Le Borse europee sono salite spinte da una ripresa della fiducia e da un rimbalzo tecnico dopo la flessione primaverile.
Le apparenze possono ingannare e il primo semestre del 2025 ne è l'esempio più eloquente. Chi ha guardato soltanto agli indici azionari globali potrebbe pensare a un periodo florido per il risparmio gestito e invece i fondi di investimento europei hanno archiviato sei mesi in perdita. La spiegazione non risiede in un'inversione dei mercati, ma piuttosto in una combinazione di variabili trascurate da chi si limita all'osservazione dei dati grezzi.
Le Borse europee sono salite spinte da una ripresa della fiducia e da un rimbalzo tecnico dopo la flessione primaverile. Anche Wall Street, dopo lo scossone legato all'instabilità politica americana e ai timori su nuove misure protezionistiche, ha recuperato terreno, riportando S&P 500 e Nasdaq su nuovi livelli record. In parallelo si è verificato un movimento valutario che ha ribaltato completamente il quadro per chi investe dall'Europa. Il deprezzamento del dollaro ha trasformato guadagni apparenti in perdite reali se calcolate in euro.
Nel frattempo, l'analisi dei portafogli Ucits condotta da Tosetti Value, uno dei più autorevoli multi-family office europei, ha mostrato che le 30 principali società di gestione continentali hanno registrato una performance negativa dell'1% nel primo semestre. Un dato che non rispecchia l'andamento positivo dei mercati. La frattura tra l'apparenza e la sostanza diventa qui visibile: il rendimento lordo degli asset non può essere considerato isolatamente, ma va calcolato alla luce di altri fattori, primo tra tutti il rischio di cambio.
Occorre analizzare il forte apprezzamento dell'euro rispetto al dollaro statunitense. Nella prima metà del 2025, il cambio EUR/USD ha segnato un balzo fino a quota 1,20, partendo da circa 1,03 a inizio gennaio. Una variazione valutaria di simile entità ha l'effetto di intaccare pesantemente i risultati ottenuti in dollari da chi investe in Europa. Ad esempio, un +5,5% realizzato sul mercato americano si trasforma in un -6% netto una volta tradotto nella valuta dell'investitore.
I fondi di investimento con forte esposizione agli Stati Uniti, in particolare quelli targati BlackRock, JP Morgan o Goldman Sachs, sono stati tra i più colpiti. Queste case di gestione, storicamente orientate verso il mercato Usa, si sono trovate in una posizione vulnerabile. Anche i fondi obbligazionari gestiti da Pimco hanno subito gli effetti dell'indebolimento del dollaro, che ha sottratto valore ai titoli statunitensi detenuti nei portafogli europei. Nonostante l'andamento nominale positivo dei titoli Usa, l'effetto netto per gli investitori in euro è stato negativo.
Alcuni gestori hanno cercato di difendersi da questa dinamica tramite l'utilizzo di strumenti di copertura valutaria. In particolare, molte società italiane hanno preferito adottare una tattica prudente, riducendo l'esposizione diretta al dollaro o proteggendosi attraverso hedge strategici. Va detto che la copertura del rischio di cambio implica un costo, e non tutte le società la implementano con la stessa efficacia o costanza.
A differenza dei giganti internazionali, i gestori italiani hanno chiuso il semestre con un rendimento medio lievemente positivo, pari a circa +0,4%. Questo risultato è frutto di una serie di scelte strategiche con lo scenario europeo: minore esposizione al dollaro, maggiore attenzione al contesto locale e un mix bilanciato tra azionario e reddito fisso.
La tendenza delle gestioni italiane a privilegiare asset meno rischiosi è stato un punto di forza in un semestre dominato da incertezze geopolitiche e volatilità valutaria. Sebbene in passato questa propensione abbia comportato una certa sottoperformance rispetto ai mercati globali, oggi appare chiaro come la cautela tattica abbia funzionato da salvagente. Anche in assenza di grandi rendimenti azionari, la capacità di evitare perdite rilevanti è un merito non trascurabile.
Secondo Tosetti Value, il modello europeo di risparmio gestito si fonda su una consolidata tradizione di gestione attiva, capace di reagire con prontezza agli shock esogeni. In questo primo semestre del 2025, le società che hanno mostrato maggiore adattabilità sono riuscite a contenere i danni e, in alcuni casi, a produrre risultati positivi nonostante le avverse condizioni macro-finanziarie. Una gestione attenta e flessibile può rivelarsi decisiva, specialmente in fasi di incertezza sistemica.
L'anno in corso ha confermato tutte le premesse di instabilità macro già emerse nel 2024: il ritorno dell'incertezza in Medio Oriente, le elezioni presidenziali americane con nuove tensioni commerciali, e una transizione energetica ancora disomogenea tra i vari blocchi economici. Anche le politiche monetarie delle banche centrali non hanno seguito un percorso lineare: la BCE ha avviato un lento processo di allentamento, mentre la Fed ha mantenuto un'impostazione restrittiva più a lungo.
L'euro forte ha generato effetti negativi sui comparti orientati all'export extra-UE. Nel complesso, il mercato azionario continentale ha beneficiato del ritorno dell'interesse da parte degli investitori istituzionali, attratti dalla solidità del settore bancario e dal consolidamento di nuove leadership nei segmenti ESG.