In Italia oltre il 40% della popolazione mostra scarso interesse verso l'educazione finanziaria, spesso delegata ai consulenti. Diffidenza, poca informazione e timori.
Nonostante la crescente complessità dei mercati e la diffusione di strumenti digitali per la gestione degli investimenti, una larga fetta della popolazione italiana mostra un atteggiamento distaccato verso la formazione in questo campo.
Recenti indagini sottolineano come la gestione del risparmio personale e familiare sia vista spesso come una materia da delegare a operatori esterni piuttosto che sviluppare competenze autonome. Questa tendenza alimenta circuiti di scarsa partecipazione attiva e accresce ladipendenza da figure di intermediari, limitando la capacità di valutare in modo critico rischi e opportunità.
Dai principali studi di settore emerge che oltre il 40% degli italiani dichiara di non avere né tempo né motivazione per approfondire tematiche relative a investimenti, risparmio ed economia personale. Il dato, tratto dall'indagine Assogestioni-Censis, si riflette in modo ancora più marcato su alcune fasce demografiche:
I motivi del disinteresse spaziano dalla sovrapposizione di impegni quotidiani, che lascia poco tempo per formarsi, alla convinzione che investire richieda competenze tecniche non facilmente accessibili. Va evidenziato come questa percezione non si limiti solo a chi ha una minore scolarizzazione, ma riguardi anche una quota significativa di diplomati e laureati.
La ricerca mostra inoltre che i cittadini più cauti nella gestione dei risparmi sono proprio quelli poco interessati alla formazione finanziaria, con l'88,5% di essi che dichiara di adottare comportamenti di investimento particolarmente prudenti. Da un lato, questa attitudine prudenziale riduce l'esposizione a rischi eccessivi; dall'altro, può limitare la capacità di cogliere opportunità e impedire la costruzione di un portafoglio bilanciato e diversificato.
L'attuale panorama italiano vede una diffusa preferenza per il supporto di consulenti finanziari nello sviluppo delle strategie di investimento. Più del 60% delle persone che si dichiarano disinteressate alla formazione finanziaria preferisce affidarsi a esperti, percentuale che raggiunge livelli simili anche tra i cittadini più attenti alla propria cultura economica. In dettaglio, il 48,4% dei meno interessati si affida stabilmente a un consulente, mentre il 36% a strutture bancarie e finanziarie che propongono prodotti propri.
Per chi dimostra curiosità e apertura verso l'educazione finanziaria, la tendenza permane: il 52,4% si rivolge comunque a un professionista e il 48,2% segue indicazioni di istituti bancari. Questa dinamica conferma la preferenza italiana per un approccio basato sulla delega fiduciaria, più che sull'autodeterminazione e sulla scelta autonoma.
Il ricorso agli specialisti può essere rassicurante, ma implica alcuni limiti:
Il legame tra risparmio e prudenza caratterizza il comportamento di larghi segmenti della popolazione. Nel 2025, il consolidarsi di dinamiche economiche incerte e la volatilità dei mercati hanno reso ancora più evidente la preferenza per la liquidità e la riduzione dei consumi, anche di beni considerati essenziali.
Le strategie di gestione finanziaria delle famiglie tendono a essere conservative: solo il 39% sceglie di investire in strumenti come conti di deposito, fondi pensionistici, obbligazioni o azioni, mentre il 64% mantiene le risorse in liquidità, spesso sul conto corrente. Una quota significativa della popolazione, circa il 29%, non riesce né a risparmiare né a investire, soprattutto per la mancanza di risorse o la difficoltà ad accantonarle.
I motivi che alimentano tale approccio sono molteplici e possono essere così riassunti:
Quando la decisione di investire viene effettivamente presa, i prodotti selezionati sono il risultato di valutazioni prudenti: emerge una maggiore attenzione alla rischiosità, una propensione a informarsi tramite canali sicuri e un'implicita diffidenza verso soluzioni innovative o poco trasparenti. Questo scenario evidenzia come il bisogno di sicurezza e il timore dell'errore influiscano profondamente sulle scelte di investimento degli italiani.
La carenza di educazione finanziaria si accompagna a una vulnerabilità crescente rispetto alle truffe e alle proposte ingannevoli. Circa il 48% degli intervistati ha dichiarato di aver ricevuto offerte di trading online, spesso veicolate attraverso social network o telefonate, che si sono poi rivelate vere e proprie frodi. Oltre la metà della popolazione si è imbattuta in pubblicità accattivanti su piattaforme online che promettevano rendimenti elevati senza rischi.
La diffidenza verso i prodotti innovativi è alimentata anche dalle esperienze di greenwashing, in cui prodotti finanziari sono promossi come sostenibili o etici senza rispondere a criteri verificabili. In particolare, nel comparto degli investimenti ESG (Environmental, Social and Governance), solo una minima parte dei risparmiatori si sente davvero in grado di verificare l'autenticità delle proposte, soprattutto in assenza di una consulenza indipendente e dati scientifici sicuri a sostegno delle dichiarazioni:
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Percentuale |
Situazione |
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47,8% |
Ha ricevuto proposte di trading rivelatesi truffe |
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59,5% |
Più volte esposto a pubblicità ingannevoli sul trading online |
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60,6%-62,6% |
Preferisce affidarsi a un consulente |
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10% |
Ha investito in prodotti sostenibili |
Il gap informativo si riflette anche nella percezione dei rischi: mentre l'assenza di consapevolezza induce cautela nella maggioranza, una quota significativa dei disinformati si espone inconsapevolmente a schemi fraudolenti, proprio per la difficoltà di distinguere offerte attendibili da pratiche scorrette. Il rischio di diventare vittime di raggiri aumenta sensibilmente in presenza di scarsa cultura economica personale e di un quadro normativo percepito come poco chiaro e in evoluzione, soprattutto nel comparto degli investimenti sostenibili.
Queste dinamiche richiamano la necessità di promuovere regole più stringenti sulla trasparenza dei prodotti e di investire in campagne di informazione che valorizzino l'affidabilità e la competenza delle fonti di consulenza.
L'accrescimento delle competenze economiche personali rappresenta un passaggio decisivo per aumentare la capacità decisionale dei cittadini e ridurre la dipendenza da figure esterne. La formazione permette di distinguere prodotti ad hoc da soluzioni preconfezionate, di valutare meglio i costi effettivi e i rischi realmente associati all'investimento, e di costruire un rapporto più consapevole con il risparmio.
Studi recenti supportano l'ipotesi secondo cui maggiore è il livello di conoscenza finanziaria, minori sono l'esposizione ai rischi non valutati e la probabilità di diventare vittime di frodi. La creazione di opportunità di formazione - nelle scuole, ma anche per adulti e anziani - risponde all'esigenza di coinvolgere l'intera popolazione nella gestione proattiva delle proprie finanze.
I benefici di una cultura economica più diffusa non si limitano solo all'ambito personale, ma rivestono un impatto positivo per l'intero sistema economico: una maggiore autonomia nelle scelte di investimento favorisce la diversificazione del risparmio, aumenta la resilienza delle famiglie agli shock esterni e valorizza la funzione del risparmio come leva per la crescita collettiva.