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Nuova tasse su plusvalenze criptvalute al 33% nel 2026: regole, come funzionano, se sono retroattive e calcoli con esempi

di Marcello Tansini pubblicato il
tasse criptovalute 33% nel 2026

Dal 2026 le plusvalenze sulle criptovalute subiranno una nuova tassazione al 33%. I cambiamenti normativi, categorie tassate, calcoli, affrancamento, obblighi fiscali e prospettive future per investitori.

Dalla prossima annualità fiscale, il regime di imposizione delle plusvalenze legate a Bitcoin, Ethereum e a quasi tutte le cripto-attività sarà aggiornato, innalzando l’aliquota ordinaria dal 26% al 33%. Questa misura, già prevista dalla Legge di Bilancio 2025 e confermata nelle bozze della Legge 2026, segna un punto di svolta per investitori e operatori del settore. Il nuovo schema fiscale pone anche alcune eccezioni per specifici token ancorati all’euro e introduce strumenti come l’affrancamento per gestire al meglio l’impatto dell’aumento contributivo.

Evoluzione della normativa fiscale sulle criptovalute in Italia: dal 26% al 33%

La trasformazione del quadro normativo sulle cripto-attività in Italia ha avuto origine con la Legge di Bilancio 2023 (L. 197/2022) che, tramite la lettera c-sexies dell’art. 67 del TUIR, ha definito per la prima volta la tassazione delle plusvalenze su valute virtuali. Questa normativa ha introdotto un’imposta sostitutiva del 26% sulle plusvalenze per le persone fisiche, mantenendo una franchigia annuale di 2.000 euro. Questa soglia rappresentava un’esenzione parziale, consentendo agli investitori minori di non subire tassazione sulle piccole plusvalenze.

L’evoluzione si compie con la Legge di Bilancio 2025 (n. 207/2024) che elimina completamente la franchigia a far data dal 1° gennaio 2025 e innalza l’aliquota sulle plusvalenze a il 33% a partire dal 2026. Fatti salvi alcuni casi specifici, la maggior parte dei proventi derivanti da cessione, detenzione o impiego di cripto-attività rientrano ora nella categoria dei “redditi diversi”.

Il legislatore ha però introdotto eccezioni: nella bozza della Legge di Bilancio 2026 si precisa che i token di moneta elettronica denominati in euro continueranno a essere tassati al 26%. Questa scelta mira a favorire l’integrazione degli strumenti finanziari regolamentati nell'ecosistema europeo MiCAR. Tutte le altre tipologie di asset digitali, invece, subiscono ora il regime pieno della nuova aliquota.

Le modifiche segnano la progressiva ufficializzazione della disciplina fiscale sulle valute virtuali, superando l'epoca delle incertezze interpretative che aveva contraddistinto gli anni precedenti e preparano il quadro normativo a rispondere alle sfide poste da nuove tecnologie e asset digitali complessi.

Quali plusvalenze cripto saranno tassate al 33% e quali resteranno al 26%

L’ampiezza dell’aliquota al 33% non si applica indistintamente a tutto il settore dei token digitali. La fonte normativa distingue ora due principali categorie di asset con trattamenti differenti.

  • Imposta al 33%: coinvolge tutte le plusvalenze e i proventi derivanti da cessione, detenzione o impiego di cripto-attività quali Bitcoin (BTC), Ethereum (ETH), le principali stablecoin ancorate al dollaro (come USDT, USDC), altcoin e token NFT. In questa categoria rientra la grande maggioranza delle operazioni effettuate dagli investitori privati, per le quali il momento impositivo resta quello della realizzazione della plusvalenza. Non rileva l’anno di acquisto degli asset, ma solo il momento della vendita o del disinvestimento, se effettuato dal 1° gennaio 2026 in poi.
  • Imposta al 26%: rimane per i “token di moneta elettronica denominati in euro”. La definizione fa riferimento ai token ancorati stabilmente all’euro e sostenuti da riserve integralmente denominate in euro, presso soggetti autorizzati in UE, come previsto dall’art. 3, paragrafo 1, n. 7 di MiCAR (Regolamento UE 2023/1114). Esempio tipico: EURC (Euro Coin). In questo ambito, la sola conversione euro/token euro non genera eventi tassabili.
Resta una zona grigia sulla qualificazione di alcune stablecoin: USDT, ad esempio, non è tecnicamente un e-money token in euro, e permute con le principali criptovalute vengono tassate con aliquota ordinaria. La bozza prevede inoltre che proventi da staking o attività DeFi su token euro possano essere tassati al 26% solo se effettuati mediante protocolli conformi a MiCAR. Le altre attività, inclusi tutti i token ancorati al dollaro USA, saranno tassate al 33%.

La normativa precisa anche che la gestione delle minusvalenze rimane separata tra cripto-attività e strumenti finanziari tradizionali, consentendo la compensazione solo all’interno della medesima categoria e nel rispetto dei limiti temporali previsti (riporto per quattro anni).

Il meccanismo di affrancamento al 18% nel 2025: opportunità e requisiti

La Legge di Bilancio 2025 ha introdotto una misura straordinaria per gestire il passaggio al nuovo regime: l’affrancamento tramite imposta sostitutiva del 18%. Questo strumento consente agli investitori di “rivalutare” il prezzo di acquisto delle cripto-attività possedute al 1° gennaio 2025, pagando un’imposta unica calcolata sul valore di mercato rilevato in quella data.

L’affrancamento produce effetti fiscali rilevanti:

  • Il nuovo valore d’acquisto riconosciuto fiscalmente per ciascuna cripto-attività sarà quello al 1° gennaio 2025; i futuri capital gain verranno pertanto calcolati solo sull’eventuale incremento successivo.
  • L’imposta versata dovrà essere dichiarata nel “Quadro RT” della dichiarazione dei redditi 2026, segnalando il valore rivalutato e l’importo liquidato.
  • La procedura interessa obbligatoriamente l’intera quantità di una specifica tipologia di asset (ad esempio tutti i Bitcoin posseduti), applicandosi sia a token su exchange sia a quelli in wallet privati.
L’opzione deve essere esercitata tramite pagamento dell’imposta entro il 1° dicembre 2025 (prorogato dal 30 novembre). È possibile il frazionamento in tre rate annuali, con interessi sul saldo successivo alla prima rata (3% annuo). Non è permessa la generazione e il riporto di minusvalenze fiscali tramite l’affrancamento, che resta quindi uno strumento ideale solo in presenza di elevate plusvalenze latenti.

L’affrancamento rappresenta una strategia di pianificazione fiscale avanzata per chi intende disinvestire dopo il 2025: nel caso di vendita a parità di valore rivalutato, non si generano plusvalenze future imponibili, ottenendo un risparmio significativo sul carico fiscale teorico (dal 33% al 18%).

Obblighi dichiarativi e scadenze fiscali: cosa deve fare l’investitore

La disciplina fiscale aggiornata prevede per gli investitori una serie di adempimenti chiari e articolati. Gli obblighi dichiarativi si strutturano su due filoni principali:

  • Quadro RW: deve essere compilato per il monitoraggio delle cripto-attività possedute, sia su exchange esteri sia su wallet in self-custody. È obbligatorio anche per le attività detenute all’estero, indipendentemente dalla scelta di affrancamento.
  • Quadro RT: va compilato per dichiarare le plusvalenze realizzate nell’anno d’imposta e, qualora si sia optato per l’affrancamento, per indicare il valore rivalutato, nonché le eventuali imposte sostitutive versate sul valore al 1° gennaio 2025.
Per l’anno 2025 la scadenza per il versamento dell’imposta sostitutiva su affrancamento è il 1° dicembre (o frazionata). L’imposta dovrà essere liquidata tramite modello F24, impiegando il codice tributo specifico indicato dall’Agenzia delle Entrate.

È essenziale conservare documentazione certificata (attestanti la titolarità dei wallet, l’acquisto degli asset e i valori di conferimento), in modo da non incorrere nella presunzione di plusvalenza integrale in caso di controlli, il tutto in coerenza con le regole di trasparenza e tracciabilità delle operazioni.

Esempi pratici di calcolo della tassazione sulle plusvalenze cripto

Per illustrare l’impatto delle nuove regole, sono riportati alcuni casi esemplificativi:

Scenario Valore iniziale Valore al 1/1/2025 Valore di vendita 2026 Tassazione senza affrancamento Tassazione con affrancamento
BTC acquistato 2020 10.000€ 90.000€ 100.000€ 33% su 90.000€
(29.700€)
18% su 90.000€ (16.200€) +
33% su 10.000€ (3.300€) 
TOTALE: 19.500€
EURC stablecoin 1.000€ 1.000€ 1.000€ 26% su eventuali proventi n.d.

I vantaggi dell’affrancamento emergono soprattutto per chi ha grandi plusvalenze latenti e intende disinvestire dopo il 2025. Senza rivalutazione, il contribuenti subisce l’imposizione piena sul guadagno maturato sin dall’acquisto, mentre l’affrancamento consente di “azzerare” le plusvalenze maturate fino al 1° gennaio 2025, pagandole con aliquota ridotta. La scelta deve però tenere conto anche della liquidità disponibile per il versamento dell’imposta sostitutiva e della propria strategia temporale di investimento.

Implicazioni, vantaggi e criticità: analisi della nuova normativa

Il nuovo quadro fiscale offre aspetti positivi e alcune criticità per il contribuente italiano:

  • Chiarezza e ufficialità normativa: finalmente il trattamento fiscale delle cripto-attività viene incardinato stabilmente nella normativa italiana, in linea con la disciplina UE. Gli investitori possono valutare le strategie in modo trasparente.
  • Affrancamento: si configura come strumento di ottimizzazione fiscale, soprattutto per chi ha grandi plusvalenze latenti; tuttavia non è applicabile a tutte le situazioni e richiede un esborso anticipato.
  • Maggiore onerosità per il risparmiatore: l’aumento dell’aliquota rappresenta un aggravio fiscale rispetto all’era precedente. Ciò rischia di ridurre l’attrattività dell’investimento in valute virtuali rispetto a strumenti tradizionali.
  • Mancanza di armonizzazione sui token esteri: permangono zone grigie sull’inquadramento fiscale di alcune stablecoin straniere e sulle permute tra token diversi, che potrebbero complicare la dichiarazione.
Il rischio di emigrazione di capitali e la ricerca di giurisdizioni meno penalizzanti sono conseguenze rilevanti della nuova normativa, così come il potenziale rallentamento dell’innovazione nell’emergente settore crypto nazionale.


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