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Oltre il 40% degli italiani non interessato all'educazione finanziaria. E nel migliore dei casi si affida ai consulenti finanzia

di Marcello Tansini pubblicato il
Affida ai consulenti finanziari

In Italia oltre il 40% della popolazione mostra scarso interesse verso l'educazione finanziaria, spesso delegata ai consulenti. Diffidenza, poca informazione e timori.

Nonostante la crescente complessità dei mercati e la diffusione di strumenti digitali per la gestione degli investimenti, una larga fetta della popolazione italiana mostra un atteggiamento distaccato verso la formazione in questo campo.

Recenti indagini sottolineano come la gestione del risparmio personale e familiare sia vista spesso come una materia da delegare a operatori esterni piuttosto che sviluppare competenze autonome. Questa tendenza alimenta circuiti di scarsa partecipazione attiva e accresce ladipendenza da figure di intermediari, limitando la capacità di valutare in modo critico rischi e opportunità.

Educazione finanziaria: dati, motivazioni e profili degli italiani

Dai principali studi di settore emerge che oltre il 40% degli italiani dichiara di non avere né tempo né motivazione per approfondire tematiche relative a investimenti, risparmio ed economia personale. Il dato, tratto dall'indagine Assogestioni-Censis, si riflette in modo ancora più marcato su alcune fasce demografiche:

  • Il 38,6% dei giovani mostra disinteresse per la materia
  • Quasi la metà degli over 65 non sente l'esigenza di formarsi
  • Le persone con basso titolo di studio rappresentano la categoria meno coinvolta (58,7% di disinteressati)
I livelli di attenzione verso l'educazione finanziaria sono influenzati da molteplici fattori, a partire dal contesto socio-economico e dal livello di istruzione, fino alla percezione della propria capacità di risparmio. Tuttavia, lo stesso studio segnala che oltre la metà degli intervistati si dichiara desiderosa di acquisire conoscenze e competenze, segno di un'Italia divisa tra apertura al cambiamento e resistenze radicate.

I motivi del disinteresse spaziano dalla sovrapposizione di impegni quotidiani, che lascia poco tempo per formarsi, alla convinzione che investire richieda competenze tecniche non facilmente accessibili. Va evidenziato come questa percezione non si limiti solo a chi ha una minore scolarizzazione, ma riguardi anche una quota significativa di diplomati e laureati.

La ricerca mostra inoltre che i cittadini più cauti nella gestione dei risparmi sono proprio quelli poco interessati alla formazione finanziaria, con l'88,5% di essi che dichiara di adottare comportamenti di investimento particolarmente prudenti. Da un lato, questa attitudine prudenziale riduce l'esposizione a rischi eccessivi; dall'altro, può limitare la capacità di cogliere opportunità e impedire la costruzione di un portafoglio bilanciato e diversificato.

Il consulente finanziario: punti di riferimento o soluzione temporanea?

L'attuale panorama italiano vede una diffusa preferenza per il supporto di consulenti finanziari nello sviluppo delle strategie di investimento. Più del 60% delle persone che si dichiarano disinteressate alla formazione finanziaria preferisce affidarsi a esperti, percentuale che raggiunge livelli simili anche tra i cittadini più attenti alla propria cultura economica. In dettaglio, il 48,4% dei meno interessati si affida stabilmente a un consulente, mentre il 36% a strutture bancarie e finanziarie che propongono prodotti propri.

Per chi dimostra curiosità e apertura verso l'educazione finanziaria, la tendenza permane: il 52,4% si rivolge comunque a un professionista e il 48,2% segue indicazioni di istituti bancari. Questa dinamica conferma la preferenza italiana per un approccio basato sulla delega fiduciaria, più che sull'autodeterminazione e sulla scelta autonoma.

Il ricorso agli specialisti può essere rassicurante, ma implica alcuni limiti:

  • Rischio di conflitti di interesse legati alla proposizione di prodotti interni agli istituti
  • Costi di gestione e commissioni spesso non immediatamente percepiti
  • Difficoltà nella comprensione delle caratteristiche e dei rischi reali degli strumenti suggeriti
Un altro aspetto da considerare è la relazione tra digitalizzazione e supporto consulenziale. Circa un terzo degli italiani valuta l'ipotesi di utilizzare piattaforme di trading online solo se affiancato da un professionista, e la maggioranza ritiene che il trading digitale sia utile come strumento integrativo, ma non sufficiente a sostituire la consulenza umana. Ciò rafforza il quadro di una fiducia prevalente nei confronti delle figure specialistiche, viste come guide capaci di orientare scelte e strategie in un settore percepito come complesso.

Perché gli italiani non investono: tra tendenza al risparmio e paura di sbagliare

Il legame tra risparmio e prudenza caratterizza il comportamento di larghi segmenti della popolazione. Nel 2025, il consolidarsi di dinamiche economiche incerte e la volatilità dei mercati hanno reso ancora più evidente la preferenza per la liquidità e la riduzione dei consumi, anche di beni considerati essenziali.

Le strategie di gestione finanziaria delle famiglie tendono a essere conservative: solo il 39% sceglie di investire in strumenti come conti di deposito, fondi pensionistici, obbligazioni o azioni, mentre il 64% mantiene le risorse in liquidità, spesso sul conto corrente. Una quota significativa della popolazione, circa il 29%, non riesce né a risparmiare né a investire, soprattutto per la mancanza di risorse o la difficoltà ad accantonarle.

I motivi che alimentano tale approccio sono molteplici e possono essere così riassunti:

  • Timore di subire perdite a causa dell'incertezza economica
  • Difficoltà a comprendere le dinamiche finanziarie e a valutare il rischio
  • Tendenza a privilegiare strumenti percepiti come semplici e sicuri
  • Mancanza di fiducia nella propria capacità di gestire autonomamente gli investimenti
  • Influenza delle esperienze pregresse, anche negative, nell'ambito degli investimenti
Interessante notare come il risparmio venga ancora vissuto come strumento di protezione sociale e individuale; oltre il 50% degli intervistati identifica il risparmio come principale scudo contro imprevisti e crisi, nonché mezzo per garantire stabilità personale e familiare. Tale visione coincide con una bassa propensione al rischio, che si traduce spesso in una certa immobilità patrimoniale e in una preferenza per la conservazione rispetto alla crescita del capitale.

Quando la decisione di investire viene effettivamente presa, i prodotti selezionati sono il risultato di valutazioni prudenti: emerge una maggiore attenzione alla rischiosità, una propensione a informarsi tramite canali sicuri e un'implicita diffidenza verso soluzioni innovative o poco trasparenti. Questo scenario evidenzia come il bisogno di sicurezza e il timore dell'errore influiscano profondamente sulle scelte di investimento degli italiani.

Rischi, truffe e diffidenza: gli effetti del gap educativo

La carenza di educazione finanziaria si accompagna a una vulnerabilità crescente rispetto alle truffe e alle proposte ingannevoli. Circa il 48% degli intervistati ha dichiarato di aver ricevuto offerte di trading online, spesso veicolate attraverso social network o telefonate, che si sono poi rivelate vere e proprie frodi. Oltre la metà della popolazione si è imbattuta in pubblicità accattivanti su piattaforme online che promettevano rendimenti elevati senza rischi.

La diffidenza verso i prodotti innovativi è alimentata anche dalle esperienze di greenwashing, in cui prodotti finanziari sono promossi come sostenibili o etici senza rispondere a criteri verificabili. In particolare, nel comparto degli investimenti ESG (Environmental, Social and Governance), solo una minima parte dei risparmiatori si sente davvero in grado di verificare l'autenticità delle proposte, soprattutto in assenza di una consulenza indipendente e dati scientifici sicuri a sostegno delle dichiarazioni:

Percentuale

Situazione

47,8%

Ha ricevuto proposte di trading rivelatesi truffe

59,5%

Più volte esposto a pubblicità ingannevoli sul trading online

60,6%-62,6%

Preferisce affidarsi a un consulente

10%

Ha investito in prodotti sostenibili

Il gap informativo si riflette anche nella percezione dei rischi: mentre l'assenza di consapevolezza induce cautela nella maggioranza, una quota significativa dei disinformati si espone inconsapevolmente a schemi fraudolenti, proprio per la difficoltà di distinguere offerte attendibili da pratiche scorrette. Il rischio di diventare vittime di raggiri aumenta sensibilmente in presenza di scarsa cultura economica personale e di un quadro normativo percepito come poco chiaro e in evoluzione, soprattutto nel comparto degli investimenti sostenibili.

Queste dinamiche richiamano la necessità di promuovere regole più stringenti sulla trasparenza dei prodotti e di investire in campagne di informazione che valorizzino l'affidabilità e la competenza delle fonti di consulenza.

L'importanza della formazione per scegliere in autonomia (o con più consapevolezza)

L'accrescimento delle competenze economiche personali rappresenta un passaggio decisivo per aumentare la capacità decisionale dei cittadini e ridurre la dipendenza da figure esterne. La formazione permette di distinguere prodotti ad hoc da soluzioni preconfezionate, di valutare meglio i costi effettivi e i rischi realmente associati all'investimento, e di costruire un rapporto più consapevole con il risparmio.

Studi recenti supportano l'ipotesi secondo cui maggiore è il livello di conoscenza finanziaria, minori sono l'esposizione ai rischi non valutati e la probabilità di diventare vittime di frodi. La creazione di opportunità di formazione - nelle scuole, ma anche per adulti e anziani - risponde all'esigenza di coinvolgere l'intera popolazione nella gestione proattiva delle proprie finanze.

I benefici di una cultura economica più diffusa non si limitano solo all'ambito personale, ma rivestono un impatto positivo per l'intero sistema economico: una maggiore autonomia nelle scelte di investimento favorisce la diversificazione del risparmio, aumenta la resilienza delle famiglie agli shock esterni e valorizza la funzione del risparmio come leva per la crescita collettiva.