Uno dei punti centrali del pacchetto Vida è l'introduzione di una fatturazione elettronica armonizzata per tutte le transazioni B2B intracomunitarie.
Con l'entrata in vigore del pacchetto Vida (Vat in the digital age), l'Unione europea segna l'inizio di un percorso decennale per rendere l'Iva più trasparente, moderna ed efficiente. Si punta da una parte a recuperare miliardi di euro che ogni anno sfuggono al fisco; dall'altra alleggerire le imprese da vincoli amministrativi ormai obsoleti e non più compatibili con l'attuale dimensione economica, sempre più transfrontaliera e digitale.
Secondo gli ultimi dati pubblicati dalla Commissione europea, il cosiddetto Vat gap , la differenza tra quanto l'erario dovrebbe incassare e quanto realmente riceve, ammontava a 89,3 miliardi di euro nel 2022. In questo contesto, il pacchetto Vida si propone come uno strumento tecnico e come una risposta strategica e politica al problema dell'evasione e della competitività del sistema fiscale europeo. Una risposta che passa attraverso l'adozione di tecnologie digitali in grado di garantire tracciabilità, automazione e semplificazione degli adempimenti. Vediamo nei dettagli:
Altro elemento di rilievo è l'istituzione della partita Iva unica europea, tecnicamente denominata Single Vat Registration. Questo meccanismo consentirà agli operatori economici, in particolare a quelli attivi nel commercio elettronico, di gestire tutte le operazioni intracomunitarie attraverso un'unica posizione Iva aperta in un solo Stato membro. Oggi le imprese che vendono beni o prestano servizi digitali in altri Paesi dell'Unione europea sono obbligate ad aprire partite Iva locali, con una gestione fiscale frammentata e costosa. L'introduzione della SVR promette di snellire radicalmente i processi, abbattendo i costi di conformità e favorendo l'internazionalizzazione delle pmi.
Sempre dal 14 aprile 2025, agli Stati membri è concesso di implementare autonomamente sistemi di fatturazione elettronica nazionale, senza dover ottenere un'autorizzazione preventiva da Bruxelles. Questa misura libera i Paesi da una burocrazia paralizzante e consente loro di adeguarsi agli sviluppi tecnologici, pur nel rispetto del quadro normativo comune.
Una delle modifiche più innovative riguarda il coinvolgimento dei soggetti privati nella riscossione dell'Iva per alcune attività svolte tramite piattaforme digitali. Dal primo luglio 2028 anche i cittadini non titolari di partita Iva saranno considerati soggetti passivi dell'imposta nel caso in cui offrano servizi di trasporto o affittino immobili a breve termine attraverso app e portali online. La logica adottata è quella del prestatore presunto: sarà la piattaforma digitale a dover versare l'Iva per conto del privato
Questo cambio di paradigma nasce dall'esigenza di armonizzare il trattamento fiscale delle attività svolte da professionisti e da privati. Oggi, un affittacamere con regolare partita Iva deve applicare l'Iva sulle proprie prestazioni, mentre un privato che affitta su Airbnb sfugge alla tassazione, pur offrendo un servizio simile. Con la nuova normativa, si cerca di correggere questa distorsione, anche in chiave concorrenziale, senza gravare direttamente sul cittadino. Il sistema entrerà in vigore progressivamente con un periodo transitorio che si concluderà entro il primo gennaio 2030. La misura avrà un impatto sul mercato degli affitti brevi, già oggetto di attenzione normativa in Italia.