La tendenza degli italiani a mantenere liquidità sui conti correnti non è un fenomeno nuovo, ma ha raggiunto livelli record.
La liquidità sui conti correnti degli italiani torna a salire: quasi 20 miliardi di euro in più in un anno. È quanto emerge da una recente ricerca della Fabi, la Federazione Autonoma Bancari Italiani, che evidenzia come, dopo due anni di contrazione, il saldo complessivo dei risparmi di famiglie e imprese italiane abbia raggiunto nel 2024 la cifra record di 1.363,6 miliardi di euro, in aumento rispetto ai 1.343,8 miliardi del 2023. Questo aumento dell'1,5% è un'inversione di tendenza rispetto al biennio precedente, quando l'inflazione galoppante e il conseguente aumento del costo della vita avevano eroso i risparmi liquidi degli italiani. Vediamo meglio:
L'Italia ha sempre avuto un approccio prudente alla gestione del risparmio. Le generazioni passate, segnate dalle crisi economiche e dall'incertezza del mercato del lavoro, hanno trasmesso una cultura del risparmio basata sulla sicurezza del capitale piuttosto che sulla ricerca del rendimento. In un contesto economico in cui l'inflazione supera il 4% annuo, mantenere i risparmi fermi in un conto corrente equivale a una perdita reale di valore. Gli italiani faticano a comprendere appieno il concetto di erosione del potere d'acquisto e preferiscono spesso l'illusione della stabilità nominale del proprio conto corrente.
L'inflazione continua a essere un nemico silenzioso dei risparmi italiani. Mentre i prezzi dei beni di consumo aumentano, il potere d'acquisto delle famiglie si riduce, con effetti negativi anche sulla ricchezza reale. Secondo le stime, solo una stretta fascia della popolazione è riuscita a incrementare i propri risparmi nel corso dell'ultimo anno. Si parla di un 30% degli italiani che riesce ancora a risparmiare, ma il vero aumento del saldo dei conti correnti riguarda appena un 10% della popolazione. Questa concentrazione della liquidità porta a una amplificazione delle disuguaglianze economiche, con una polarizzazione della ricchezza .
A crescere sono soprattutto i salvadanai digitali e i conti deposito delle famiglie più benestanti. Le classi medie e basse continuano a erodere i propri risparmi per far fronte all'aumento dei costi della vita quotidiana. Il caro energia, l'aumento dei prezzi alimentari e il peso dei mutui più elevati hanno costretto molte famiglie a attingere ai risparmi per mantenere un tenore di vita dignitoso. Questo trend rischia di creare una spaccatura sociale sempre più profonda, con una minoranza che continua ad accumulare risorse e una maggioranza che vede i propri risparmi evaporare lentamente.
La scarsa alfabetizzazione finanziaria è una delle cause principali della decrescita della ricchezza italiana. Negli ultimi 20 anni, l'Italia ha visto il proprio patrimonio ridursi del 4% in termini reali, mentre altri Paesi europei hanno registrato aumenti: +57% nel Regno Unito, +51% in Germania e +22% in Francia. Negli Stati Uniti, la crescita è stata addirittura del 121%, mentre in Canada si è raggiunto un +64%. In Europa, una media del 32% della ricchezza è investita in azioni, un valore lontanissimo dal 3% italiano, che preferisce le obbligazioni e i titoli di Stato a bassa redditività.
L'assenza di una vera cultura del rischio controllato spinge molti italiani a preferire strumenti finanziari a rendimento garantito, che spesso non coprono nemmeno l'inflazione. La scelta di investire in obbligazioni governative e di mantenere la liquidità sui conti correnti si traduce in una mancata partecipazione alla crescita dei mercati finanziari. Questo atteggiamento prudente potrebbe sembrare sicuro nel breve termine, ma nel lungo periodo porta a una decrescita della ricchezza reale e lascia gli italiani sempre più poveri rispetto ai loro omologhi europei e americani.