Non si prospetta buono il futuro pensionistico dei 40enni-50enni di oggi: gli importi degli assegni potrebbero essere la metà degli stipendi percepiti
Di quanto sarà la pensione per i 40-50enni di oggi rispetto allo stipendio preso? Le prospettive pensionistiche di oggi non sono propriamente rosee, perché, come spesso spiegato e ribadito, ci si avvia a maturare trattamenti pensionistici talmente bassi da non perdere nella maggioranza dei casi di vivere dignitosamente.
Il futuro non appare soprattutto per i 40enni- 50enni di oggi che si avviano a prendere pensioni davvero esigue.
Anche la Ragioneria di Stato qualche tempo aveva condotto delle simulazioni, spiegando che già nel 2030 la previdenza pubblica non coprirà nemmeno il 50% dell'ultimo stipendio dei lavoratori.
Ad essere maggiormente penalizzati saranno i lavoratori autonomi, che passeranno dal 64% attuale a un misero 30% del reddito individuale.
Il rapporto tra pensione e retribuzione (tasso di sostituzione) dei dipendenti pubblici e privati scenderà dall’82% al 69% nel 2040. E il quadro si fa ancora più nero negli anni successivi.
Ciò significa che la pensione che percepiranno i 40enni-50enni di oggi sarà meno della metà dello stipendio percepito a lavoro.
Il motivo per cui si disegna oggi tale scenario è soprattutto il calcolo futuro degli assegni pensionistici con il metodo contributivo, vale a dire unicamente basato sui contributi previdenziali effettivamente versati da ogni lavoratore nel corso della sua carriera professionale.
E si tratta di un sistema decisamente penalizzante rispetto al più vantaggioso metodo retributivo (basato sulle ultime retribuzione percepite a lavoro, generalmente le più alte, considerando che si tratta di fine carriera).
Per evitare di vivere una vecchiaia in pensione poco dignitosa e priva di mezzi per condurre una bella vita, il ricorso alla previdenza complementare appare oggi l’unica soluzione imprescindibile.
Il punto è che se molti 40enni vi hanno già aderito, una buona percentuale fin da inizio lavoro, in realtà la maggioranza non lo ha ancora fatto, ma dovrebbe, considerando che l’aspettativa media di vita sale mentre si riducono i tassi di sostituzione (è il rapporto tra l’assegno previdenziale e l’ultimo stipendio).
Stando agli ultimi numeri resi noti, infatti, solo 11 milioni di italiani su 24 milioni di occupati sono iscritti ai fondi pensione
In base a quanto riportato nell’ultimo rapporto del Mef sulle tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico, se nel 2010 un lavoratore dipendente con 38 anni di contributi andava in pensione con un assegno netto pari all’82,7% dell’ultimo stipendio, che saliva addirittura al 93% per gli autonomi, nel 2040 il tasso di sostituzione netto scenderà al 69,1% (e al 67,4% per gli autonomi) e peggio andrà nel 2070, quando si ridurrà ancora al 66,3% e al 67,7% per gli autonomi.
Se, però, si dovesse aderire ai fondi pensione, tra pensione obbligatoria e volontaria, i tassi di sostituzione netti ammonterebbero all’81,5% nel 2040 e al 76,5% nel 2070 (rispettivamente 87,8% e 85% per gli autonomi).
Questi numeri, in prospettiva, confermano la grande importanza della previdenza integrativa per riuscire a ottenere, con risparmi accumulati nel lungo periodo, un assegno che permetta di vivere in maniera dignitosa una volta lasciato il lavoro.