La recente pronuncia della Corte costituzionale ha segnato un punto di svolta per la pubblica amministrazione e per tutti i dirigenti pubblici coinvolti. Con la sentenza n. 135/2025, il limite massimo agli stipendi nella PA, fissato a 240mila euro lordi annui, è stato dichiarato illegittimo. Questo cambiamento non solo modifica il riferimento per la retribuzione dei vertici delle istituzioni statali, ma riapre il dibattito sul trattamento economico dei funzionari apicali, sulle specificità delle funzioni e sulla necessità di tutelare l’autonomia, anche patrimoniale, di alcune categorie.
Il quadro normativo precedente: origine e limiti del tetto di 240mila euro
La normativa sugli stipendi nella pubblica amministrazione ha subito profonde modifiche a partire dal 2014 con l’introduzione, da parte del Governo Renzi, di un limite massimo alla remunerazione. Il provvedimento nasceva come risposta emergenziale per ridurre la spesa pubblica, ma si è successivamente trasformato in una misura strutturale. Il tetto fissava a 240mila euro annui lordi la soglia massima per i compensi dei dirigenti apicali, tra cui spiccavano i ruoli ricoperti presso ministeri, autorità amministrative indipendenti, forze armate e magistrature.
La misura prevedeva:
- Applicazione estesa: il tetto interessava tutta la prima fascia della dirigenza pubblica, con impatto immediato sia sulle nuove assunzioni che sulle posizioni già in essere.
- Modalità di calcolo: erano inclusi nel conteggio sia lo stipendio tabellare che le eventuali indennità.
- Eccezioni e criticità: un sistema pensato per garantire uniformità è stato spesso oggetto di censura per la sua eccessiva rigidità, incapace di tenere conto delle diverse funzioni e delle reali responsabilità.
La sentenza 135/2025 della Corte costituzionale: motivazioni e dettagli
Il 29 luglio 2025, la Corte Costituzionale ha pubblicato la sentenza che dichiara l’illegittimità del tetto retributivo nella pubblica amministrazione. Le motivazioni addotte si basano sulla considerazione che la misura, inizialmente straordinaria e giustificata dall’esigenza di rigore nella finanza pubblica, è divenuta
strutturale e sproporzionata rispetto agli obiettivi costituzionali.
Secondo i giudici, è illegittimo il tetto agli stipendi pubblici introdotti nel 2014 dal Governo Renzi, che limita gli stipendi pubblici a 240mila euro all’anno e torna in campo il vecchio aggancio al trattamento economico del primo presidente della Corte di Cassazione: 311.658,23 euro nell’ultimo decreto in merito.
Le modifiche riguarderebbero:
- Ripristino del riferimento al Primo Presidente della Corte di Cassazione: la retribuzione massima torna ad essere quella spettante a questo incarico, che nel 2014 ammontava a 311.658,53 euro lordi annui, valore ora da aggiornare tenendo conto della lunga sospensione e degli aumenti maturati nel frattempo.
- Rettifica del sistema delle soglie retributive: ogni ulteriore tetto dovrà dimostrare proporzionalità, coerenza con le funzioni esercitate e il rispetto dei principi di autonomia e indipendenza degli organi istituzionali coinvolti.
Non è prevista la possibilità di recuperi o adeguamenti retroattivi per il periodo passato: i nuovi parametri opereranno dal momento di pubblicazione della sentenza e troveranno applicazione solo per il futuro, evitando complicazioni contabili e giuridiche per amministrazioni e lavoratori.
Il motivo della decisione della Consulta trova il riconoscimento dell’autonomia e dell’indipendenza della magistratura, quali valori da proteggere anche attraverso il trattamento economico dei vertici giudiziari. La Corte ha messo in luce come la soglia retributiva imposta abbia leso questi principi, non potendo assicurare un adeguato equilibrio tra esigenze di contenimento della spesa e necessità di assicurare la piena indipendenza nell’esercizio delle funzioni.
Le conseguenze pratiche per la Pubblica Amministrazione e i dirigenti pubblici
L’eliminazione del tetto retributivo implica l’apertura di una fase di ricalcolo degli stipendi nella pubblica amministrazione. Gli uffici competenti dovranno aggiornare la contrattazione collettiva e i parametri di riferimento, a partire dal nuovo importo riconosciuto al Primo Presidente della Corte di Cassazione. Ciò genera impatti su più livelli:
- Necessità di uniformare i criteri di remunerazione: per garantire l’effettività del nuovo sistema, sarà centrale disporre di metodi di aggiornamento periodico legati al costo della vita e alle responsabilità crescenti nelle strutture pubbliche.
- Valutazione delle specificità delle figure apicali: le amministrazioni dovranno considerare il grado di autonomia, la sensibilità delle funzioni esercitate e la necessità di garantire retribuzioni competitive a livello comunitario e internazionale.
- Ridefinizione delle griglie salariali: la revisione dei tetti retributivi può incidere su equilibri interni e rapporti tra diverse figure direttive, influenzando le dinamiche di carriera e le politiche di reclutamento.
L'effetto sul trattamento economico del Primo Presidente della Corte di Cassazione
Il trattamento economico del Primo Presidente della Corte di Cassazione torna ad essere il punto di riferimento per tutti i compensi massimi nella PA. Secondo l’ultimo dato aggiornato prima del blocco del 2014, tale cifra si attesta a
311.658,53 euro lordi annui. Dal momento che il valore era congelato da oltre un decennio, è atteso un nuovo aggiornamento per tenere in considerazione inflazione, progressioni di carriera e accordi sindacali intervenuti nel frattempo.
Implicazioni per altri settori della dirigenza pubblica
L’effetto della sentenza si estende a tutti gli ambiti dove veniva applicato il tetto: autorità amministrative indipendenti, forze armate, agenzie centrali e territoriali, dirigenti ministeriali. La Corte sottolinea l’esigenza di superare soglie uniformi e di adottare criteri di proporzionalità e differenziazione in base a responsabilità ed esposizione pubblica, a garanzia di maggiore efficienza amministrativa e trasparenza.
Prospettive future e necessità di aggiornamento dei compensi pubblici
L’evoluzione normativa successiva alla sentenza n. 135/2025 si giocherà su tre direttrici principali:
- Aggiornamento dei riferimenti economici: è imprescindibile rivedere periodicamente il valore massimo, in relazione all’andamento dell’inflazione e al quadro economico generale.
- Estensione della trasparenza: le amministrazioni saranno chiamate a garantire un’informazione chiara e facilmente accessibile sui criteri di determinazione dei trattamenti economici.
- Revisione delle politiche di selezione e valorizzazione: sarà necessario orientare le risorse sui profili dotati di competenze elevate, con una cura particolare al merito e alla qualità dei servizi erogati ai cittadini.
Parametro |
Valore 2014 |
Stato dopo Sentenza 135/2025 |
Tetto massimo retributivo |
240.000 € |
Eliminato |
Parametro di riferimento |
N/D |
Primo Presidente Cassazione: 311.658,53 € (da aggiornare) |
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