Tradizionalmente, la legge 104 concede permessi retribuiti ai familiari del disabile entro il secondo grado di parentela, e in casi particolari, entro il terzo grado.
La legge 104 del 1992, che regola i diritti e le tutele per le persone con disabilità e i loro caregiver, è stata soggetta a diverse modifiche nel corso degli anni. Un aspetto di interesse riguarda chi può usufruire dei permessi previsti dalla legge per assistere una persona con disabilità grave.
In pratica, se un amico è convivente di fatto con la persona disabile, cioè se vive stabilmente con essa e risulta dalla stessa residenza anagrafica, può richiedere i permessi della legge 104 per prestare assistenza. Questa possibilità deriva dalla necessità di adeguare la normativa a realtà familiari più diversificate e alle decisioni giuridiche che hanno riconosciuto l'importanza del legame affettivo oltre i confini strettamente familiari.
La convivenza deve essere stabilita e riconosciuta ufficialmente poiché l'Inps richiede la verifica della residenza anagrafica congiunta per concedere i permessi. Se queste condizioni sono soddisfatte, un amico convivente può usufruire dei tre giorni mensili di permessi retribuiti o del congedo straordinario, se previsto.
Un amico, quindi, può essere considerato un caregiver idoneo ai sensi della legge 104 solo se convive stabilmente con la persona disabile. In questo caso, l'amicizia si traduce in un legame affettivo che permette l'accesso ai benefici della legge, similmente a quanto avviene per i conviventi di fatto in una relazione di coppia.
Per quanto riguarda un collega di lavoro, la normativa non prevede alcuna possibilità di accesso ai permessi della legge 104, a meno che non vi sia anche una convivenza riconosciuta e documentata con la persona disabile. La semplice relazione lavorativa non è sufficiente per ottenere i benefici previsti dalla legge.
Usufruire impropriamente dei permessi della legge 104, dichiarando false condizioni di convivenza o legami affettivi inesistenti, può comportare gravi conseguenze. Se l'Inps o il datore di lavoro scoprono che i permessi sono stati richiesti senza rispettare i requisiti previsti dalla legge, possono revocare immediatamente i permessi concessi.
Il datore di lavoro può intraprendere azioni disciplinari contro il dipendente, che possono culminare nel licenziamento per giusta causa. L'utilizzo improprio dei permessi, infatti, è considerato una violazione grave dei doveri contrattuali. L'Inps può richiedere la restituzione delle somme percepite durante i periodi di permesso concessi indebitamente.
Nei casi più gravi, l'abuso dei permessi della legge 104 può configurare reati come la truffa ai danni dello Stato, che comportano pesanti sanzioni pecuniarie e, in alcuni casi, la reclusione