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Draghi, stipendi bassi ed export non sono piů la ricetta giusta. Nuovi dettagli sul suo piano di rilancio per l'economia

di Chiara Compagnucci pubblicato il
Innovazione, infrastrutture e formazione

Draghi propone un piano ambizioso che prevede investimenti annuali aggiuntivi tra i 750 e gli 800 miliardi di euro, equivalenti al 4,4%-4,7% del PIL europeo.

Mario Draghi, già presidente del Consiglio, ha lanciato un monito sulle debolezze strutturali del modello economico europeo, che si basa su salari bassi e una forte dipendenza dalle esportazioni. Secondo Draghi, questa strategia non è più sostenibile nell'attuale contesto globale, caratterizzato da questioni economiche e geopolitiche sempre più complesse. Draghi ha dichiarato che l’Europa rischia di perdere competitività, avviandosi verso un declino economico e sociale, se non adotterà un nuovo approccio per affrontare le sfide future.

L’ex presidente della Banca Centrale Europea ha sottolineato come la produttività stagnante e i salari non adeguati abbiano minato la capacità di innovare e competere con Stati Uniti e Cina. Il rallentamento della crescita economica europea, aggravato dalle crisi globali degli ultimi anni, evidenzia l'urgenza di un cambiamento di rotta. Approfondiamo alcuni aspetti:

  • Il piano di Draghi da 800 miliardi di euro per rilanciare l’Europa
  • Le tre aree chiave sono innovazione, infrastrutture e formazione

Il piano di Draghi da 800 miliardi di euro per rilanciare l’Europa

Draghi propone un piano di investimenti per rilanciare l’economia europea, con l’obiettivo di stimolare la crescita e garantire una maggiore stabilità sociale. Il progetto prevede investimenti annuali aggiuntivi compresi tra 750 e 800 miliardi di euro, pari al 4,4%-4,7% del Pil europeo. Questi fondi, secondo Draghi, dovrebbero essere destinati a settori chiave per il futuro economico dell’Europa, attraverso una collaborazione tra i governi nazionali e le istituzioni europee.

L’aspetto centrale del piano è l’introduzione di un debito comune europeo, una misura per finanziare gli investimenti in modo equo e sostenibile. Questa proposta, già discussa in passato durante la pandemia di Covid-19 con il Recovery Fund, mira a consolidare l’unità economica e politica dell’Unione europea. Draghi riconosce che questa soluzione incontrerà resistenze politiche, soprattutto da parte dei Paesi più scettici nei confronti della mutualizzazione del debito.

Il piano si basa su una visione di lungo termine, in cui l’Europa non deve più affidarsi solo all’export per sostenere la propria economia, ma investire in innovazione tecnologica, infrastrutture moderne e una forza lavoro altamente qualificata.

Secondo Draghi, il piano proposto rappresenta un cambiamento radicale rispetto alle politiche economiche degli ultimi decenni, che hanno privilegiato la riduzione dei costi e la competitività basata su salari bassi. Questo modello, sebbene efficace in passato, non è più considerato adeguato per affrontare le sfide del XXI secolo. Draghi sottolinea che solo attraverso investimenti ambiziosi e una visione condivisa, l’Europa potrà riaffermare il proprio ruolo di leadership nell'economia globale.

Le tre aree chiave sono innovazione, infrastrutture e formazione

Per rilanciare la competitività europea, Draghi identifica tre aree su cui concentrare gli investimenti. La prima è l’innovazione tecnologica, un settore in cui l’Europa ha perso terreno rispetto a Stati Uniti e Cina. Draghi sottolinea la necessità di colmare questo divario con investimenti in ricerca e sviluppo, nonché la creazione di un ecosistema favorevole per le start-up e le imprese tecnologiche.

La seconda area riguarda le infrastrutture, considerate un pilastro per sostenere una crescita economica duratura. Draghi propone di modernizzare le reti di trasporto, energia e comunicazione, con un’attenzione particolare alla transizione ecologica e digitale. Questi interventi, secondo Draghi, migliorerebbero la competitività dell’Europa e rafforzerebbero anche la sua resilienza di fronte alle crisi globali.

Infine, Draghi evidenzia l’importanza della formazione e riqualificazione professionale per aumentare la produttività e adattarsi ai rapidi cambiamenti del mercato del lavoro. Un sistema educativo più innovativo e un accesso facilitato alla formazione continua sono decisivi per preparare i lavoratori europei alle sfide dell’automazione e della digitalizzazione.

Il piano richiede una forte volontà politica e una collaborazione tra tutti gli Stati membri dell’Unione europea. Draghi avverte che il tempo per agire è limitato e che ogni ritardo potrebbe compromettere la capacità dell’Europa di rispondere alle pressioni globali. La sfida non è solo economica, ma anche politica e culturale: costruire un’Europa più coesa, resiliente e competitiva.