Negli ultimi anni il sistema pensionistico italiano, gestito dall'INPS, è stato spesso oggetto di critiche e paragoni con le strutture finanziarie note come Schemi Ponzi. Tali affermazioni scaturiscono principalmente dalle difficoltà strutturali e demografiche che segnano l'evoluzione della previdenza pubblica. La preoccupazione per la sostenibilità delle pensioni coinvolge milioni di cittadini, alimentando un dibattito acceso sulle prospettive future.
Cos’è uno schema Ponzi: definizione, funzionamento e differenze con il sistema pensionistico INPS
Uno schema Ponzi è un sistema di frode finanziaria progettata per arricchire un ristretto numero di organizzatori ai danni degli investitori. Il meccanismo è il seguente: i rendimenti promessi ai partecipanti vengono pagati impiegando i capitali dei nuovi ingressi, senza alcuna base di reale investimento o creazione di valore.
L'espansione geometrica della base dei contribuenti è una caratteristica peculiare di questo modello, ma proprio questa caratteristica ne decreta l'inevitabile insostenibilità. Quando mancano nuove adesioni o il flusso di capitali rallenta, lo schema collassa: i promotori si appropriano delle somme residue, mentre gli ultimi a entrare nel sistema subiscono le maggiori perdite ed emergono:
- Sostenibilità virtuale: lo schema dipende unicamente dalla crescita di nuovi versamenti.
- Assenza di finalità sociali: l'obiettivo non è il sostegno collettivo, ma il profitto individuale illecito.
- Mancanza di trasparenza: i bilanci non sono pubblici né controllati da enti terzi, rendendo il sistema opaco e manipolabile.
Ciò che differenzia il sistema pensionistico pubblico italiano da un Ponzi, tuttavia, è la sua natura di ente pubblico regolamentato. Le attività dell'INPS sono soggette a frequenti revisioni legislative, trasparenza amministrativa e controllo istituzionale, garantendo un livello di sicurezza e accesso all'informazione che agli investitori di uno schema piramidale è sconosciuto.
Il principio della ripartizione: come funziona l’INPS e perché viene paragonato a uno schema Ponzi
Il sistema a ripartizione su cui si fonda la previdenza italiana non prevede l'accantonamento individuale dei contributi dei lavoratori. Gli importi prelevati dalle retribuzioni attuali vengono destinati immediatamente al pagamento delle prestazioni agli aventi diritto in quel momento. Tale assetto ha rappresentato uno strumento efficace di solidarietà intergenerazionale.
Tuttavia, chi sostiene che l'Inps rappresenti lo schema Ponzi spesso fa riferimento al fatto che le entrate provenienti dai lavoratori attivi sono indispensabili per erogare le pensioni correnti, simile a come, in uno schema piramidale, il denaro dei nuovi aderenti paga i rendimenti ai precedenti. In entrambi i casi, una flessione del rapporto tra entrate e uscite può compromettere la tenuta del sistema e prevede:
- Flessibilità e legislazione: a differenza degli schemi fraudolenti, però, il sistema pubblico può essere modificato da nuove leggi, come l’innalzamento dell’età pensionabile o la revisione dei requisiti di accesso, per rafforzare la sostenibilità finanziaria.
- Intervento statale: laddove i contributi diretti non sono sufficienti a coprire le prestazioni, lo Stato garantisce la copertura tramite la fiscalità generale, tutelando il diritto alla pensione.
- Trasparenza: la gestione dei fondi e delle prestazioni avviene secondo criteri regolati e soggetti a monitoraggio continuo.
I rischi strutturali delle pensioni pubbliche italiane: fragilità e sostenibilità a confronto
Il funzionamento a ripartizione comporta l’esposizione del sistema a una pluralità di rischi, tra cui spiccano quelli legati al quadro demografico ed economico. In primo luogo, la diminuzione del numero di contribuenti rispetto ai beneficiari crea squilibri progressivi, aggravati dall’aumento della longevità media e dalla stagnazione dei salari reali.
Un aspetto spesso sottolineato dagli osservatori riguarda il costante divario tra i contributi raccolti e la spesa pensionistica effettiva. Secondo i dati settoriali più recenti, negli ultimi anni la spesa ha superato i contributi per decine di miliardi di euro e sono state evidenziate le seguenti criticità:
- Pressione fiscale crescente: la necessità di integrare le prestazioni può portare a un aumento delle imposte generali.
- Riforme periodiche: innalzamenti dell’età pensionabile e modifiche ai criteri di calcolo sono state introdotte come misure di contenimento.
- Decrescita demografica: meno giovani lavoratori disponibili genera precarietà strutturale e incertezza per le future generazioni.
Equità contributiva e distorsioni nel sistema attuale: chi versa e chi beneficia
L’equità contributiva, principio secondo cui l’entità della pensione dovrebbe essere proporzionata a quanto versato durante la vita lavorativa, rappresenta un nodo critico del dibattito. Il passaggio dal metodo retributivo al contributivo ha legato maggiormente le prestazioni ai contributi individuali.
Tuttavia, il sistema continua a mostrare distorsioni e disuguaglianze, legate sia alla commistione tra previdenza (basata su contribuzione) e assistenza (basata sul bisogno e finanziata dalla fiscalità generale), sia agli interventi occasionali su requisiti e prestazioni. Alcuni soggetti beneficiano di trattamenti più generosi, mentre altri rischiano prestazioni inferiori rispetto a quanto versato. E ciò che si evidenzia è:
- Gestione unica: la mancata separazione tra previdenza e assistenza genera confusione su chi realmente finanzia le varie erogazioni.
- Requisiti flessibili: modifiche periodiche ai criteri di accesso possono penalizzare alcune categorie di lavoratori.
- Rapporto tra entrate e uscite: la copertura di deficit tramite fiscalità generale crea un’asimmetria tra chi versa e chi beneficia, minando la percezione di equità nel patto intergenerazionale.
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