Il semestre filtro in Medicina, pensato per riformare l’accesso alle facoltà sanitarie, presenta nuove criticità: la risposta del Governo non convince, mentre emergono questioni irrisolte e reali necessità per l’università pubblica.
Il recente cambiamento nelle modalità di accesso al corso di laurea in Medicina, introdotto dal Ministero dell’Università e della Ricerca, ha avuto come obiettivo la revisione delle pratiche di selezione studentesca.
Il cosiddetto semestre filtro avrebbe dovuto rappresentare una fase di valutazione formativa, ma i risultati della prima sessione, molto lontani dalle aspettative, hanno messo in luce notevoli criticità applicative. Il sistema, concepito per promuovere una selezione basata sulle reali performance dei candidati, si è presto rivelato una selezione indiretta che ha acuito le disparità già esistenti, spingendo parte della comunità accademica e studentesca a esprimere crescente insoddisfazione. In particolare, molti studenti hanno segnalato difficoltà legate alla scarsità di informazioni sul funzionamento effettivo delle prove, alla pressione psicologica e all’incertezza sulle conseguenze delle insufficienze.
Organizzazioni sindacali come la FLC CGIL hanno infatti sottolineato come la nuova modalità nasconda un meccanismo selettivo poco trasparente eccessivamente punitivo per chi non supera tutte le prove previste nel semestre iniziale. Il dibattito si è progressivamente concentrato sulla necessità di chiarezza normativa e di un sistema che garantisca il diritto allo studio su basi realmente meritocratiche e accessibili a tutti.
Le recenti iniziative ministeriali per gestire il fallimento parziale della riforma hanno sollevato nuove controversie tra studenti, personale accademico e sindacati. In risposta ai numerosi esclusi dal percorso, il Ministero ha ipotizzato l’inserimento in graduatoria di tutte le candidate e i candidati fino a esaurimento posti, anche qualora alcuni non abbiano raggiunto la sufficienza in tutte le prove richieste. Tale misura sarebbe accompagnata da un breve corso di recupero e da una verifica aggiuntiva dei crediti formativi, per colmare le lacune riscontrate nei candidati con esiti insufficienti.
Secondo molti osservatori e rappresentanti dei lavoratori della conoscenza, tra cui la segretaria generale della FLC CGIL Gianna Fracassi, questa soluzione viene percepita più come un rattoppo che come un intervento strutturale. Fracassi ha evidenziato come il cambiamento delle regole durante il processo aumenti l’incertezza e la precarietà del sistema, acutizzando le differenze tra studenti provenienti da contesti socio-economici diversi. Modifiche così repentine possono infatti contribuire a una maggiore confusione tra aspiranti medici e a una perdita di fiducia verso il sistema universitario pubblico.
Dal punto di vista delle conseguenze immediate, si rischia di vedere rafforzati i divari tra atenei, regioni e aree sociali, con una platea di aspiranti medici ancora più incerta sul proprio futuro nel percorso accademico. Tra le voci critiche figurano anche esponenti della comunità scientifica che, su diversi canali social e media, hanno sottolineato come la soluzione adottata non affronti le radici del problema: "Bisogna lamentarsi di meno e studiare molto di più. I genitori dovrebbero arrabbiarsi per il mancato impegno e invece se la prendono col ministro, col governo, col destino e con me", si legge in un commento pubblicato da un noto virologo.
Il tema della responsabilità e della coerenza normativa resta al centro delle richieste avanzate da università, studenti e lavoratori della conoscenza, che attendono indicazioni chiare non solo per l’anno in corso, ma per la futura organizzazione dell’accesso ai percorsi di laurea a numero programmato.
La controversia che ruota attorno alle modalità di selezione in Medicina mette in luce sfide strutturali molto più ampie rispetto alla sola gestione del semestre filtro. Ciò che emerge dal dibattito è la richiesta di interventi sostanziali per un’autentica riforma del sistema universitario, che vada oltre le misure tampone e affronti i bisogni di una società in rapida evoluzione.
Tra le esigenze più sentite, spiccano:
| Criticità attuali | Interventi auspicabili |
| Posti insufficienti rispetto alla domanda | Aumento della programmazione delle iscrizioni e adeguamento infrastrutturale |
| Suddivisione iniqua delle risorse tra atenei | Revisione dei criteri di finanziamento pubblico |
| Precarietà nel reclutamento del personale | Assunzioni stabili e piani pluriennali di rafforzamento degli organici |
| Percorsi di accesso rigidi e poco trasparenti | Definizione condivisa delle modalità selettive e standard minimi di qualità |
L’adozione di decisioni condivise, corroborate da parametri oggettivi e monitorate costantemente, rappresenta la direttrice su cui improntare la futura programmazione universitaria, con l’obiettivo di restituire fiducia e solidità al percorso formativo di migliaia di giovani che vedono nell’università pubblica la via d’accesso a professionalità di qualità.