Quali sono i nuovi limiti per pignoramenti su stipendi e pensioni 2026: quali sono i nuovi importi aggiornati e chiarimenti
Il pignoramento dei beni, compresi stipendi e pensioni, prevede regole ben precise da rispettare. Si tratta di esecuzioni forzate che scattano solo per motivi specifici ed entro determinati limiti. Nel 2025 sono stati aggiornati, come annualmente accade, i limiti degli importi per pignoramenti di stipendi e pensioni.
Il pignoramento rappresenta uno strumento legale attraverso cui un creditore può recuperare somme dovute da un debitore che non ha adempiuto ai propri obblighi. Nel caso specifico delle pensioni, questo strumento segue regole particolari volte a garantire la dignità e il sostentamento del pensionato.
Per calcolare correttamente quanto può essere pignorato da una pensione, occorre seguire questi passaggi:
I limiti al pignoramento su stipendi e pensioni vengono aggiornati ogni anno perché variano e dipendono dall'importo dell'assegno sociale, che si modifica annualmente, essendo soggetto a rivalutazione. Per il 2025, per effetto della nuova rivalutazione, l'importo dell'assegno sociale è di 538,68 euro.
Il pignoramento della pensione dipende dall'importo dell'assegno sociale nella misura in cui, per legge, non si può pignorare il minimo vitale, che è pari appunto al doppio dell'assegno sociale e non può mai essere inferiore a mille euro.
Se, dunque, l'importo dell'assegno sociale è di 538,68 euro, il minimo vitale risulta di 1.077,36 euro. Il pignoramento della pensione può avvenire in misure differenti oltre tale importo, che diventa dunque impignorabile.
È possibile pignorare la pensione secondo i limiti previsti dalla legge sia presso l'ente erogatore e sia sul conto corrente dove viene accreditata. In particolare, si può pignorare la pensione presso l'ente erogatore o l'INPS solo nel limite di un quinto della parte eccedente il minimo vitale.
Quando la pensione viene accreditata sul conto corrente, si applicano regole leggermente diverse. In questo caso, sono impignorabili le somme fino a tre volte l'assegno sociale (circa 1.616,04 euro per il 2025) se queste derivano da accrediti di pensione avvenuti nei 30 giorni precedenti il pignoramento.
Questa protezione maggiore rispetto al pignoramento alla fonte (presso l'INPS) serve a tutelare il pensionato che ha ricevuto l'accredito sul conto, permettendogli di disporre delle risorse necessarie per affrontare le spese mensili.
È importante sottolineare che le somme accreditate da più di 30 giorni perdono questa protezione speciale e rientrano nel patrimonio pignorabile del debitore.
Se il creditore è l'Agenzia delle Entrate Riscossione, i limiti per il pignoramento della pensione sono diversi e più articolati rispetto a quelli previsti per i creditori privati. Questi limiti sono stati pensati per calibrare l'impatto del pignoramento in base all'entità della pensione percepita.
Ecco i limiti aggiornati per il 2025:
Ad esempio, per una pensione di 2.200 euro, l'Agenzia delle Entrate Riscossione potrà pignorare solo il 10% della parte eccedente il minimo vitale:
Una volta calcolato il minimo vitale, lo stipendio o la pensione possono essere sempre pignorati per la parte eccedente, nel rispetto delle percentuali di legge. Questo significa che anche una pensione minima INPS di poco superiore al minimo vitale può subire un pignoramento, seppur per importi contenuti.
Esistono tuttavia alcune prestazioni assistenziali che per loro natura sono completamente impignorabili:
Un aspetto importante da considerare è cosa succede quando sulla stessa pensione gravano più pignoramenti contemporaneamente. In questi casi, la legge prevede un limite massimo cumulativo: in nessun caso la somma delle trattenute può superare il 50% dell'importo della pensione netta.
Se coesistono pignoramenti per crediti di diversa natura (ad esempio uno per crediti ordinari e uno per crediti alimentari), il giudice dovrà bilanciare le percentuali per non eccedere il tetto massimo del 50%. In questo modo, al pensionato viene garantito almeno metà della propria pensione per far fronte alle necessità quotidiane.
Nel caso di concorso tra Fisco e creditori ordinari, l'INPS applicherà le rispettive percentuali (ad esempio 10% per il Fisco e 20% per il privato), sempre nel rispetto del limite complessivo del 50%.
Il pensionato che subisce un pignoramento ha a disposizione diversi strumenti di tutela per reagire contro pignoramenti illegittimi, irregolari o eccessivamente gravosi:
Opposizione all'esecuzione: può essere presentata quando si contesta il diritto del creditore a procedere, ad esempio se il debitore sostiene di aver già pagato o se la somma non è dovuta.
Opposizione agli atti esecutivi: riguarda vizi formali o procedurali del pignoramento, come notifiche irregolari o difetti nell'atto.
Richiesta di riduzione per gravi motivi: in casi eccezionali, il giudice può valutare di ridurre temporaneamente il prelievo per evitare situazioni di indigenza assoluta.
Inoltre, per i debiti verso l'Agenzia delle Entrate, è possibile richiedere una rateizzazione che, se concessa, comporta la sospensione delle azioni esecutive in corso, inclusi i pignoramenti sulla pensione.
In situazioni di grave indebitamento, il pensionato può anche valutare il ricorso alle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento, che consentono di proporre ai creditori un piano di rientro sostenibile, con la possibilità di ottenere la sospensione dei pignoramenti durante l'omologazione del piano.