Il report UE mette in luce l'ampiezza dell'evasione fiscale in Italia: dalle criticità delle partite IVA e il ricorso al nero, fino alle difficoltà di riscossione, analizzando cause e proposte di miglioramento.
L'analisi dell'evasione fiscale all'interno dei confini italiani, come evidenziato dal recente rapporto pubblicato dalla Commissione Europea 2025 (il primo di questo tipo), disegna un quadro dettagliato e preoccupante. Secondo il documento, l’Italia continua a distinguersi per la persistente difficoltà nel contrastare l’occultamento di basi imponibili da parte di professionisti, lavoratori autonomi e imprese, con valori che superano la media europea. L'approfondimento condotto dagli esperti dell'Unione mostra che il cosiddetto "tax gap", ossia la differenza fra il gettito teorico e quello effettivamente riscosso, rimane elevato nonostante gli sforzi normativi e strutturali compiuti negli ultimi anni.
Il differenziale tra imposte dovute e incassate rappresenta una delle principali criticità del sistema fiscale nazionale, posizionando l’Italia tra gli Stati membri con le più elevate quote di economia sommersa. L’emersione di tali problematiche è supportata anche da dati diffusi dall’Agenzia delle Entrate, spesso ripresi anche nei rapporti parlamentari nazionali e nelle analisi delle istituzioni comunitarie. Nel report europeo si sottolinea come le strategie di prevenzione e repressione adottate finora abbiano inciso solo parzialmente, lasciando ampi margini di miglioramento sia sul fronte della compliance sia su quello della riscossione.
Tra i diversi comparti colpiti dalla mancata osservanza degli obblighi tributari, un'attenzione particolare viene rivolta al mondo delle partite IVA e al peso che esse esercitano sull'intero fenomeno. Inoltre, il report evidenzia gravi difficoltà nella fase di recupero delle imposte non versate, un elemento che incide ulteriormente sulla percezione dell’equità fiscale e sulla tenuta delle finanze pubbliche.
L’approfondimento dedicato alle partite IVA nel contesto italiano, sempre secondo il dossier dell’Unione Europea, mette in luce un sistema caratterizzato da ampie aree di vulnerabilità. Professionisti, microimprese e autonomi risultano sovente coinvolti in pratiche elusive e occultamento dei redditi, alimentando così quella che viene comunemente definita "economia sommersa".
Il ricorso a transazioni non tracciate (il cosiddetto “nero”) appare particolarmente diffuso in determinati settori — edilizia, ristorazione, servizi alla persona, commercio all’ingrosso e al dettaglio — dove la difficoltà nei controlli si somma alla presenza di una struttura produttiva frammentata. Il report UE evidenzia che:
Secondo il dossier UE, un altro aspetto determinante riguarda la resistenza culturale all’adempimento fiscale. In molte aree del Paese, il pagamento delle tasse continua a essere vissuto come un obbligo oppressivo anziché come contributo al bene collettivo, favorendo la diffusione di comportamenti irregolari e la scarsa propensione all’utilizzo di strumenti elettronici di pagamento.
Per fornire un quadro numerico aggiornato, ecco una sintesi delle principali stime:
| Settore | Quota di nero |
| Edilizia e lavori artigianali | 30-40% |
| Commercio | 20-25% |
| Servizi personali | 15-20% |
| Professioni liberali | 10-15% |
L’Unione Europea raccomanda all’Italia di rafforzare ulteriormente gli strumenti di monitoraggio e incentivare l’utilizzo del digitale anche attraverso campagne informative e programmi di formazione specifici per i titolari di partita IVA, al fine di ridurre la dimensione del sommerso.
L’ultima sezione del report si concentra sul problema della riscossione inefficace dei crediti fiscali, individuando in questa debolezza una delle cause principali della perdita di gettito per l’erario italiano. Secondo l’analisi della Commissione, nonostante i numerosi interventi legislativi — come la riforma dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione e l’introduzione delle cartelle esattoriali digitali — il sistema non è ancora riuscito ad abbattere significativamente lo stock di arretrati.
Le principali problematiche segnalate sono:
Il dossier conclude che l’obiettivo europeo di ridurre sensibilmente il tax gap italiano rimane raggiungibile soltanto attraverso una revisione complessiva della governance fiscale, il potenziamento delle tecnologie applicate ai controlli e il radicamento della "tax compliance" come valore condiviso da cittadini e imprese.