La cessione dei supermercati Coop e Superconti a Roma e nel Lazio solleva interrogativi sul futuro dei lavoratori, i possibili rischi occupazionali e il ruolo centrale dei sindacati nello scenario attuale.
Il recente annuncio della parziale dismissione dei supermercati con insegna Coop e Superconti a Roma e nel Lazio ha sorpreso il settore della distribuzione organizzata e suscitato apprensione tra dipendenti, istituzioni e clienti abituali. La cooperativa Unicoop Etruria, risultante dalla fusione tra Unicoop Tirreno e Coop Centro Italia, ha comunicato la vendita di almeno nove punti vendita nella regione. L’iniziativa rientra in un più ampio piano di riorganizzazione aziendale mirato a ridisegnare la presenza della catena nel centro e sud Italia, con significative implicazioni sociali e occupazionali.
Secondo quanto emerso in incontri ufficiali tra i vertici della cooperativa e le principali sigle sindacali del settore, i negozi coinvolti si trovano in aree strategiche come Roma, Pomezia, Fiuggi, Colleferro e Fonte Nuova. Anche i punti Superconti di Orte e Impruneta risultano nella lista, mentre il supermercato di Capena è stato già chiuso, con i lavoratori già ricollocati presso altre strutture del gruppo. Alla base della decisione, secondo il management, vi sarebbe la necessità di mantenere un equilibrio finanziario e ridurre i costi di gestione in territori ritenuti meno sostenibili.
“Il piano è irricevibile e costruito sulla pelle di chi ogni giorno garantisce il servizio e la qualità della cooperativa sul territorio”, sottolineano le note sindacali, lasciando intendere tutta la profonda insoddisfazione e preoccupazione delle maestranze coinvolte. Le dichiarazioni dei rappresentanti dei lavoratori rispecchiano lo sconcerto generale generato da una mossa inattesa e destinata ad alimentare il dibattito non solo nei sindacati ma anche tra le amministrazioni locali, chiamate a valutare le potenziali ripercussioni economiche e sociali del ritiro della Coop nel territorio laziale.
L’uscita dal mercato regionale o la cessione di parte delle attività commerciali coinvolge direttamente oltre 200 lavoratori, creando uno scenario di incertezza che investe sia il futuro occupazionale che la serenità di centinaia di famiglie. Al momento non risultano garanzie precise circa la sorte dei dipendenti interessati ai processi di vendita: si prospettano infatti possibili trasferimenti verso altri punti vendita oppure il rischio, più radicale, della perdita del posto di lavoro.
Tra le preoccupazioni principali emerse nel confronto tra sindacati e azienda vi sono:
La comunicazione ufficiale della cessione ha anche generato malessere tra i lavoratori, sfociato nella proclamazione dello sciopero del 18 dicembre. Intorno a questa data, la protesta dei dipendenti si esprimerà in turni di astensione dal lavoro e presìdi presso i punti vendita, con l’obiettivo di sensibilizzare la cittadinanza e le istituzioni sui rischi reali di depauperamento occupazionale.
“I lavoratori meritano rispetto e tutele occupazionali, non tagli e incertezze. Meritano investimenti e non una gestione che considera il personale come numeri da sacrificare”, ribadiscono le organizzazioni sindacali nella loro comunicazione ufficiale.
Difficile, al momento, prevedere sviluppi differentemente risolutivi, data l’attuale distanza fra istanze dei lavoratori e prospettive aziendali. Il rischio di una brusca interruzione del rapporto di fiducia fra forza lavoro e struttura cooperativa rende ancora più necessario un dialogo trasparente.
Nel quadro delineatosi con l’annuncio della dismissione di diversi punti vendita e della revisione degli assetti occupazionali, il ruolo delle sigle sindacali si conferma centrale nella tutela delle lavoratrici e dei lavoratori coinvolti. Le principali rappresentanze del settore – Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs – hanno immediatamente reagito ritenendo la predisposizione del nuovo piano aziendale “irricevibile” e lesiva dei diritti acquisiti.
Le organizzazioni sindacali hanno sottolineato, sin dal primo confronto con la direzione Unicoop Etruria, l’esigenza di:
Le sigle coinvolte, consce della delicatezza della situazione sociale e professionale, reiterano la necessità di un confronto concreto e non formale. Secondo una recente nota trasmessa alle istituzioni, “senza un vero piano di rilancio preceduto dal dialogo tra tutte le parti, la riduzione dei punti vendita e la perdita di centinaia di posti di lavoro rischiano di compromettere la sostenibilità stessa della mission cooperativa”.
Non sono mancati momenti di tensione: alcune testimonianze raccolte tra i lavoratori raccontano di pressioni subite in seguito all’annuncio dello sciopero, specialmente in relazione alla programmazione dei turni. Le rappresentanze dei lavoratori hanno rimarcato la centralità del rispetto dei diritti sindacali e stanno monitorando ogni condotta potenzialmente lesiva per la libertà di espressione e di protesta dei dipendenti.
Alla luce degli sviluppi attuali, il dialogo rimane aperto. L’obiettivo principale è l’avvio di un confronto allargato che coinvolga anche i livelli istituzionali più alti, alla ricerca di una soluzione condivisa che miri a salvaguardare sia la forza lavoro che la reputazione di Coop come attore solidale e responsabile all’interno del panorama della grande distribuzione organizzata. Appare sempre più stringente la necessità di soluzioni innovative in grado di coniugare sostenibilità economica e tutela del capitale umano, per evitare che la riorganizzazione aziendale si traduca unicamente in perdita di posti di lavoro senza un reale progetto di rilancio futuro.