati.
Un altro nodo è quello relativo alla copertura della garanzia, che nei modelli di marchi consolidati è chiara, documentata e valida su tutto il territorio europeo. Con le auto cinesi occorre leggere con attenzione le condizioni contrattuali: alcune offerte, specie quelle vendute tramite importatori indipendenti o concessionari minori, prevedono garanzie limitate o legate a omologazioni di esemplare unico, spesso effettuate in Germania e validate in Italia.
Questo tipo di approccio può escludere il cliente da alcuni diritti fondamentali previsti dalla normativa europea, rendendo difficile ottenere interventi in garanzia, rimborsi per vizi o difetti occulti.
Altro tema delicato è quello delle omologazioni. Non tutte le auto cinesi in vendita in Italia sono omologate secondo gli standard europei di sicurezza, crash test e compatibilità ambientale. Alcune arrivano con versioni modificate o adattate in corsa, ma prive dei più avanzati sistemi Adas o senza i certificati Euro Ncap. Molti produttori promuovono i propri veicoli come interamente progettati in Europa quando in realtà si tratta di semplici assemblaggi o modifiche locali su piattaforme sviluppate in Cina. Questo tipo di comunicazione può confondere i consumatori e alimentare scelte d'acquisto poco consapevoli.
Se il prezzo d'acquisto delle auto cinesi è molto competitivo, accade dopo uno o due anni è tutt'altro che scontato. Secondo studi condotti in mercati emergenti come il Vietnam, e confermati anche dai primi dati italiani, i veicoli dei nuovi brand cinesi tendono a svalutarsi in modo più rapido e marcato rispetto a quelli dei produttori europei, coreani o giapponesi. Modelli come MG HS, MG5 e MG ZS, pur venduti con successo, hanno mostrato un deprezzamento medio tra il 24% e il 33% nei primi due anni di vita. Per confronto, nello stesso periodo una Kia K3 perde circa il 19%, una Hyundai Tucson il 17% e una Toyota Corolla tra il 10 e il 12%.
Questa differenza è attribuibile a diversi fattori. Innanzitutto, la percezione di qualità e affidabilità dei marchi cinesi non è ancora consolidata. In secondo luogo, le politiche commerciali aggressive tendono ad abbassare il valore percepito dell'usato.
La difficoltà nel trovare ricambi, l'assenza di una rete capillare e l'incertezza sull'evoluzione futura del marchio in Italia influiscono sulle quotazioni nei mercati secondari.