In caso di sospetto, il primo passo è un test salivare rapido, che non ha valore probatorio ma serve da screening preliminare.
Con l'obiettivo di inasprire le pene contro chi guida dopo aver assunto droghe, il nuovo Codice della Strada del governo Meloni aveva eliminato ogni riferimento allo stato di alterazione psico-fisica. Era sufficiente risultare positivi al test per essere considerati colpevoli, anche se l'assunzione risaliva a giorni o settimane prima e non incideva più sulle capacità di guida.
Il principio secondo cui la colpa prescindeva dagli effetti reali della sostanza era considerato in contrasto con lo spirito garantista della Costituzione. A inizio aprile 2025, il tribunale di Pordenone aveva sollevato dubbi di legittimità costituzionale e portato il caso davanti alla Consulta.
È in questo clima che l'11 aprile 2025 i Ministeri dell'Interno e della Salute hanno emanato una circolare congiunta, destinata alle forze dell'ordine e alle prefetture, che è un vero e proprio dietrofront interpretativo. In sostanza, viene reintrodotto l'obbligo di dimostrare che la sostanza stupefacente stesse ancora producendo effetti al momento della guida. Non basta più il dato tossicologico astratto: serve una connessione temporale tra l'assunzione e la capacità di guida.
La novità interpretativa riguarda il tipo di sostanza che deve emergere dalle analisi di secondo livello. Non basta più trovare una traccia chimica generica: l'accertamento deve evidenziare la presenza di metaboliti attivi, cioè molecole che indicano che la sostanza è ancora in grado di influire sul comportamento del conducente. La presenza esclusiva di metaboliti inattivi, derivati da un'assunzione remota ormai priva di effetti, non è sufficiente a configurare reato. La circolare richiama gli standard internazionali stabiliti dal Gruppo Tossicologi Forensi Italiani.
Un altro passaggio della circolare riguarda l'abbandono dei test urinari come metodo probatorio. Questi esami possono rilevare residui anche settimane dopo l'assunzione e non sono in grado di dimostrare un'effettiva alterazione psicofisica al momento della guida. Per rafforzare le garanzie difensive viene previsto che il secondo campione salivare venga conservato a -18°C per almeno un anno, a disposizione della magistratura e della difesa per eventuali controanalisi indipendenti.
Un altro chiarimento arriva in materia di farmaci regolarmente prescritti. La circolare distingue tra le sostanze assunte per motivi terapeutici e quelle assunte per uso ricreativo o illecito. Se il principio attivo deriva da un trattamento medico autorizzato, e se non si riscontrano alterazioni nelle capacità di guida, non può esserci incriminazione. È il caso di persone in terapia con benzodiazepine, metadone o oppioidi, che risultano positive ma non sono in stato di ebbrezza farmacologica.
Nonostante questa apertura, resta un principio: anche nel caso di farmaci, se le sostanze assunte inficiano la capacità di guida, può configurarsi una responsabilità penale. L'accertamento diventa più complesso e tiene conto della presenza chimica della sostanza e del quadro clinico-funzionale del soggetto. Non basta una prescrizione per giustificare comportamenti potenzialmente pericolosi al volante.