La nuova centralità dell'affitto ha messo a dura prova un mercato della locazione che non si è ancora completamente adattato al cambio di paradigma.
In un'Italia che cambia volto sotto il peso di trasformazioni economiche, inflazione persistente e salari stagnanti, la casa di proprietà sta smettendo di essere un simbolo universale di stabilità e benessere. Il prezzo medio di un immobile, secondo i più recenti report di Istat e Idealista, ha continuato la sua ascesa, spinto dalla scarsità di offerta nelle grandi città e dalla ripresa degli investimenti immobiliari. In particolare, centri urbani come Milano, Roma, Bologna e Firenze registrano aumenti del valore immobiliare superiori al 7% annuo, rendendo l'acquisto sempre meno sostenibile per una fascia crescente della popolazione.
Allo stesso tempo, i tassi di interesse dei mutui hanno subito un'impennata dovuta alle politiche restrittive della BCE: accendere un finanziamento oggi significa spesso accettare rate mensili ben oltre i mille euro, anche per appartamenti di medio taglio. A ciò si aggiunge una stretta creditizia che penalizza i giovani, i lavoratori autonomi e chi ha contratti atipici, costringendo molti potenziali acquirenti a rinunciare in partenza all'idea di possedere un immobile. L'effetto combinato di questi fattori è evidente: l'affitto torna a essere la scelta obbligata, non solo per chi è in transizione, ma anche per chi ha un reddito fisso, una famiglia e un piano di vita ben definito.
Non meno importante è il peso dell'incertezza economica globale, che spinge molte famiglie a conservare una certa elasticità nelle proprie scelte. L'affitto, in questo contesto, offre un margine di sicurezza: permette di evitare l'esposizione ai rischi finanziari legati alla svalutazione dell'immobile, alla perdita del lavoro o all'aumento dei tassi. A cambiare, però, è anche il valore simbolico della casa: se un tempo possedere significava affermare il proprio status, oggi abitare significa usufruire, vivere, condividere. Si guarda meno alla proprietà e più all'esperienza quotidiana, ai servizi accessibili, alla prossimità con il lavoro e con la rete sociale.
Questa nuova centralità dell'affitto ha messo a dura prova un mercato della locazione che, in Italia, non si è ancora completamente adattato al cambio di paradigma. L'offerta è spesso inferiore alla domanda, soprattutto nelle città universitarie, nei distretti industriali e nelle metropoli a forte attrattività turistica. Ne derivano canoni in continua crescita, con aumenti anche del 15% annuo in alcune zone centrali, e un forte squilibrio tra reddito disponibile e spesa abitativa. A Milano, Roma e Firenze, non è raro trovare monolocali proposti a oltre 1.000 euro mensili, con evidenti difficoltà per studenti, giovani coppie e nuclei monogenitoriali.
Al tempo stesso, la qualità media degli immobili in affitto resta spesso bassa, con appartamenti datati, energeticamente inefficienti e scarsamente manutenuti. L'assenza di incentivi significativi per la riqualificazione del patrimonio abitativo destinato alla locazione aggrava una situazione già tesa. Ciò nonostante, la domanda continua a crescere, anche grazie a nuove tipologie contrattuali più flessibili, come il co-housing, il rent-to-buy e le locazioni brevi convertite in soluzioni semistabili. Sempre più italiani cercano formule che garantiscano libertà, sostenibilità e un maggiore equilibrio tra costo e qualità della vita.